La Lazio gioca tra politici e banchieri
La Lazio gioca tra politici e banchieri Il ginecologo Antinori si candida a rilevare la società: «Conto su gente potente, con le mani in pasta» La Lazio gioca tra politici e banchieri Geronzi, il nuovo «Cesare», tiene in pugno squadra e tifosi calcio e palazzi del potere LROMA AZIO tu non sarai mai sola, promette l'inno, una musica da commozioni di massa stile Forzitalia. Mai sola, ma troppo, forse anche male, accompagnata. Dietro alla mancata (rinviala) cessione di Beppe Signori al Parma, sintomo di un sogno sportivo che va in frantumi, si agitano i personaggi della commedia umana che questa città mette in scena da secoli con variazioni minime ed immutato successo: un finanziere tardo yuppie in affanno, la moglie accaldata di un leader politico, uno scienziato stregone esperto in prodezze fecondatone, le plebi ottuse ma vezzeggiate del tifo. Sullo sfondo, fra giornalisti voltagabbana, fruscii di tonache ed ex potenti in picchiata, si staglia la figura del nuovo Cesare: che non e Previti, peraltro lazialissimo, ma il ragionici' Geronzi, il formidabile capitano della Banca di Roma cui si attribuisce un'aspirazione che è poi il sogno irraggiungibile di tanti banchieri: diventare il Cuccia del Sud. Un Cuccia mediterraneo, con Mercedes, orologi da collezione e ville a Capri e Cortina esibite senza longobardi pudori. E che rilascia dichiarazioni, orrore!, persino sul calcio, per dire come Seneca che «la dissoluzione' in qualunque campo porta al crollo» e ricordare che se Cragnotti abbandona, la Banca di Roma se no andrà con lui. Ma intanto resta. E annusa gli umori della l'olla, da vero leader romanesco. Per reclamare il suo sogno di scudetto, la plebe degli ultra si e spinta fin sotto Palazzo Chigi, l'ufficio dell'amico del cuore di Geronzi: Lamberto Dini. A guidare la rivolta non ò stata la curvarola ad honorem Daniela Fini, quella di suo marito era solo una battuta. Ma «vent'anni fa ci sarei andata», ammette la «firstsora» dei neogollisti, assumendo su di sé il peso dell'iniziativa. D'altronde perché stupirsi, anche la diva tv suor Paola assolve i contestatori, «hanno agito por amore». Più ruspante, la simpatica Daniela «de li Castelli» riassumo la sua ideologia politica con un «Signori nini se tocca» in linea con certe performances del passato: ad un ricevimento ufficiale si avvicinò in vestito lungo a un romanista farfallinato e mettendosi la manina vicino alla bocca gli gridò: «Quest'anno ve damo sci punti, ma non de di¬ stacco, de sutura!». Il marito, Sorbetto Fini, divenne più bianco della camicia dello smoking. Allo stadio Olimpico, Daniela siede proprio dietro la nuca di Geronzi, vicino al sindaco Rutel¬ li. Cragnotti è più lontano, alla sinistra di quel Dino Zoff-presidente che ò stata un'idea di Geronzi, naturalmente. E anche se la cessione di Signori non è nata nel suo cervello, sicuramente è passata dal suo tavolo - una scrivania di radica in via Tupini all'Eur - la decisione di venderlo al Parma di Calisto Tanzi per «venticinque milioni di yogurth», comi' gridavano i teppisti nei giorni della rivolta, mentre sfondavano i bicchierini Parmalat da millclire nei supermercati. Tanzi e Cragnotti: entrambi usciti dall'orbita di De Mita (il cui figlio Giuseppe ha lavorato alla Lazio) per planare in quella dei latticini e del grande banchiere che li ha associati nella infelice cordata dell'Informazione, in cambio di doppia conversione del suo direttore Mario Pendinelli: da moderato ex dicci a ultra di Forzitalia; ma soprattutto tla romanista a laziale: visto in tribuna d'onore mentre faceva la «ola» dopo un gol di Signori insieme a Cragnotti. Tanzi ha incassato con apparente aplomb il voltafaccia su Signori perché ha fiducia in Geronzi. Sgonfiata la rabbia popolare, emergerà la dura realtà: nessuno può comperare la Lazio senza il beneplacito della Banca di Roma, perché nessuno ha cento miliardi di liquido da investire nell'operazione. Certo non li possiede il professor Severino Antinori, inesausto e geniale fecondatore di vecchiette, che in questa storia porta una prevedibile pennellata di colore romanesco: «Ho con me gente polente, con le mani in pasta». Geronzi ha sorriso. Ne ha visti tanti affondare senza uno strillo. Passerà. Cragnotti resterà la faccia della Lazio e Signori andrà da Tanzi, a meno che qualcuno - e chi so non Geronzi? - non spieghi al padrone del Parma che per chi ha già uno Zola conviene di più comperare il gigante Boksic, l'altro fuoriclasse della Lazio in vendita. Geronzi aspetta. Non si espone. Persino fra Roma e Lazio Geronzi non ha mai fatto differenza, anche perché lui, personalmente, è juventino. Issò Ciarra pico alla presidenza dei giallorossi; e dopo il fallimento del Ciarra fu sempre lui ad estrarre dal cappello della banca il nome dell'attuale presidente romanista: Sensi. In tribuna stringe la mano a Fini e D'Alema ma poi si apparta nella sala-vip con Lamberto Dini. Nell'intervallo di Lazio-Fiorentina, i due furono sorpresi dietro una porticina riservata, in compagnia del presidènte del Coni, Pescante: stavano parlando della possibile candidatura di Roma per le prime Olimpiadi del secondo millennio, sponsorizzate indovinate da chi? Da Geronzi, l'uomo che ha offerto 40 miliardi per realizzare il sogno di tutti i Cesari: restaurare il Colosseo. Massimo Gramellini Daniela Fini: «Vent'anni fa anch'io mi sarei messa a manifestare in piazza» Dietro la presidenza Cragnotti la regia della Banca di Roma: nulla si può muovere senza il beneplacitc dell'Istituto Tanzi ha incassato con apparente aplomb il voltafaccia di Signori: spera che il finanziere gli faccia cambiare idea A sinistra Daniela Fini Sotto. Cesare Geronzi presidente della Banca di "orna Suor Paola, beniamina della curva laziale, ospite fissa della trasmissione di Rai3 «Quelli della domenica»
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