MEDITERRANEO

MEDITERRÀNEO MEDITERRÀNEO Facciamone un parco blu dare autorizzate l'anno scorso dall'allora ministro Poli Bortone, lunghe nove chilometri, alle cui maglie non sfugge praticamente nulla, delfini compresi: 8 mila ogni anno. L'Unione europea ha imposto alle spadare un limite di due chilometri e mezzo, ma l'attuale ministro delle Risorse agricole Walter Lucchetti ha deciso di rinviare il piano per riconvertire i micidiali attrezzi. Ci sono altre reti, come il tipo «Gloria», che hanno una «boccia» da 18 mila e 700 metri quadri: potrebbero pescare 12 jumbo contemporaneamente. Milioni di tonnellate di pesce, intanto, vengono ributtate in mare, perché non soddisfano esteticamente il mercato. Di fronte a simili tecniche e attrezzature, non stupisce y,terrib)Je..£npnito della Fap: «Il completo sfruttamento ed esaurimento delle rimanenti risorse mondiali può essere raggiunto praticamente subito». Insomma, si pesca troppo e associazioni ambientaliste come Greenpeace chiedono a gran voce un «trattato globale della pesca». Le nazioni si devono mettere attorno a un tavolo e, piaccia o no, decidere di ridurre le flotte. A Barcellona, pochi giorni fa, i 19 Paesi rivieraschi riuniti per discutere un «protocollo» per la difesa del Mediterraneo hanno finalmente capito che l'inquinamento maggiore arriva dalle coste, dai rifiuti tossici riversati da industrie e 400 milioni di abitanti. Speriamo che l'impegno di ridurre «quanto più possibile» l'inquinamento si traduca presto in azioni concrete, ad esempio istituire decine di aree protette. Il ministro dell'Ambiente e dei Lavori pubblici Baratta ha intanto promesso per l'Italia 19 «oasi blu»: 7 riserve sono già deliberate (Miramare, DUE guerre del merluzzo, una disfida del tonno, una dell'ipoglosso e una terza del gambero. Infine, un assalto delle vongole: i mari sono sempre più un campo di battaglia, la «guerra all'ultimo pesce» è iniziata. Sono in corso almeno una ventina di conflitti, e non solo su oceani lontani: a Venezia, ad esempio, la capitaneria di porto è stata recentemente assaltata dai pescatori di vongole, infuriati per il sequestro di un peschereccio che razziava i fondali della Laguna con i «turbosoffianti», apparecchiature vietate perché dannose e inquinanti. A fine maggio, l'Inghilterra si preparava a scortare con una nave da guerra e un aereo da ricognizione i pescherecci nel golfo di Biscaglia, vista l'accesa competizione con Francia, Spagna e Irlanda per accaparrarsi gli ultimi tonni in circolazione. I pescatori marocchini; invece, protestavano contro il «barbaro» comportamento della «lobby del pesce» spagnola, colpevole di danneggiare le partite di gamberi in arrivo ad Algeciras, nodo cruciale per l'esportazione marocchina in Europa. Il Canada, intanto, pagherà per 5 anni i contributi a 40 mila pescatori disoccupati, perché la pesca al merluzzo è stata bloccata: bisognerà aspettare almeno 10 anni prima che il mare si ripopoli. Per intanto, viene difeso strenuamente: i pescherecci spagnoli sono stati accolti a colpi di mitra e con una multa di 500 mila dollari. Negli abissi le risorse ittiche rischiano il collasso. La cause, naturalmente, stanno in superficie. Molti pescherecci, collegandosi ai satelliti meteorologici, mappano le correnti seguite dai branchi, poi li scovano con i sonar e calano le reti a colpo sicuro. Ci sono reti, come le spa- GIORGIO Salvini, successore di Edoardo Arnaldi alla cattedra di fisica dell'Università di Roma, è prima di tutto uno scienziato. Classe 1920, per anni ha fatto ricerca negli Stati Uniti, ha partecipato ad alcune scoperte fondamentali in fisica delle particelle, è stato presidente dell'Accademia dei Lincei. Incidentalmente, chiamato da Dini in un governo di tecnici, è anche ministro dell'Università e della ricerca. Per ironia della sorte, proprio a lui tocca governare in un momento di tagli economici alla scienza e di crisi dell'Agenzia spaziale italiana, nata per essere palestra di tecnologie avanzate del nostro Paese e subito paralizzata da contrasti interni. Che ne sarà dell'Italia nello spazio? Ecco come il ministro Salvini ha risposto alle nostre domande. L'Italia spende in attività spaziali 800 miliardi l'anno, cioè lo 0,05 per cento del prodotto nazionale lordo. Le pare una cifra adeguata? «In linea di massima, si. L'importante, comunque, non è quanto si spende, ma come. Le attuali difficoltà finanziarie del settore sono da attribuire al fatto che, stabilito anni fa un programma e valutati i suoi costi, non si è provveduto, di anno in anno, con le varie leggi finanziarie, a introdurre i corret- Ustica, Tremiti, Ciclopi, Egadi, Torre Guaceto, Capo Rizzino); 12 sono in cantiere: Porto Cesareo, penisola Simis, Portofino, Punta Campanella, Tavolara, Cinque Terre, isole Pontine, golfo di Orosei, Capo Caccia, Secche della Meloria, Eolie, isole Telage. Che il Mare Nostrum corra gravissimi rischi ambientali lo conferma anche il recentissimo «Rapporto sullo stato dell'ambiente nel bacino del Mediterraneo» dell'Ecomed, agenzia per lo sviluppo sostenibile del Mediterraneo. Si tratta, spiegano i curatori Giulio Conte e Gianni Squitieri (già responsabile di Greenpeace Italia), di un mare piccolo e con un ricambio lento, sul quale gravano una popolazione in continua crescita e un quinto del traffico petrolifero mondiale. Il Mediterraneo ha anche gravissimi problemi d'acqua e un turismo minaccioso, in continua crescita: gli ecosistemi terrestri sono fra le aree più «disturbate» del mondo. La popolazione urbana, che rappresenta il 66% del totale del bacino, raggiungerà nel 2025 oltre l'80 per cento. I limiti del Mare Nostrum sono illustrati con la consueta precisione da Piero e Alberto Angela, in un volume appena pubblicato da Mondadori, intitolato «Dentro il Mediterraneo». Presentando, con bellissime immagini di Alberto Luca Recchi, le straordinarie forme di vita che nuotano, ondeggiano e strisciano tra Europa e Africa, gli Angela spiegano i meccanismi che rendono così fragile il Mediterraneo: è un piccolo mare (con una profondità media di 1500 metri, ma contiene solo l'uno per cento dell'acqua del pianeta), sempre «in deficit» idrografico. Ogni anno evaporano 4 mila chilometri cubi di ac¬ qua, di cui solo un decimo viene (a malapena) rimpiazzato da enormi fiumi come il Nilo, il Po, il Rodano. I restanti 9/10 dell'acqua vengono forniti dall'Oceano Atlantico, attraverso lo Stretto di Gibilterra: senza tali apporti, il Mediterraneo avrebbe da tempo fatto la fine del del Mare d'Arai, che si sta prosciugando. Le colonne d'Ercole, dunque, sono la chiave dell'ecosistema: una piccola apertura, ampia appena 14 chilometri e profonda poche centinaia di metri, sola entrata e sola uscita. Suez, da questo punto di vista, è trascurabile. Lo scambio di acqua nuova dall'Atlantico e di acqua vecchia (più calda), dal Mediterraneo, è perfettamente regolato: il flusso in entrata scorre in superficie, quello in uscita a 150 metri di profondità. I Fenici avevano scoperto il doppio sistema di correnti e lo sfruttavano per oltrepassare le Colonne d'Ercole: lo stretto di Gibilterra non è mai stato un passaggio facile perché bisogna navigare controcorrente e controvento. I fenici, sembra, usavano una vela subacquea calata sul fondo: una volta raggiunta la corrente INTERVISTA