Pene severe ma anche vergognose assoluzioni di Sabatino Moscati

Storie di corruzione nell'antica Roma Storie di corruzione nell'antica Roma Pene severe, ma anche vergognose assoluzioni OMA, anno 149 a.C. Viene approvata una legge che istituisce il primo tribunale permanente per giudicare i reati di concussione commessi dai magistrati preposti al governo delle province. Un decreto lungimirante in favore dei sudditi? Sì, in apparenza. Ma la realtà è ben diversa: i giudici erano tutti senatori, sicché la classe dirigente avocava di fatto a sé il diritto di giudicare i propri membri. Il popolo, in sostanza, ne veniva escluso; e del pari esclusi ne erano i danneggiati, coloro che avevano subito le angherie. Potrebbe sembrare una valutazione pessimistica, ma non lo è, anche perché la legge negava il carattere penale della concussione: l'unica sanzione prevista era, infatti, il risarcimento delle somme estorte. Come a dire: se rubate vi esponete, al massimo, a restituire il mal tolto, sempreché il furto sia dimostrato in sé e nella sua entità; il che non era affatto certo. Piuttosto, come osserva Emanuele Narducci nel suo affascinante libretto Processi ai politici nella Roma antica (Laterza), l'aristocrazia (e cioè il potere politico) si muniva di un forte strumento di pressione, essendo chiaro il messaggio per chi governava le province, tradizionale fonte di redditi leciti e illeciti: allo scadere del mandato, potrete essere chiamati a rendere conto della vostra gestione. In realtà, il provvedimento del 149 a.C. ebbe come risultato una serie di scandalose assoluzioni. Sicché Gaio Gracco, il grande sfortunato riformatore, fece approvare nel 123 a.C. una nuova legge, che aggravava il rigore dei giudizi per concussione e soprattutto affermava il carattere penale del reato. Le vittime potevano promuovere personalmente l'accusa ed erano libere di scegliere se avvalersi o meno di patrocinatori romani. La giuria era composta esclusivamente da cavalieri, sicché i senatori ne perdevano il controllo e anzi diventavano essi stessi controllati. La questione andò avanti con alterne vicende: i senatori riconquistarono e persero più volte il controllo dei tribunali. Finalmente Siila, nell'81 a.C, restituì al Senato il monopolio delle giurie, ma al contempo immise nel Senato stesso un numero consistente di cavalieri: era un compromesso destinato, con qualche variazione, a durare. Quanto alle pene, il caso delle orazioni di Cicerone contro Verre insegna: la condanna, decretata o attesa come inevitabile, comportava l'esclusione da qualsiasi diritto, né v'era possibilità di appello; si tollerava solo che ve¬ MarcHlocI, Ne "La strana disfalla", scrilla nel 1940, ora edito da Einaudi, analizzò tè cause della sconfitta francese ih Ironie all'invasione: della (ierinania nazista UELLO di Marc Bloch, M La strana disfatta. Temi mk stimoliamo del 1940, Su I autore d'eccezione. f 1 ! 0 ^n P1"™0 'u060' è un H Bf documento di storia V V contemporanea (e qua- V W le storia!) scritto da uno dei maggiori mem I dievisti del secolo. In secondo luogo, è un testo polente che scuote per l'unione così rara di due qualità: l'estrema forza intellettuale e l'estrema forza morale. Vale richiamare, anche se certo non per tutti, le linee essenzialissime della vita di Bloch. Nato da famiglia ebraica a Lione nel 1886, divenne uno storico medievista. Fece la prima guerra mondiale, uscendone capitano con quattro citazioni e la croce di guerra. Professore a Strasburgo e alla Sorbona, scrisse opere che hanno segnato la storia della storiografia, come / re taumaturgi (1924), I caratteri nisse presa la via dell'esilio. Quali e quante analogie si possano stabilire tra le vicende antiche fin qui evocate e quelle contemporanee, è facile rilevare. Vi sono, s'intende, anche differenze profonde: ma i reati di corruzione e di concussione, oggi tanto in evidenza, erano fin da oltre duemila anni fa bene individuati; e la loro diffusione nella classe politica era certo non minore, anzi maggiore, perché essi conseguivano all'autofinanziamento di una carriera che costava certo non meno di oggi, anzi più. Se oggi, infatti, si affiggono manifesti elettorali e si fanno comizi, allora si usava ingraziarsi l'elettorato mediante elargizioni in denaro e fastosi spettacoli. Poste, tuttavia, le affinità di fondo, grandi risultano le differenze formali e sostanziali. Anzitutto, i tribunali e i giudizi erano all'aperto; la stessa parola «tribunale» deriva dalla «tribuna», una struttura in legno montata nella grande area sgombra da edifici che occupava la zona centrale del Foro. Di tali installazioni v'era una grande quantità; e ognuna poteva servire per un processo. Lo scenario era ben articolato. Sul palco prendeva posto in alto il presidente (in genere un pretore) con il suo seguito, mentre un podio più in basso accoglieva i giudici. Dalla parte opposta, in varie file a semicerchio, erano gl'imputati, i rappresentanti delle parti e i testimoni. Al centro, tra il podio dei giudici e le file a semicerchio, restava lo spazio libero per l'avvocato. Tutto ciò offriva la possibilità di un «processo-spettacolo», nel originali della storia rurali: francese (1931), La società feudale (1939-40). Nei 1929 si unì a Lucien Febvre nell'impresa di fondare e dirigere le (Annales d'histoire économique et sociale», destinate a segnare una svolta nella cultura storica mondiale. Padre di sei figli, potendo esserne dispensato, volle essere richiamato nell'agosto del 1939 e prese parte alla guerra contro la Germania. L'esperienza della sconfitta francese gli ispirò tra il luglio e il settembre del 1940 il libro La strana disfatta, il cui manoscritto fu ritrovato fortunosa¬ mente dopo che nel corso di una perquisizione i tedeschi lo avevano buttato come trascurabile. Entrato nella Resistenza, catturato, torturato selvaggiamente dalla Gestapo, il 16 giugno '44, prima di essere fucilato al grido «Viva la Francia», mentre veniva condotto alla morte dedicò le sue ultime parole a dar forza ad un ragazzo diciassettenne: «Ci fucileranno, non farà male... Sarà questione di un attimo». Postumi uscirono nel 1946 La strana disfatta, il testamento storico-politico, e nel 1949 Apologia quale l'oratoria aveva assai più spazio che da noi (anche se recentemente ha ripreso importanza). Principe degli avvocati: Cicerone: E non a caso; nelle vicende giudiziarie che dominano le cronache recenti, le orazioni contro Verre sono tornate alla ribalta per la stringente analogia con talune situazioni dei nostri giorni. La descrizione di un certo dirigente corrotto, aggrappato al potere e ai privilegi, incapace di rinnovarsi e di far fronte alle trasformazioni in atto nel tessuto politico e sociale è stata non solo evidenziata, ma anche utilizzata per scambiare messaggi «in codice». Resta da chiedersi se l'analogia si estenda a ritroso nel tempo, o se si limiti a un fenomeno recente, almeno nelle dimensioni che ha assunto a partire dagli Anni Settanta, e specialmente dagli Anni Ottanta del nostro secolo. Lasciamo la risposta a Emanuele Narducci: «Le dimensioni del fenomeno non trovano paragone adeguato né nella situazione italiana dei passati decenni, né in quella odierna delle altre nazioni industriali... L'unicità dei caso italiano è data dal carattere sistematico e pervasivo della corruzione, dal suo identificarsi con lo stesso modo di funzionare delle istituzioni. La causa sta nel particolare intreccio di interessi economici e direzione politica realizzatosi in quel periodo». Sabatino Moscati Emanuele Narducci Processi ai politici nella Roma antica Interza, pp. 106, L. 9000

Persone citate: Bloch, Cicerone, Einaudi, Emanuele Narducci, Lucien Febvre, Marc Bloch, Verre

Luoghi citati: Francia, Germania, Interza, Lione, Roma, Strasburgo