La normanna che incantò Colette di Gabriella Bosco

Le lettere a Annie, cronista di guerra La normanna che incantò Colette Le lettere a Annie, cronista di guerra c PARIGI COLETTE amava come scriveva: tantissimo. Più le donne die gli uomini. Era soprattutto a loro, alle tante successive amiche, che inviava irrefrenabilmente missive su missive. E ne continuano a venir fuori, a tanti anni dalla sua scomparsa, da bauli e soffitte, archivi e magazzini. Lettere che la Flammarion sta pubblicando lotto per lotto, suddivise in base alle destinatarie, in sovrappiù alla già cospicua messe inclusa nei volumi della Plèiade. Tocca questa volta a un'amica dell'età matura, «bellezza languida e irresistibile, dall'incarnato luminoso di normanna, occhi scuri come il caramello a pagliuzze dorate come l'avventurina, mani perfette». Annie de Pène, un po' scrittrice anche lei, ma soprattutto, una volta separata dal marito come la maggior parte delle favorite di Colette, giornalista d'assalto. Fu lei il vero nome era Désirée Poutrel de Pène in onore dell'omonimo Henri, celebre giornalista del secolo scorso che aveva sedotto varie generazioni di lettrici - fu lei che si fece reporter durante la prima guerra mondiale e inviò articoli non banali dal fronte, poi riuniti in raccolta, Une femme dans la trunchée. Lettres (il volume ora edito a cura di Francine Dugastl contiene il corpus della corrispondenza a Annie de Pène, e insieme quello minore alla figlia di lei, Germanie Beaumont, altro personaggio di spicco nell'ambiente mondano-culturale parigino dagli Anni Venti in poi, nota soprattutto per la traduzione in francese che fonti nel '58 del Diario di Virginia Woolf e per una trasmissione radiofonica di grande successo che tenne dal '58 al '75 dedicata ai Maestri del mistero. Un carattere tutt'altro che facile, soprannominata Zizzania, ma legata a Colette da un'ammirazione senza limiti, monomaniacale. Colette non potè non corrispondere. La sua vera passione, però, paragonabile a quelle per Marguerite Moreno, Polaire o Musidora, era stata la madre. Una liaison evocata nel Fanal bleu, amicizia speciale che infiammò una Colette ormai quarantenne, Amie de Pène fu il suo «prezioso rifugio» all'inizio della grande guerra. La frequentazione intensa e intima tra le due donne duro una breve stagione, e in pratica due soli mesi, dall'ottobre al dicembre del 1914. Colette era all'epoca sposata con Henri de Jouvenel: il nobiluomo politico, ambasciatore e ministro con la passione per gli harem, che brillò per assenza nella sua vita coniugale. Allo scoppio della guerra, Colette rimase sola a Parigi e dal- l'ottobre organizzò con il gruppo delle sue amiche il «falansterio» femminile di cui racconta nel Fano/ bleu. Fu quella l'occasione per la conoscenza con Amie. «Non rimpiango che ci siamo accoppiate così tardi», scrisse nel cuore della liaison, con malizia. Colette amava giocare sull'ambiguità delle sue relazioni, ed era sommamente appagata quando l'amica prescelta sapeva sture al gioco senza bisogno di chiederglielo. Proprio su questo punto fiorisce l'intesa con Annie, alla quale Colette scriverà sempre come alla amata «Annie d'enfance» (gioco di parole su «amie», amica, «d'infanzia»). E questo a prescindere dall'età di entrambe, donne fatte quando si conobbero, accomunate però da origini provinciali, fanciullezza trascorsa in campagna, e prime esperienze sentimentali con uomini poco attenti. L'intesa e immediata, il gioco dei sottintesi e dei non detti, furono all'origine il di- vertimento primario «Mi ovete capito da subito, e non avete bisogno ilicii che vi si spieghi nulla» le scrisse Colette compiaciuta. Ma subito venne il tempo della separazione Colette dapprima raggiunse il marito a Verdun, poi con lui si trasferì a Roma dove trascorse buona parte degli anni di guerra Le lettere a Annie, rimasta a Parigi e poi sempre in viaggio per le corrispondenze dal fronte, hanno ogni colore. Scure e cupe di dolore per la lontananza, si fanno rosa e leggiadre quando Colette è in vena di distrazioni, gastrononneo-senti mentali. E sfumate di iridescenze delicate negli inviti a venire a trovarla, a ricongiungersi. Salvo poi tornare al nero, se l'amica non arriva. All'inizio, a Verdun, Colette è insofferente. «Non posso capire perché non siete voi che correte su per le scale e mi chiamate per tutta la casa. Ho un bisogno estremo che siate voi e non un'altra», scrive all'amica. Ma anche: «Mia piccola Annie, non temo che m'infliggiate disillusioni, e non vi riserbo nessuna cattiva sorpresa». Stare lontane è duro, a Capodanno di più: «Piove, nevica, tira vento, tirano i cannoni, e la luna Inneggia, se posso dire così. Non ho più calze. Vorrei... so bone quel che vorrei. Vorrei venire a Parigi, passarvi tre giorni e tornarmene qui con voi». Il tema della gelosia ricorre in tutte le forme. «Sono gelosa delle vostre occupazioni quotidiane, persino di quelle che vi annoiano». Poi, viceversa: «Sidi (è il soprannome del marito) comincia a essere geloso di voi, e credo bene che abbia ragione». Ma anche, classicamente, Colette cerca di far si che l'amica a sua volta s'ingelosisca: «Ora me ne vado a prendere il tè con la donna più giovane, più seducente, più bella a guardarsi che :i sia qui». Nient'altro che una schermaglia amorosa, la lettera dopo un punto a capo prosegue: «Donna Cinna, che ha 85 anni e suona il piano come corre un daino». Colette invoca: «Giorni, notti, albe e sere, Annie, per raccontarvi, ed ascoltarvi! La nostra vita non potrà bastare». E' ormai a Roma, scrive dal Palace Hotel. E' il 1917, la vita cinematografica della città interessa a Colette che ritiene di poterne trarre personale vantaggio: «Che posto, gran Dio, occupa il cinema qui in Italia! Bisogna assolutamente che negozi un film, se non lo faccio sono davvero un'oca». Sara La vagabonda, film per interpretare il quale Colette chiamerà a Roma Musidora e che occasionerà l'incontro con Francesca Bertini, «vedette delle vedettes». Da Castel-Novel, rifugio campestre nel Corréze proprietà dei Jouvenel, di nuovo Colette chiama: «Annie, è un posto fatto per noi. Non c'e nessuno - mille bestie - nutrimento tanto semplice quanto aliacoo, bel paesaggio, silenzio. . Amie, mi mancate troppo Questa casa senza uomini è fatta per voi». Il tempo passa, Annie non può venire. E la guerra finisce, ma Amie muore di spagnola. Colette è preda «di tristezza infinita». Scriverà: «Ragionevolmente ricorro, per consolarmi, alla presenza della nostra Germaine». Mia piccola Ger inaine, la figlia di Amie. Saia un fuoco di paglia Arriva per Colette il tempo di un nuovo marito. Maurice Goudeket. «Marsiglia è degna degli dèi, io mi ci distendo e aspetto Maurice... Sai tutto» scrive alla sostituta. Troppo malinconica, non faceva per lei. Gabriella Bosco Per due mesi la giornalista fu «prezioso rifugio»