Michelangeli spalancava radure fra le note di Galuppi di Alessandro Baricco

Michelangeli spalancava radure fra le note di Galuppi B A R N U M LO SPETTACOLO DELLA SETTIMANA Michelangeli spalancava radure fra le note di Galuppi ■ OSI' se n'e andato, Benedotli Michelangeli, a modo suo, senza avvertire. Per (pianto ne capisco io c'è una probabilità su un miliardo: ma se finisce nello stosso posto in cui sverna da decenni Debussy, sai che incontro. L'eternità non sarà lunga abbastanza, per quei duo: hanno tutto un mondo di sonorità da raccontarsi, roba loro, gli altri non ne hanno mai capito niente, è un mondo che è esistito solo nello loro orecchie. Se lo spiegheranno uno all'altro, solo guardandosi negli occhi, c'è da .scommetterci, neanche di un pianoforte avranno bisogno. Uno sguardo e via. Cosi mi sono messo a leggere gli articoli su di lui. Quelli del giorno dopo. Perché io trovo bellissimi, sempre, gli articoli in morte dei personaggi famosi, i coccodrilli, come si dice, sono sempre pieni di una nobiltà e di una tristezza composta, e di una poesia misurata, e di una pietà...: fagli morire qualcuno che conta e darà il meglio di sé, l'umanità. Sul serio, non è polomica, lo dico veramente: siamo bellissimi (piando ci muore qualche mito: ci viene naturale una positura, un certo contegno, una precisa ombra nei lineamenti del volto... troviamo d'improvviso un'eleganza... e dei sentimenti... Si direbbe che ci bau fatto per quello: seppellire i grandi. Cosi ero li che leggevo, e non è che io sia proprio un fanatico di Benedetti Michelangeli, questo non potrei dirlo, però a forza di leggere mi montava quel tanto di irresistibile nostalgia fino a un minuto prima obiettivamente inesistente - quel po' di magone che è bastato per farmi trovare» in piedi a cercare tra i dischi quel disco, senza trovarlo, naturalmente, ma con la precisa sensazione che se non l'avessi trovalo sarei uscito e sarei andato a comprarlo, perché se non lo sentivo sarei ammattito. Il disco in cui lui suonava Galuppi, Galuppi di nome faceva Baldassarre, ed era un compositori! veneziano, uno di quelli che non si ricordano quasi più. Nato e morto nel Settecento. Scrisse un sacco di roba, e tra l'altro un sacco di Sonate per strumento a tastiera, e tra le tante una, in do maggiore: ed era quella che lui suonava Probabilmente, se non l'avesse suonata lui, sarebbe già sparita nel nulla da tempo. Ma, sa dio perché, lui l'aveva pescaia nel mazzo, e la suonava. E cosi nessuno la dimenticherà più. Inizia che e un Paradiso: que¬ sto me lo ricordo per certo. L'inizio ti lascia secco. A leggerla è musica di una semplicità pazzesca, non c'è proprio niente, la sinistra a fare un banalissimo basso albertino e la destra a inanellare le note una dopo l'altra, senza raddoppi, solo qualche timido abbellimento qua e là, il tutto in tempo Andante (il tempo del Paradiso, in effetti). A leggerla, non le daresti due soldi. Ma bisogna sentire come la suonava lui. Lui la spalancava. La suonava anche più lenta del dovuto, e quel Che faceva era lasciar passare ìa lu ce. E' incredibile quel che riosci a ottenere se solo sei capace di lasciar passare la luce. Lui lo faceva con un pianoforte, spalancando le note, una ad una, come oblò di goletta in mare aperto. Ed è anche assurdo, se ci si pensa bene, perché il buon Galuppi un pianoforte, vero e proprio, non l'aveva neanche mai visto, eppure con il suo Steinway Benedetti Michelangeli prese quella minuzia artigianale e ne spalancò ogni nota, non so come, forse trafficava col pedale, forse era tocco e basta, certo quel suono li io non l'ho mai sentito altrove, sta di fatto che alla fine non è più una minuzia artigianale, è una radura, una radura, come una radura ritagliata nel bel mezzo della foresta del mondo. Una salvezza. Ha pollino qualcosa di magico, ho imito por credere, perché sono anni che l'ascolto e cerco la parola giusta per nominare la sfumatura di sentimento che quella musica racconta, e non ci sono mai riuscito, sfido chiunque a riuscirci, posso sbagliarmi ma secondo me quella parola non c'è: non capisci nemmeno bene se sta più dalla parte della gioia o del dolore, è una cosa strana, una cosa che conosci ma non sai dire, c'entra la nostalgia ma non è nostalgia, c'entra lo stupore ma non e stupore, l'unica cosa che sai è che ti incanta, questo si, ma un nome per quel sentimento li non ce l'hai. E questo è geniale davvero: suonare una cosa per cui non abbiamo ancora inventato un nome. Ne ha fatte tante, Benedetti Michelangeli, ma io me lo ricorderò per quella acrobazia li: nell'assoluta semplicità di poche note elementari dire un nome che non c'è. Alessandro Baricco Con lo Steinway una magia senza nome :\«fe.lpì;::|%;- Per lui e Debussy l'eternità non sarà lunga abbastanza