OCCIDENTE drogato dalia pace

Dal Golfo alla Cecenia, le democrazie evitano il coinvolgimento nelle guerre per concentrarsi sul benessere Dal Golfo alla Cecenia, le democrazie evitano il coinvolgimento nelle guerre per concentrarsi sul benessere OCCIDENTE drogato dalia pace D 11 por so non è una novità, elio le democrazie tatichino ;i cominciare le guerre e anche a finirle. . Che fatichino ad appassionarsi por le glorio militari, e dimostrino la propria forza solo una volta che ò stata prosa la decisione della battaglia. Lo avova già profetizzato Tocqueville, noi socolo scorso: mentre l'aristocrazia ha molto passioni accanto a quelle del benessere e delle delizio, la democrazia negoziante e egualitaria non conosco che queste ultime, che la sommergono e ne piegano l'anima. 1 stioi modi stessi di vivere, «l'atmosfera pacifica e tiepida dei suoi costumi», le fanno perdere il gusto dello armi, e «danno istinti di vegliardo perfino ai cittadini nel fiore dell'olii». Di qui la sua speciale vulnerabilità, a ridosso di lunghi periodi di riposo e di paco. Lo sue vere capacità si rivolano in una seconda fast;, in pieno combattimento, e per questo chiunque voglia vincerla deve agire subito: «Deve proporsi di rovinare la democrazia fin dallo primo campagne militari». E' quel che hanno pensato sempre i despoti e gli avversari della democrazia, e anche oggi c'è chi scommette su questa vulnerabilità, su questa mollezza e tepidezza inizialo delle abitudini democratiche. Saddam Hussein ha fatto questa scommessa, perdendola solo in parte visto che Washington ha lasciato incompiuta la spedizione nel Golfo, e dopo di lui hanno ragionato similmente i serbi in ex Jugoslavia, i russi di Elisili in Cecenia. L'estetica dell'incompiutezza, che caratterizza le belle arti della modernità occidentale, sembra aver contagiato anelli! le sue arti politiche e militari, con effetti in t[ii osto caso devastanti: cosa che Tocqueville aveva presentito, ma che oltrepassa le sue previsioni. Oggi gli occidentali faticano non solo a cominciare e finire le guerre ma anche a vederle, a pensarle, a nominarle tali. Oggi l'Occidente si è dotato di scudi potentissimi, delle armi tra li; più micidiali della Terra, e la sua volontà d'impotenza di fronte alle piccole milizie serbe e tanto più impressionante E' impressionante non tanto l'incapacità di faro le guerre, ma la forza che c'o dietro questa incapacita: non l'impotenza politica o psicologica, ma la straordinaria potenza che si esprime tuttavia con vani balbettii, fiochi vocabolari. E più son forti lo armi e gli scudi, più s'intorpidiscono lo membra, si svigoriscono le energie. Onesta è la novità del secolo che sta per finire: questa speciale debolezza di chi ha deciso di corazzarsi fino al limite estremo. Le éliti! occidentali mentono, quando sostengono che non dispongono dei mozzi per fare la politica che ritengono più giusta nei Balcani: la verità è elio non hanno la politica giusta por i mozzi - schiaccianti - di cui si sono dotali per fronteggiare la superpotenza sovietica, in mezzo secolo di guerra fredda. Non possiedono la politica, e non possiedono Un'idea della giustizia cosi forte da poter controbilanciare il sacrificio di vite umane in guerra. Si può morire per un Dio. un'idea, una particolare estasi o libido: non si può farlo se nulla di metafisico è in gioco. Oli americani parlano di guarc a zero morii, disillusi dal Vietnam, e gli occidentali si comportano come se non esistesse niente, fra le due soluzioni estreme: fra la soluzione atomica Icho non è battaglia ma definitivo massacro) e la soluzione del cedimento. E' quel che ha intuito lo storico israeliano Martin van Croveld, in un lucido libro pubblicato nel '91: «Uno spettro si aggira nei corridoi degli stati maggiori e dei ministeri della Difesa del mondo "sviluppato": la paura dell'impotenza e addirittura dell'irrilevanza militare; l'incapacità dell'Occidente tli difendere i propri interessi e financo le viti! dei propri cittadini» (Martin van Croveld, The transformation of war, New York 1991), La strategia iata sbagli Oliando Van Croveld scrisse il suo libro, la guerra iniziala dai sorbi ancora non aveva mosso radici, ma la sua diagnosi è fin da allora precisa: negli anni della guerra fredda, armandosi fino ai denti, gli occidentali si erano fabbricati una sorta di mitica Maginot nucleare, che impediva loro di vedere le minacce bolliche e di reagire a esse. Si orano «proparali con una strategia sbagliata a guerre sbagliate», e per questo non sanno oggi definire i nuovi tipi di conflitti che si combattono non più solo in periferia, ma nel centro d'Europa. Scimmiottando grottescamente Hegel, gli occidentali giudicavano che solo le guerre razionali sono reali, o li! altre venivano espulsi! dal campo visivo. No hanno risentito le parole, i comportamenti: per mesi, le nostre classi politiche si sono rifiutate di parlare di guerra a proposito dell'ex .Iugoslavia, e ancor oggi, se interrogale, affer- mano che il riconoscimento di Slovenia e Croazia ha scatenato la disgregazione e il conflitto jugoslavo. Tutto questo lo dicono senza pudore, come se nel dicembre '91 -gennaio '92 (quando gli europei riconobbero le indipendenze dei nuovi Stati, quando l'americano Baker ancora difendeva la Jugoslavia sovrannazionalol non fossero già avvenuti atti palesi di guerra: l'instaurazione dello stato marziale in Kossovo, l'aggressione contro Slovenia e Croazia, le prime spedizioni antibosniache, il bombardamento di Zagabria, l'assodio di Dubrovnik, la caduta di Vukovar. Tutti questi alti bellici scomparivano dalla visuale, grazie a un mitizzalo Procosso di Pace che non solo giustificava il conflitto ma lo negava, colorava il sangue di un colore meno rosso, rendeva le guerre e le sue sofferenze non più percepibili dai sensi. Anche la parola guerra civile è servita a giustificare la non interferenza occidentale, e a occultare le nuove guerre contro i civili: guerre che aboliscono, sulla scia dei conflitti totali teorizzati da Ludendorff dopo il '14-18, la separazione europea classica fra eserciti, governi, e popolazioni. Alcuni dicono che l'Occidente ha dimenticato il motto classico - se vuoi L'i pace prepara la guerra, si vis pacem para bellum - e che questo spiega la sua irrilevanza militare. Ma l'Occidente si è preparato, senza elio lo armi sofisticate sei-vano ad alcunché. Dietro i preparativi c'è il nulla, ed è la forza di questo nulla che conviene indagare, per capire al tempo stesso i misteri della nostra impotenza, e lo sguardo sprezzante che serbi o russi o integralisti islamici gettano oggi sullo società democratiche, Van Croveld fornisce alcuno spiegazioni utili per penetrare il mistero: se l'Occidente si è preparato a guerre sbagliate, e non vede la pericolosità delle nuovo guerre totalitarie (nel libro sono chiamate low intensiiy wars, guene a intensità inferiore) è porcili! la sua strategia e ancora quella razionalista di Chiuse witz. E' una strategia chi; presuppone resistenza di Stati forti che si combattono 1' un 1 altro, che considerano lo guerre come continuazione della politica, che entrano in battaglia facendo accurate «distinzioni trinitarie» fra armate, governi, e civili da risparmiare. Ma simile strategia non è eterna, e nello guerre attuali è sempre più ignorata, anzi osteggiata, L'orrori! é di credere universale un'esperienza che è geograficamente e anche storicamente circoscritta: Clausewitz ragionava attorno a un'Europa che era ancora folte delle sue nazioni, dei suoi Slati territoriali, dei suoi sovrani, e precisamente queste architetture sono oggi non solo introvabili ai margini d'Europa, ma si sfaldano nell'Occidente stesso. Si spezza il legame classico fra Slato (! territorio da difendere, perche il territorio perde importanza, noi mercato mondiale e sotto la minaccia atomica. Si sbriciola il concetto di sovranità, che e divenuto un termino ([nasi negativo. Né si può dire che le guerre siano ancora la continuazione della politica: la politica diventa la continuazione delle guerre con altri mezzi, e la guerra diventa non un mezzo, ma un fine. Gli occidentali parlano sposso di valori perduti, per cui non ci si batterebbe più. Ma per i valori e gli ideali non ci si batte spontaneamente, né incondizionatamente, Ci si batte se sussiste un rapporto di lealtà e di fiducia verso lo Stalo che sovranamente decide di mettere in gioco la vita della gente verso cui è responsabile, e ci si balte por qualcosa che è più del nudo interesse. Più che i valori, sono queste due condizioni che oggi vengono meno: gli Stati sono incapaci di esigere le lealtà classiche, non essendo più sovrani e sapendo mobilitare solo lo passioni del benessere, e nessuno si batte per il mero interesse - noia Van Crevold - «visto che non c'è alcun interesse a morire». Il circolo non potrebbe essere più vizioso: avendo deciso di spogliarsi dei principali attributi della sovranità, lo Stato non è in grado di risvegliare le necessa¬ rio lealtà, con elioni annichilenti sullo proprie capacita di battersi. Ma non battendosi, mostra di non saper proteggerò lo proprie popolazioni, e la lealtà dei cittadini diminuisce ancora di più. Da questo punto di vista l'Unione europea e un impedimento, così come e stata conio pita. Toglie sovranità politica agli Stati, senza fondarne una propria. Mina la legittimità ilei primi, senza acquisire una propria legittimila. Corrodo il ino nopolio dogli Slati sulla violenza, senza riempire il vuoto che crea. Non stupisce che lo due nazioni più antiche d'Europa, Francia e Inghilterra, siano al tempo stesso lo più riluttanti all'integrazione europea, e le più attivo in Bosnia. Un orci iucche si dista Sotto i nostri occhi, si disfa l'ordine che fu escogitato nel Trattato di Westfalia, nel 1648, e che permise agli Stati-nazione di monopolizzare le violenze e finire le guerre di religione Le nazioni tornano a raggrupparsi dentro imperi sposso acefali, e nuove guerre etniche e religiosi! si diffondono, simili a quella dei Trent'anni, «La Russia non <! un Paese ma un universo», ha detto Eltsin echeggiando il messiaiiosinui russo, e a questi messianosinii l'Occidente replica disarmando spiritualmente: so il 1 «48 lui secolarizzato protestantesimo e cattolicesimo, oggi l'Occidente secolarizza persino la democrazia, sconnettendo quest'ultima sua religione dalla politica. Non resta che una somma di interessi privati, senza più rapporto con lo spirito pubblico. In uno dei suoi capitoli, Van Croveld fa capire che la corruzione e l'impotenza militare e antiterroristica sono due facce dello stesso fenomeno: il sovrano non ha più una frontiera e un popolo verso cui è responsabile, e il suo interesse privalo diventa preminente. La corruzione delle élite va ben oltre gli aspetti finanziari, o quel che si corrompe è la complessiva capacità di guida nei capi occidentali. Per consolarsi, questi ultimi fanno affidamento sulla perfezione dei propri aerei senza piloti, sulla forza non più dissuasiva delle atomiche. Ma le guerre si fanno sulla terra, uomo contro uomo, e qui si vincono o perdono: non nei cieli irrilevanti abitati da robot. Barbara Spinelli Tecnologicamente invincibile, vulnerabile per le indecisioni Alexis de Tocqueville, profeta, lo scorso secolo, del fatto che le democrazie fatichino a cominciare le guerre e poi a finirle, a destra, Saddam Hussein Un'immagine della guerra in Cecenia; a sinistra, un'incisione di Francesco Olivucci del 19-13