«Quanti O'Grady senza telecamere»

«Quanti O'Grady senza telecamere» «Quanti O'Grady senza telecamere» II mito americano e i veri eroi della Bosnia IL PILOTA ABBATTUTO IVIENNA L pilota americano Scott O'Grady, il cui aereo è stato abbattutto dai serbo-bosniaci vicino a Bihac, 6 diventato un eroe. Da quando l'hanno salvato, dopo sei giorni trascorsi noi boschi, la tv ci bombarda di notizie su di lui e tutti i giornali del mondo scrivono della sua straordinaria impresa. L'abbiamo visto subito dopo il salvataggio, con la barba lunga ma sorridente. L'abbiamo visto nella base aerea di Aviano, con migliaia di soldati che lo acclamavano e la banda militare che suonava in onore suo. Lo abbiamo visto accompagnato dagli alti gradi dell'esercito Usa. Abbiamo perfino visto il presidente Clinton esprimere la sua soddisfazione. E tutti, parlando di O'Grady, dicono «il nostro eroe». «Una tipica storia americana!» ha esclamato l'inviato della Cnn. Ma se non siete americani, come non lo sono io, tutta la storia suona un po' strana. Da quando è stalo salvalo ed è apparso in televisione, non ho smesso di chiedermi: perché mai quest'uomo è un eroe? Che cosa ha fatto per essere considerato tale? E' sopravvissuto, d'accordo. Sopravvivere sei giorni in un territorio selvaggio non è poca cosa e non intendo certo sminuire l'impresa. Si è nutrito di erba e insetti, ha bevuto l'acqua piovana? Non è certo un'esperienza piacevole. Ma l'inverno è finito e sarebbe certamente sopravvissuto anche senza mangiare né bere del tutto, così non lasciamoci trasportare dall'entusiasmo. In secondo luogo, si nascondeva ai serbi, che gli davano la caccia forse per ucciderlo. Brutta esperienza, certo, ma dopotutto non l'hanno trovato. In altre parole, il fatlo che si sia limitato a sopravvivere sci giorni con una dieta leggermente diversa dal solilo (niente Coca né hamburger) e sia stato salvato dai suoi compagni, non fa necessariamente di lui un eroe. Al contrario, ci si poteva aspettare che lo salvassero: aveva una radio e mandava segnali. Sapeva che l'esercito americano l'avrebbe cercato, sapeva che i suoi compagni erano dotati di una tecnologia sofisticata, sorvolavano regolarmente la zona di Bihac e c'erano buono probabilità che captassero i suoi segnali. Di, quel punto di vista, si potrebbe addirittura dire che l'operazione di salvataggio non è stata poi così spettacolare, i ragazzi se la sono presa comoda. Una volta captali i segnali di O'Grady, dovevano davvero aspettare sei giorni per tirarlo fuori? Ma questi sono soltanto dettagli tecnici. Come ho detto, sono convinta che il punto fondamentale resti un altro: che cosa ha fatto O'Grady per meritarsi un trattamento da eroe? Non ha liberato gli ostaggi Onu né salvato trenta bam¬ bini da una scuola in fiamme vicino a Bihac e neppure ucciso Radovan Karadzic o Ratko Mladic - il che l'avrebbe certamente trasformato in eroe, almeno in quella parte del mondo. A mio giudizio, Scott O'Grady non ha fatto nulla tranne nascere americano e pilotare un F16 nei cieli della Bosnia. Poi però ho capito che finché continuo a chiedermi che cosa abbia realmente fatto, non capirò nulla di tutto il business che l'ha trasformato in un autentico eroe americano, nulla della «tipica storia americana», nulla di nulla. L'industria della notizia è vissuta su O'Grady, raccontante giorno per giorno i suoi segnali, cercando di indovinare se fosse ancora vivo oppure no, intervistando gli esperti militari... Quando è slato salvato, quando l'elicottero è allenato, le telecamere erano già lì, in attesa che si limitasse ad apparire. 11 pilola salvato, il sopravvissuto Scott O'Grady, non doveva dire o fare nulla, doveva soliamo apparire. Quella era la notizia e non occorreva nient'altro. Sono stati i media a occuparsi di tutto il resto, promuovendolo eroe sul campo. Dal momento del salvataggio, la sua vita non è più appartenut a lui, ma a tutti gli altri: media, pubblico, nazione. E' diventato un bene pubblico. E' stato gettato in una macchina hollywoodiana fabbrica-miti, e quella macchina ha sfornato un prodotto bell'e pronto, una confezione di carne tritata con l'etichetta: Il Nostro Eroe, Un Superstite della Guerra in Bosnia. Ricordiamoci comunque che tutto questo non ha nulla a che fare con la Bosnia. Sarò forse cinica, ma chissà quanti giovani, in quésto momento, stanno nascosti nei boschi della Bosnia, mangiando inselli e cercando di sopravvivere, proprio come Scoli O'Grady. Loro però sanno benissimo che nessuna missione speciale partirà per salvarli. E che dire dei duecentomila abitanti di Sarajevo, che ormai hanno ben poco da mangiare e da bere (come potevamo vedere nella stessa trasmissione tv, subito dopo le notizie sul «nostro eroe»)? Chi se ne frega, mica sono americani. Io so e loro sanno che il loro caso non può essere assimilato a quello del pilota. Quello che voglio dire è che qualunque cosa abbia fatto Scoti O'Grady (o piuttosto, qualunque cosa gli sia capitata), gli e slata cucita addosso, poi tolta e trasformala in un prodotto di largo consumo. Il Nostro Eroe. I media ne avevano un gran bisog.no, finalmente c'era qualcosa d'altro, una storia diversa ed eccitante dalla palude della guerra di Bosnia, un successo. Ne aveva bisogno l'esercito americano, forse anche il popolo americano. Nessuno si preoccupa se il pilota fosse d'accordo o no. E nessuno si preoccupa veramente della Bosnia. In lutla questa commedia c'è stato un unico, toccante momento di autenticità, quando alla conferenza stampa Scott O'Grady si è mosso a piangere e ha detto di essersi sentito «come un coniglietto spaventalo». Ouesia è la sua verità su quanto è successo. Ma a chi importa la verità, a chi imporla che cosa provava l'eroe, se può appagare così bene le aspettativi; degli altri? Slavenka Drakulic a cattiva coscienza del mondo dietro eccesso di entusiasmo dcclI Il pilota Usa Scott O'Grady

Luoghi citati: Aviano, Bosnia, Sarajevo, Usa