Al mercato di Sarajevo nel terzo anno della fame di Giuseppe Zaccaria

Al mercato di Sarajevo nel terzo anno della fame Al mercato di Sarajevo nel terzo anno della fame VIAGGIO NELLA CITTA' MARTIRE SARAJEVO DAL NOSTRO INVIATO Ci sono molte ragioni per le quali, fra breve, Sarajevo è destinata a vivere uno dei momenti più importanti della sua storia. Ragioni militari, poiché tutto il mondo sa che l'annata bosniaca si prepara ad attaccare. Politiche, visto che il dislocamento della «forza di reazione rapida» sembra spingere i bosniaci ad un'aggressività mai mostrata finora. Ragioni umane, soprattutto. Dopo due mesi di blocco, se questa città restasse ancora a lungo così come si trova, alla vigilia del Terzo Millennio assisteremmo tutti al primo caso contemporaneo di genocidio per fame. Sono tornato in una capitale che avevo conosciuto martoriata ma viva, martoriata ma ironica, orgogliosa, cocciuta e la ritrovo martoriata e basta. Chiusa, rintanata negli scantinati, frenata non solo dalla paura di cecchini e granate ma da quella sorta di estenuato fatalismo che ti coglie quando il fisico comincia a non rispondere più. Quella del cibo sta diventando un'ossessione, incontri vecchi amici e dopo i saluti, i primi atti di cortesia ti senti chiedere se por caso hai con te qualcosa da mangiare. Se anche in questa città qualcuno decidesse di far ricorso agli indici di gradimento, il notiziario del mattino sarebbe senza dubbio la trasmissione-regina. Intendiamoci, non è che da queste parti la gente sia ansiosa di conoscere la sorte dogli ostaggi Onu o le ultime dichiarazioni di Karadzic a Poter Arnett: è che a quell'ora, dopo un breve panorama, la «Bih Radio Televizija» manda in onda le rilevazioni dal mercato. Non e un errore, proprio «dal» mercato. Il fatto è che prima ancora delle notizie belliche va in onda «lelomercato nero». Nei notiziari ufficiali c'è una sorta di annuncio di tempesta. Ci sono stati scontri a Konic e Taslic, intorno al monto Majovica, e i bosniaci dicono di aver guadagnato qualche chilometro. Trentamila dei loro soldati (in pratica, un ter- zo dell'Armata) si stanno raggruppando in direzione Nord, altri 10 mila avanzano nella Bosnia centrale. I segnali sono quelli di un attacco che tenti di strappare Sarajevo al suo destino di fame e di morte. Ma in attesa e prima di tutto questo, intanto la tv di buon'ora manda quattro giornaliste a Ciglanama, Ali, Pasimon Polju o Markale (il luogo il cui l'anno scorso una granata fece strage). Le inviate speciali sul fronte della sopravvivenza girano fra le bancarelle, si informano, trattano finché è possibile e poi telefonano in redazione. Alle dieci in punto l'emittente di Stato mostra di aver preso allo della realtà: «teleblackmarket» manda in onda l'inar¬ restabile avanzata dei prezzi, l'avanzata della fame. Colpa degli bombardamenti sull'Igman, della stanchezza degli spalloni e degli intasamenti all'ingresso del tunnel. Porse quest'esempio può essere efficace: immaginatevi in giro per spese mentre nelle vetrine dei negozi i prezzi ruotano come in una slot-machine. Immaginate cartellini a cifre mobili, contachilometri che si trasformano in contamarchi aggiornando le cifre di ora per ora, e sempre al rialzo. A Sarajevo, dopo tre anni di bombardamenti di vetrine ne sono rimaste poche, ma il meccanismo è esattamente lo stesso. E in questo momento i prezzi stanno salendo a velocità inversamente proporzionale a quella degli arrampicatori dell'Igman. «Purtroppo, per i rifornimenti quella è rimasta l'unica strada e le artiglierie serbe continuano a martellarla a tutte lo ore», dice il colonnello Gary Coward, portavoce delle Nazioni Unite. Un convoglio di aiuti partilo da Zenica è fermo a 50 chilometri dalla città, ma adesso i serbi l'hanno bloccalo perché pretendono il 30% del carico. 1 camion privati non riescono a passare neanche di notte, tutto dunque resta affidato alle spalle e ai garretti di trafficanti che lo Slato ormai considera non male inevitabile ma linfa vitale. «C'è qualche problema al Hrasnica - ag¬ giunge elusiva la radio - e l'arrivo di rifornimenti personali è rallentato». Proprio cosi, «rifornimenti personali»: la finzione in base alla quale ogni borsanerista riesce a passare («porto roba da mangiare per la mia famiglia») ancora resisto, anche se tutti sanno che ciascuno destinerà metà di quel cibo alla propria casa, e l'altra a finanziare il lungo viaggio compiuto. Il giorno in cui il «Guinnoss» dei record venisse aggiornalo, la strada del monte Igman risulterebbe quella col più alto rapporto costochilometro, Il calcolo è facile: qualsiasi bene acquistato a Mostar raddoppia di valore nel tragitto l'ino a Pasaric, alla base del monte. Durante la salita aumenta ancora del 50%, e la discesa ne fa schizzare il costo a tre volte quello iniziale. Poi c'è il tunnel: in quegli ottocento metri sottoterra, quel che all'inizio costava uno esce moltiplicato per otto. Ed esattamente in quel pun¬ to, quando fantasmi coperti di tango rivedono il cielo a Dobrinja coi preziosi pacchi stretti sotto il braccio, una popolazione che per il settanta per cento guadagna 30 marchi al mese, scopre che il suo stipendio vale solo sei chili di mele o due di caffè. Ieri, sulle bancarelle metalliche di Merkale, la merce mostrava un assortimento incredibile. C'era assolutamente tutto, dalle Marinoni alla maionese Calve, ma lutto in quantità irrisorie. Interi banchi coperti da fazzoletti di merce, spesso ridotta a pezzi unici venduti a prezzi da amatore. Chiacchierando con un venditore gli ho offerto una sigaretta e solo un momento dopo mi sono accorto della «gaffe»: gli avevo appena propo sto, gratis, il ventesimo di un pacchetto che lui vendeva a non meno di quindici dollari. Un'offesa. «La merce - mi ha spiegalo, superando l'equivoco - continua a salire di prezzo porcile i trasportatori cominciano a essere stanchi. Anche se sei un capriolo non puoi salire e ridiscendere l'Igman più di due volte la settimana. Al resto stanno pensando burocrati». I burocrati sono quelli che pretendono da ogni cittadino bosniaco che voglia attraversare il tunnel una richiesta che giunga con sette giorni d'anticipo. Ecco cosa sia accadendo, oltre la pista dell'aeroporto. C'è gente, mi raccontano, che da giorni bivacca fra le case devastale di Krasnica in attesa che la lunga fila verso la galleria avanzi di un po'. Di giorno aspetta addossala ai muri, perché l'artiglieria serba continua a battere quell'area con accanimento particolare. Ogni notte si va avanti per non piti di 30 o 40 metri. Era l'altro, dall'altra sera è ricominciato a piovere: una pioggia battente, feroce, che sulla montagna là salire il fango e a valle fa aumentare la sofferenza. Giuseppe Zaccaria Lo stipendio medio è di trenta marchi 30 mila soldati musulmani marciano Vale sei chili di mele o due di caffè sulla capitale per rompere l'assedio Piccoli orfani e un casco blu liberato (FOTO ANSA]

Persone citate: Arnett, Citta' Martire, Gary Coward, Karadzic, Marinoni, Markale

Luoghi citati: Dobrinja, Sarajevo