Dini non stravolgete la riforma pensioni

Una valanga di emendamenti. Ma il Presidente non intende dimettersi senza il voto finale Una valanga di emendamenti. Ma il Presidente non intende dimettersi senza il voto finale Dini: non stravolgete la riforma pensioni «Lascio prima delle ferie» ROMA. Allarmo sulla riforma delle pensioni, sommersa sotto la marea di 2700 emendamenti, solo di Rifondazione. Dopo il risiili ato dei referendum e l'accelerazione verso il voto anticipato, la sua approvazione entro l'estate rischia di diventare un miraggio. Allo stato dei fatti, misurate le opposizioni e gli emendamenti, la riforma rischia infatti di non passare o di essere fortemente snaturata. E invece, nella replica davanti alla commissione Lavoro della Camera, ieri Dini ha sollecitato la sua approvazione «in tempi ristretti» e «nella sua sostanziale integrità». Ma sul suo cammino già pesano come massi tremila emendamenti. Inoltre, An ha parzialmente centrato ieri un primo obiettivo ottenendo uno slittamento di 24 ore (fino a mezzogiorno di domani) del termine per la presentazione degli emendamenti. E questo non faciliterà certo la speditezza del dibattito. Ma il presidente del Consiglio ha tenuto duro in commissione sulla sostanza del provvedimento, Dini ha infatti precisato che gli emendamenti non dovranno alterare l'equilibrio finanziario della riforma perché «qualsiasi stravolgimento si ripercuoterebbe con effetti di grave danno sulla finanza pubblica impedendone il definitivo risanamento. E' un rischio - ha sottolineato Dini guardando in faccia i deputati - che non possiamo correre». Il primo ministro ha negato che la richiesta di elezioni possa incidere sul disegno di legge che giungerà in aula a Montecitorio, corno è stalo deciso dai capigruppo, solo il 30 giugno. Ossia il giorno fissato da governo e sindacati per la sua definitiva approvazione parlamentare. «Io dico che la riforma deve rispettare i tempi previsti» ha affermato uscendo da Montecitorio. «Il calendario era stato stabilito prima della consultazione referendaria e non ho trovato che ci sia in commissione una volontà che tende a dilazionare, ma piuttosto a esaminare attentamente una materia importante». E quando gli ò stato chiesto se per il governo resta ancora la scadenza dell'estate, Dini ha replicato: «Esattamente, le pensioni sono il quarto punto del programma. Mi auguro che l'approvazione ci sia prima dell'estate e a quel punto rimetterò il mandato». E malgrado tutti gli ostacoli, Dini resta fiducioso sul destino della riforma: «E' perfettibile c non temo sorpreso. Ci saranno emendamenti, forse un atteggiamento ostruzionistico da parte di qualcuno, ma la riforma si farà». Rimane invece più ermetico sul capitolo delle «regole», replicando: «Questa ò un'altra materia che riguarda i partiti e il Parlamento». E per il «dopo», lo sollecitano, resterà in politica, magari ancora a Palazzo Chigi? Dini ha la risposta pronta: «Io sono prestato alla politica, il mio ò un governo tecnico e temporaneo». E svicola via. In procedenza, davanti alla commissione a Montecitorio, polemizzando per i rilievi negativi espressi, conti alla mano, da Bankitalia, dal Fmi e prima anche dalla Confindustria, Dini aveva puntigliosamente replicato che la riforma garantisce «risparmi realizzabili e significativi sia nella fase transitoria sia a regime». E in particolare, i risparmi previsti per il decennio 1996-2005 sono stati valutati «con realismo e prudenza». Insomma, il giallo dei conti contrapposti resta insoluto. Per smorzare eventuali critiche, il presidente del Consiglio ha anche assicurato che il Parlamento non deve sentirsi affatto «esautorato» dalla trattativa del governo con i sindacati. Perché la concertazione sociale e indispensabile: «In una mate¬ ria come quella pensionistica la ricerca di larghe condivisioni è anche dottata dall'intento di prevenire pressioni e tensioni sociali». Infine, Dini si augura cho la sconfitta dei sindacati noi referendum non incida negativamente sull'approvazione della riforma previdenziale. «Non vedo nessuna connessione. Sarebbe un peccato se si volesse attribuire un valore negativo al lavoro eccellente svolto dai sindacati sulla riforma». Ma sullo slancio del «si» referendario, i metalmeccanici della Fiom e la corrente di sinistra della Cgil (con Grandi) reclamano emendamenti migliorativi in Parlamento, sulla linea di Bertinotti cho annuncia bellicoso «ostruzionismo contro la politica classista». Altri emendamenti arrivcrano da pds, ppi, da Forza Italia (all'insegna dello slogan «comunque meglio Dini che Bertinotti») e da An, che nega, con Tofani «uno scambio tra le elezioni e una riforma pasticciata». Insomma, ! un cammino torment.atissimo : per la riforma delle pensioni al1 lo sbocco del quale potrà esser! ci un voto di fiducia? Ieri Dini i ha risposto «In questo momenI to non ci penso neppure». Appunto, ma domani chissà. Paolo Patruno La sua «filosofia»: per definizione, i vinti sono qualitativamente migliori dei vincitori Storia d'un leader neo-comunista cresciuto nel mito di Riccardo Lombardi e militante del psiup m rf e indispensabile: «In una mate¬ Storia d'un leader neo-comunista cresciuto nel mito di Riccardo Lombardi e militante del psiup 1 Il presidente m del Consiglio rf Lamberto Din Sopra, da sinistra, il campionissimo Fausto Coppi, il capo indiano Geronimo e Fidel Castro. A lato, il segretario di Rifondazione comunista. Fausto Bertinotti

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