MICHELANGELI Il suno e il silenzio

La leggenda del grande pianista: dalla ricerca della perfezione allo sdegnoso «esilio» in Svizzera La leggenda del grande pianista: dalla ricerca della perfezione allo sdegnoso «esilio» in Svizzera MICHELANGELI II suono e il silenzio LUGANO DAL NOSTRO INVIATO Nella camera numero uno delle quattro camere ardenti che ci sono al primo piano interrato dell'Ospedale civico, Arturo Benedetti Michelangeli è in quel silenzio che l'ha inseguito per tutta la vita e da cui diceva che nasce la musica. Ha le mani unite, il volto ò... Il silenzio lo ha sempre abitato; il silenzio lo accompagna ora. E' morto domenica pomeriggio a 75 anni. E' stato ricoverato mercoledì nel reparto di terapia intensiva. Non si sa di che cosa è morto. Lui stesso aveva disposto questo silenzio. E nessuno dice nulla. Soffriva di cuore: nell'88 suonava i Preludi di Debussy a Bordeaux per beneficenza e si accasciò sul pianoforte. Aneurisma. Fu operato per sette ore. Soffriva anche ai polmoni, e fumava moltissimo. Non si sa con precisione neppure quando ci saranno i funerali. Sembra oggi pomeriggio alle due. Lo seppelliranno a Pura, dieci chilometri da Lugano, dove viveva dal '72 in una casetta fra querce e castagni. Nessuno lo vedeva mai. A Pura abita un critico musicale, Vittore Castiglioni: «In tanti anni l'ho incontrato soltanto duo volte - racconta -. Una mattina era fermo di fianco alla sua casa e guardava truce il bosco. Un'altra volta mi è passato accanto in auto, ho fatto appena in tempo a scorgere i suoi baffi neri e il suo maglione nero. Aveva il pianoforte al seguito, issato dentro un'e¬ norme custodia sopra un piccolo rimorchio». Non si faceva avvicinare. Era in esilio dappertutto, o forse ovunque era la sua patria perche - diceva ricordando Seneca - ovunque poteva vedere il cielo. «L'ultima volta l'ho visto pochi anni fa a un concerto a Lugano - ricorda Castiglioni -. Uno degli ultimi. Si avvicinò al pianoforte e vi depose sopra il fazzoletto nero. Era chiuso nella sua atmosfera, non guardava il pubblico, non ringraziava, terrorizzato o concentralo fino all'assenza. I suoni furono cristalli perfetti. Lo applaudirono, ma lui rimase immobile, assorto, come stremato». Benedetti Michelangeli ò venuto in Svizzera nel '66: fu coinvolto in Italia nel fallimento di una casa discografica. Gli tolsero tutto, anche la baita che aveva sopra Trento. Si ritirava lassù. Gli piacevano le canzoni di montagna; ne ha arrangiate alcune, le più dolci. Ogni tanto tornava in Italia. Nell'80 tenne un memorabile concerto nella sua Brescia davanti al presidente Pértini, Era nato a Orzinuovi il 5 gennaio 1920. A Brescia aveva tenuto il primo concerto a cinque anni: si accosta al piano, torna indietro; si riaccosta, di nuovo se ne allontana. Non dice una parola. Finché capiscono che devono prenderlo in braccio e metterlo sullo sgabello. Si diploma a 14 anni. A 19 vince il concorso internazionale di Ginevra. Fu allora che Alfred Corlot disse quelle parole che lo battezzarono per sempre: «Ecco il nuovo Liszt». Tornò anche nell'87, per un concerto in Vaticano davanti a Giovanni Paolo II. Stava suonando Beethoven quando si udì un sottile, insistente stridio. Era un grillo, annidato in una pianta sul palcoscenico. Il Maestro suonò il suo Beethoven eroicamente fino alla fine, lui che a Bregenz non concosse bis perché aveva sentito in sala tre colpi di tosse. La musica era por lui una religione divorante. Suonava dieci ore al giorno; pare logorasse tre pianoforti all'anno. Intrecciava un furioso, gelido corpo a corpo con le noto, voleva riempirsene, padroneggiarle perfettamente; poi pensava l'interpretazione, distillata in un'ascosi assoluta, monacale. Il pianoforte ora un dio. Lo adorava, lo scrutava in ogni fibra, in ogni centimetro di corda metallica, in ogni angolo di legno. Un accordatore lo seguiva por ogni concerto. Spediva il pianoforte alcuni giorni prima perché si accordasse con il clima. A Zurigo interruppe un'esecuzione perché si accorse che il piano aveva subito l'onta dell'aria condizionata. A Bologna una sarta ignara ci stirò sopra per una settimana i costumi di un ballotto: il Maestro trovò il piano riscaldato a meraviglia. Nella casa di Pura non si vedi; una luce. E' tutto chiuso. A Lugano la notizia è corsa come un fulmine. Conoscevano la sua fama, la sua leggenda. Dall'Italia telefonano amici, allievi. Benedetti Michelangeli lascia all'etti inestinguibili in chi lo conobbe o in chi ha imparalo da lui. Ha insegnato a Bolzano, a Bologna, ad Arezzo, a Torino. Nel '60 il professor Valletta gli trovò una villa sopra Moncaliori: il Maestro vi rimase per un anno, con quindici allievi e quindici pianoforti Petrof. Teneva a un suo rito: aveva fatto mettere nella camera da pranzo un lungo tavolo, e lui si sedeva a capotavola, gli allievi intorno. Non avveniva un pasto, ma qualcosa di più: una consanguineità, una fraternità in nome della musica. «Non ho figli - diceva Benedetti Michelangeli -. I miei allievi sono i miei figli». Aveva sposato nel '45 una sua compagna o allieva, Giuliana Guidetti. Dal '7l'viveva con Marie-José Gros-Dubois, di tront'anni più giovane. Donne entrate con lui in una discrezione totale, fasciate dalla devozione, dalla separatezza, ancora una volta dal silenzio. Benedotti Michelangeli era ammirato corno il sacerdote, il mistico della musica, che por lui esprimeva l'indicibile, l'origine e il destino. Lo disse Giovanni Testori: «Solo Arturo affonda, salo alla nascita di tutti». Dante e Jacopone da Todi erano fra le suo letture proferito. Ogni concorto era un evento: l'emoziono - estetica, ma anche morale, e misteriosa imprigionava gli ascoltatori. Lui appariva scuro nell'antico smoking, noi viso scavato, nello sguardo remoto. La celebrazione aveva inizio. «Faccia del silenzio», lo definì Bruno Barilli. Nella camera ardente dell'ospedale civico entra un medico e fa uscire lo poche persone. Piangono. Dna signora è sola, in piedi davanti alla bara. Quasi non vuole uscire. Arturo Benedetti Michelangeli resta solo nel silenzio. Dentro, rimano accesa la luce. Claudio Altarocca Si esercitava dieci ore al giorno logorava tre pianoforti all'anno ve viveva dal 72 in una casetta ra querce e castagni. Nessuno o vedeva mai. A Pura abita un ritico musicale, Vittore Castiglioni: «In tanti anni l'ho inconrato soltanto duo volte - raconta -. Una mattina era fermo di fianco alla sua casa e guardava truce il bosco. Un'altra volta mi è passato accanto in auto, ho atto appena in tempo a scorgee i suoi baffi neri e il suo maglione nero. Aveva il pianoforte al seguito, issato dentro un'e¬ Si esercitava dieci ore al giorno logorava tre pianoforti all'anno no i miei figli». Aveva sposato nel '45 una sua compagna o allieva, Giuliana Guidetti. Dal '7l'viveva con Marie-José Gros-Dubois, di tront'anni più giovane. Donne entrate con lui in una discrezione totale, fasciate dalla devozione, dalla separatezza, ancora dente dellospedale civico entra un medico e fa uscire lo poche persone. Piangono. Dna signora è sola, in piedi davanti alla bara. Quasi non vuole uscire. Arturo Benedetti Michelangeli resta solo nel silenzio. Dentro, rimano accesa la luce. Claudio Altarocca Arturo Benedetti Michelangeli al pianoforte «Sarò all'altezza?» Arturo Benedetti Michelangeli al pianoforte