Dall'apartheid alla moda Nasce lo stile Mandela

Dall'apartheid alla moda Nasce lo stile Mandela Dall'apartheid alla moda Nasce lo stile Mandela I LEADER DELL'ELEGANZA AFFASCINATO dal carisma di Nelson Mandela, lo stilista francese Daniel Hetcher sta per lanciare una collezione di camicie ispirate a quelle sfoggiate dal coraggioso leader. Sono dritte, in fantasie chiassose, tipicamente africane, realizzate nei tessuti solitamente riservati alle tuniche locali. A Hetcher l'idea è venuta durante un recente viaggio a Johannesburg dove è andato per incoraggiare la squadra di rugby francese per la quale ha creato le divise. «Non avevo mai visto capi simili, probabilmente il presidente li ordina a qualche sarto locale. Vorrei riprodurli. Naturalmente avvertirò Mandela di questa iniziativa che si concretizzerà entro l'anno prossimo. E spero proprio di conoscerlo per offrirgli il primo esemplare. E' un uomo che ammiro molto per il suo coraggio che non gli è mai venuto meno durante i 27 anni di prigionia», ha detto Hetcher. Non è la prima volta che un leader politico influenza la moda, lanciando uno stile personale che poi, per simpatia, diventa la bandiera, codice muto eppure esplicito di migliaia di fans che ne condividono le idee. Nei corsi e ricorsi dell'abbigliamento è in testa alla hit parade John Kennedy, con i suoi blazer dai piccoli revers, magnificati nel film «Clerks», e ripresi in certi tratti, insieme con le camicie «Joe College» di Brooks Borthers, da stilisti come Krizia e Moschino per la prossima stagione. In realtà quello di JFK è un genere sempreverde che ciclicamente entusiasma i rampolli bene del jet set internazionale. La fotografia dello scomparso presidente americano, accanto a Jackie, scattata nel 1953 da Hy Peskin a Palm Beach, è un'immagine senza lem- po. E più degli indumenti colpisce il modo in cui l'uomo li porta: camicia bolton down slacciata, scarpe da barca senza calze, pantaloni chino?, con innata nonchalance. Aveva stile da vendere e un'eleganza fuori dal comune anche il ministro inglese Anthony Eden che nel '36 apparve su Esquire, modello da imitare: cappello Homburg e soprabito asciutto e scuro con piccoli risvolti lucidi e sciallati. La nota dei trend-setter politici che influenzano le scelte modaiole di un pubblico ora giovanissimo, ora di mezza età, è variegata. Mao, con la sua divisa, composta da giacchetta con collo piatto, appena svasata e pantaloni grigio-blu non ha conquistato soltanto i giovani negli Anni Sessanta, ma anche stilisti come Yves Saint Laurent, che al minimalismo cinese ha periodicamente reso omaggio nelle sue collezioni. E quella giacchetta rivisitata in mille modi, senza però mai snaturarla, 6 uno dei suoi tormentoni favoriti. Innamorata della giubba maoista è anche Laura Biagiotti che dopo le incursioni a Pechino, dove produce una linea per il mercato intemo, ce l'ha da poco restituita in versioni preziose. Un genere che a loro modo avevano adottato, ai tempi, i Beatles intercalandolo allo stile guru, scippato alle tenute del padre di Indirà Ghandi, Nehru. La passione per L'Avana è leitmotiv che di tanto in tanto ossessiona le masse. Castro e Che Guevara sono, fra gli adolescenti di oggi come per i sessantottini di ieri, quanto di più «in» si possa immaginare. Al «Lìder Maximo» e al guerrigliero che morì in Bolivia nel tentativo di esportare la rivoluzione, le discoteche romagnole si ispirano per allestire i party. Al «Paradiso» di Rimini, il titolare Gianni Fabbri ha ingaggiato per l'intera stagione tre ballerini francesi che tutte le sere si esibiscono in danze scatenate vestiti come i rivoluzionari cubani: barba lunga, basco con la stella rossa o berretto militare, sigaro Avana fisso, tascapane, giacca verdone con tasche e taschine, anfibi e pantaloni mimetici. Un successone. Negli spacci di Army Supplies e nei negozi dell'usato della zona vanno a ruba i guanti da cecchino con l'indice scoperchiabile, le cartuccere a bandoliera e ogni altro indumento del «Comandante». I cosiddetti radicai chic, ribattezzati in Francia «gauche - caviar», si limitano invece ad annodare la kefia di Arafat al collo su camicie di Armani. A volte però i politici non fanno moda, ina sono i media a fargliela fare. La canotta di Bossi, per non parlare di quella sudaticcia del casual-Craxi, non sono certo paragonabili alle canottiere di Dolce e Gabbana di stampo siculo, neorealista, mutuate da De Sica e da Massimo Girotti. E che dire di Fini, che ha appena cambiato gli occhiali adottando quelli tondi, da intellettuale? Non hanno trovato seguito le cravatte di Speroni, ma la sua giacca rosso fragola si, la scorsa stagione era il passe partoul estivo più gettonato. Per contro, Berlusconi rientra Ira quelli che hanno subito le influenze della moda. Forse un po' troppo, con quel genere Anni 80 tutto attillalo e appuntito, dalla scarpa al doppiopetto. Maglione blu girocollo compreso. Ma nella giostra dei revival non è mai detta l'ultima parola. Mentre si profila il genere conservative-chic rilanciato da Versace che ripesca i classici sartoriali, ecco che la cravatta di Berlusconi a piccoli pois (i polka doti è destinata a diventare un must dalla lunga vita. Almeno per qualcuno. Antonella Amapane Lo stilista francese Daniel Hetcher lancia le camicie ispirate a quelle variopinte che indossa il leader sudafricano In alto, un modello della sfilata di Cesarea. Sopra da sinistra. Mandela, Castro, Mao e Jfk: leader che. pur in modi diversi, hanno influenzato la moda

Luoghi citati: Bolivia, Francia, Hetcher, L'avana, Palm Beach, Pechino, Rimini