La Stampa - Consultazione Archivio

SI LA POLEMICA SUL GMERAIli DE GAULLE NEMICO D'ITALIA E' un ombra che si aggira da qualche tempo nel dibattito costituzionale italiano. E' quella del generale de Gallile. Cominciò Craxi all'inizio degli Anni HO, quando propose l'elezione popolare del Capo dello Stato. Continuò Cossiga, dieci anni dopo, quando mandò un messaggio al Parlamento e dette a molti la sensazione di voler essere il successore gollista di se stesso. De Gaulle e le sue teorie costituzionali sono diventate, come usa dire, un punto di riferimento. Ma ci sono volute perché ciò accadesse quasi due generazioni. Cinquant'anni fa de Gaulle, per la classe politica italiana, era un generale autoritario e soprattutto una minaccia all'integrità del territorio nazionale. La storia dei suoi cattivi rapporti con l'Italia comincia nella primavera del 1945. L'articolo di Vincent Tournicr nella Stampa di ieri sulle ragioni per cui il generale cercò d'impadronirsi della Val d'Aosta è storicamente impeccabile. Il generale aveva tre obiettivi, strettamente intrecciati: punire l'Italia, sfuggire alla tutela degli alleati maggiori, collocare visibilmente la Francia fra i vincitori della seconda guerra mondiale. Quando dette ordine al generale Doyen di scavalcare le Alpi, scendere verso il Piemonte e prendersi un pezzo d'Italia, aveva ancora nel cuore l'amarezza e il dispetto per la conferenza che si era tenuta a Jalta due mesi prima e a cui nessuno l'aveva invitato. L'immagine di quei tre leader - Churchill, Roosevelt, Stalin - trionfalmente seduti nelle loro poltrone di fronte agli obiettivi dei fotografi, dovette restargli confitta nella memoria fino all'ultimo dei suoi giorni. Se gli accadeva, nel corso di una conferenza stampa, di pronunciare la parola «anglo-saxons», la sua voce cambiava timbro e assumeva un tono in cui si combinavano, in egual misura, che Sergio Romano CONTINUA A PAG. 8 PRIMA COtONNA