Tacciono gli artisti del Sì Veltroni, show solitario

Tacciono gli artisti del Sì Veltroni, show solitario Tacciono gli artisti del Sì Veltroni, show solitario u ROMA NA volta, almeno, la sinistra faceva ridere. Adesso c'è Walter Veltroni che racconta barzellette su Emilio Fede mentre dal fondo della piazza Nanni Morettì'lo ascolta corrucciato, a braccia conserte. Forse anche lui turbato dallo slogan riprodotto a caratteri cubitali sul palco: «Vota sì ai referendum sulle tivvì». Tivvì. Benvenuti in piazza Farnese, al comizio di chiusura del centrosinistra oscurato. Ad intrattenere la magra folla di fedelissimi (unica imbucata è la colf filippina di Cesare Previti che ogni tanto appare dietro le tendine marrone-salò del quarto piano) non ci sono Grillo o Benigni, ma Sandro Curzi in tenuta da golfista e invece di De Gregori o Vcnditti un trio di schitarratori da strada che si chiama «El pueblo unido» e agghiaccia la platea con strofet.te di comicità linobanfesca. «Silvio il culo se lo para con la trippa di Ferrara», «Gianni Letta è imbalsamato e Liguori un rinnegato». Nanni Moretti guarda anche loro a braccia conserte, muto e gelido come il rimprovero di una madre. La presenza silenziosa del regista-simbolo della sinistra italiana trascende il carattere malmostoso del personaggio e assurge a simbolo di un capovolgimento di ruoli: mentre i politici cercano di berlusconizzarsi (persino il barbudos Giulictti che cita Ridge pur di strappare un sorriso), gli artisti si rinchiudono in un aplomb da statisti, residui portatori del verbo. L'ultimo della nidiata, l'attor timido Silvio Orlando, si rimpicciolisce dietro lo straripante Bertinotti per grattarsi con comodo un calzino. «Dicono che noi attori del Sì ci siamo esposti poco. Però è anche vero che uno si espone se te lo chiedono». E Enrico Montesano, che completa la risicata pattuglia di personaggi dello spettacolo presenti in piazza, sorride al giornalista Carmine Fotia che lo implora di salire sul palco: «Fate fà lo sketch a Veltroni, che è bravissimo, pure meglio de me». E se Orlando giustificava la latitanza dei big con la disorganizzazione, Montesano tira in ballo il «tengo famiglia» nazionale: «Noi artisti del Sì non abbiamo alle spalle un'azienda che ci protegge. E poi gli attori vivono sul consenso, non amano esporsi perché significa farsindeinemici»". » L'intero peso dello show grava quindi sugli onorevoli, gli unici a non correre rischi per il posto di lavoro: una sedia da ospite a Canale 5 continueranno a rimediarla in ogni caso. Se la cava benissimo Bertinotti, ormai un divo delle tv berlusconiane. Una delizia sentirlo sussurrare, in piedi davanti al microfono, come un consumato chansonnier: «Il satellite è una metafora» e «Come facciamo a sconfiggere la stupidità imperante?». Il suo «gvido di dolove». Per ascoltarlo meglio, la filippina in divisa verde di casa Previti si sporge persino dalla finestra. Il più televisivo di tutti, giusta l'osservazione di Montesano, si rivela però Walter Veltroni. Sorvolando sulle battute (quella su Fede che invece della Madonna ha visto piangere Berlusconi strappa il convinto grugnito di Moretti e dell'intera platea), rimane il fascino di una maschera cordiale ed immutabile, che ha ormai oltrepassato persino quello del suo maestro e sosia: Mike Bongiorno. La rima baciata «sì-tivvì» dello slogan non i; comunque sua, ma del capogruppo progressista alla camera Luigi Berlinguer: chi l'avrebbe mai detto, eh, una persona così a modo. Adesso sul palco c'è Mariotto Segni (che pur essendo un dolce quando ha letto «tivvì» ha vacillato): sta paragonando Berlusconi a Golia, Craxi e Ceausescu, nell'ordine. Moretti è sempre laggiù. Ma non ride proprio mai, quell'uomo. L'implicita parola d'ordine, sul palco, ò: usate Telecom per battere la Fininvest. Ogni oratore invita il pubblico a passare la domenica al telefono per convincere delle buone ragioni del Sì tutti gli amici che si sono sorbiti gli spot di Vianello. Si respira aria di sconfitta, ma una sconfitta buona, di quelle che non faranno male. Veltroni incrocia le mani come un monsignore, mentre dà i sette giorni all'avversario: «Berlusconi non si illuda, anche se vince i referendum la sua leadership ò in calo. Se passano i "No" lui chiederà le elezioni in autunno e noi non aspettiamo altro. Se invece vince il Sì, il Polo si dividerà sulla scelta del leader, e anche questa confusione ci va benone». Questo sì che si chiama pensare positivo. La sinistra non farà più ridere, ma in compenso comincia a piacersi da impazzire. Massimo Gramolimi Montesano: noi attori viviamo sul consenso, esporsi costa caro La manifestazione per il Si a piazza Farnese A destra: Walter Veltroni In basso: Nanni Moretti

Luoghi citati: Ferrara, Roma