La corona dell'Aquitania dono avvelenato per Juppé di Enrico Benedetto
Domenica le municipali, il primo ministro candidato nella città più indebitata di Francia La corona dell'Aquitania dono avvelenato per Juppé Domenica le municipali, il primo ministro candidato nella città più indebitata di Francia Lm BORDEAUX " hanno ribattezzato «Sarajevo». E' il centralissimo quartiere di Saint-Jean-Belpier, stretto intorno alla Gare Centrale e dunque vero «imprinting» in terra bordolese per i visitatori enofili e non che scendono nella «più bella città di Francia» per dirla con Arthur Schopenauer, alle cui donne Stendhal attribuiva sopracciglia irresistibili e una finezza di lineamenti senza eguali. Qui non piovono obici serbi. Ma basta osservare il sinistro profilo delle vecchie fabbriche sbrecciate, i terreni incolti, le erbacce e i rovi che prendono il sopravvento - divorandola poco a poco - sull'opera dell'uomo, per accorgersi che il malizioso nomignolo non è cosi fuori luogo. Gli «snipers» ci sono eccome, a Saint-Jean-Belpier come in altri rioni della metropoli con il cuore bianco e la banlieue rossa. Sono cecchini elettorali, imboscati come i problemi anzi le piaghe di una Bordeaux che domenica, quando la Francia voterà per le municipali, primo test politico dopo l'elezione di Chirac all'Eliseo, liquiderà con il sindaco dimissionario Jacques Chaban-Delmas ben 47 anni di un regime paternalistico dai contorni talora oscuri. Giunto alle soglie dell'ottantina, il Duca d'Aquitania - appellativo che coniuga l'affettuoso sfottò e il fascino ineludibile per l'ultimo Grande Vecchio del gollismo storico, paracadutato dal Generale sulle sponde della Garonna nel '46 per far lor dimenticare un passato vichysta e l'onta di aver ospitato, nel giugno '40, il governo in fuga da Parigi - va alfine in pensione. E i franchi tiratori già attendono al varco il suo successore designato: un certo Alain Juppé che di ex Jugoslavia s'intende bene ma la cui impreparazione dinanzi all'«emergenza Bordeaux» neppure gli amici osano negare. Riassumiamo. Dopo mezzo secolo di «chabanismo», il capoluogo girondino è la città più indebitata di Francia (18 mila franchi, oltre 5,5 milioni di lire prò capite laddove la sorella-rivale Tolosa non supera i 1600). La monumentale biblioteca civica, fresca d'apertura, ha già l'acqua alla gola: causa mancanza di fondi, funziona 16 ore la settimana. E quella musicale ha chiuso la sera stessa dell'inaugurazione per analogo motivo. Ma ciò non impedisce al museo d'arte contemporanea di acquistare per 150 mila lire l'uno (dai rigattieri te li danno gratis) mille cuvette-vomitoir («vomitatoi» ospedalieri) da esibire ai perplessi ospiti quali «performance artistica». I giapponesi fotografano increduli. Insediamento mercantilo per eccellenza dall'epoca romana, non si può dire che due millenni più tardi l'antica Burdigala abbia cambiato davvero pelle. E i suoi borghesi una classe media sempre meno opulenta - dopo esserne stati a lungo soggiogati, sembrano scoprire con resipiscenza improvvisa che la «finis regni» del loro carismatico Maire lascia in ginocchio sul «bor- do dell'acqua» (è la trasparente etimologia di Bordeaux) la «Bella Addormentata» girondina. Altra sorprésa tardiva il prendere coscienza che, caso unico in Francia, l'impero del Duca non contempla una Commissione finanze a livello municipale. Se ne attribuisce le prerogative Chaban. E delega alla moglie Micheline quelle in campo culturale. In altre parole - e forzando un poco l'immagine - i coniugi Chaban-Delmas dispensano a quattro mani (e a loro pressoché insindacabile giudizio) «panem et circenses». Una spregiudicatezza finanziaria altrove inconcepibile, cui solo le fortune resistenziali e successivamente politiche - fu primo ministro - del «boss» Chaban hanno permesso di sopravvivere. Ma l'aitante, e irresistibile come solo la bellezza sa essere, luogotenente di de Gaulle oggi non sale più a grandi falcate - 4 gradini il passo - le scale di Matignon. E neppure della Mairie. Ha la sciatica. E le visite-lampo al mercato, quelle in cui qualcuno gli lanciava un «salut, Chaban!» facendosi invariabilmente replicare «Salut, couillon!» («Salve, coglione») sono un pallido ricordo. Infine, s'allontana l'era magica di Radio Londra, e la progressiva emarginazione sul piano nazionale dell'anziano leader gollista più non giustifica l'indulgenza giudiziaria nei suoi confronti. Così la magistratura l'ha messo in causa per finanziamenti illegali al Bordeaux Football Club, la cui scarsa trasparenza economica già portò in carcere l'ex presidente Bez. E presto altri dossier caldi potrebbero uscire dai cassetti. Come i rimborsi spese al primo cittadino per viaggi in aero-taxi e la faraonica riforma dei trasporti pubblici urbani su cui Jacques Chaban-Delmas arringò a lungo i suoi concittadini: nata morta eppur ipercostosa. Vista la situazione, Limoges, Orléans, Besancon, Nantes e - diciamolo puro - qualsiasi altra comunità urbana della Terra si preparerebbero in mestizia all'inevitabile austerity, un «lacrime e sangue» socio-economico per mettere in ordine le finanze cittadine. Bordeaux no. Stufa del vecchio re bizzoso, convoca il giovane principe azzurro Juppé. Solo al premier può riuscire il miracolo: risparmiarle l'Inferno, accorciare il Purgatorio, ripromettere il Paradiso senza toma di farei sbertucciare dagli alfieri della Realpolitik. Un primo ministro ha l'aplomb necessario per essere credibile e le mani lunghe abbastanza per trovare fondi dove; chiunque altro fallirebbe. La campagna di Juppé si vuol anestetizzante, ecumenica, cardinalizia come quella che rimproverò due mesi fa appena a Balladur. Promette sì il cambiamento ma «nella conti¬ nuità», senza rotture con un prede cessore al cui appoggio doveva in ogni caso ricorrere per non traumatizzare eccessivamente la cittadinanza. Le proiezioni lo danno in polo position. Con la possibilità, addirittura, di non dover attendere il ballottaggio del 11) giugno per inaugurare il dopo-Chaban. I suoi avver sari non demordono. Ma la disunione fa la debolezza. A gaucho due schieramenti (ps fi- pcf runa, verde-rosa l'altra) finiranno per spartirsi un 30-35% di suffragi che avrebbero potuto sfiorare il 50 in caso di lista unica. Relegato a un misero 4%, il Front national sta a guardare. E non gli lasciano neppure far l'arbitro. Anche se domenica Alain Juppé dovesse - come appare assai probabile - vincere alla grande, il sistema Chaban è tuttavia virtualmente cadavere. Occorrerà varare una trasparenza amministrativa nuova, mettere fino al personalismo, smetterla con le megalomanie criptomitterrandiane, Ira l'altro dei Grands Travaux. E far cadere il muro tra Centro e Periferia. La chiamavano «Yalta dello banlieucs», un tacito accordo fra Chaban o i Comuni limitrofi a maggioranza social-comunista per non invadere i rispettivi feudi. Un vero e proprio sistema consociativo, fallimentare per l'integrazione. Tra un Consiglio dei ministri e l'altro, Juppé proverà a mettervi rimedio. Gli manca il tempo, non l'ambizione. Sa che la Francia ama loaderfeudalari, con una piazzaforte da signoreggiare quale base strategica per lanciarsi alla conquista del Paese intero. Parigi ha portato fortuna a Chirac. E Juppé scruta l'orizzonte: Bordeaux potrebbe esseio un ottimo viatico per le presidenziali 2002. Enrico Benedetto LA CONQUISTA DI BORDEAUX La pesante eredità di Chaban-Delmas dinosauro gollista A sinistra, il premier Alain Juppé A destra, l'ultimo grande vecchio gollista, Jacques Chaban-Delmas
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