PIUMINI: IL DIAVOLO E'UNA DOLCE ROSA di Bruno Quaranta

PIUMINI: IL DIAVOLO E'UNA DOLCE ROSA PIUMINI: IL DIAVOLO E'UNA DOLCE ROSA un agente, appena ho accennato l'intento il datore di lavoro del momento - ne ho cambiati una ventina - si è fatto ombroso, ha liberato una smorfia esemplare: "Forse non ti fidi?". E così...»). Fu Ernesto Ferrerò a chiedergli di affacciarsi allo scaffale over 14. «Certo, ottenere ascolto non è facile, tanto è legato il mio nome alle pagine per minori. Ma non dispero. Sa che cosa mi è successo? All'uscita del metrò, la stazione qui vicina, vedo una giovane freak leggere Tre d'amore. Mi avvicino, mi presento, arrossisco, magari mi crede uno squilibrato, e invece mi conforta: "Bello, proprio bello"». Di sicuro l'anonima fanciulla non sarà delusa dalla Rosa di Brod. Un fiotto, una cascata di storie. C'è l'affermato romanziere che cerca l'ispirazione in un paese sconosciuto. Lascia la città con un bagaglio esile, una risma di carta e cinque lettere della moglie Milena («Nulla a che vedere con la fidanzata di Kafka né con la mia ex»). Missive d'amore e di morte, un congegno ad orologeria - la raccomandazione, rispettata, è di delibarne una alla settimana - con finale botto gotico, ovviamente da tenere segreto. Di sorpresa epistolare in sorpresa epistolare, cresce la rosa Rubra Noviani, apparsa all'im¬ di squarciare il buio, di minare tetragone incrostazioni, se la morale è che la cosiddetta zizzania spesso è un chicco di grano. Prete Lavj, nelle braccia di Marjali, sposa amante sorella amica, non rinsavisce, non scopre il paradiso?». Intorno alla rosa, cinque (numero magico) episodi di morte o terrifici: la nascita del vitellomostro, il suicidio dell'amante tradito, l'operaio stroncato dalla fatica, lo scemo a tu per tu con la locomotiva, il sergente sgozzato: «Fantasmi negativi, compagni di viaggio, rivelatori di intense sensibilità. Come il pasticciaccio in caserma, suggerito da un radicato antimilitarismo. Come la tragedia nella fornace, obbediente a una concezione efferata del lavoro». Ma non si equivochi. Le zavorre ideologiche-idologiche non minacciano Roberto Piumini, la sua miracolosa cavalleria leggera, calviniana: il linguaggio, l'arte di dire e acquietare e demitizzare caratteri e cose. E divinità. «Una trouvaille mi ronza nella testa: il giamburrasca che, nell'età di Alessandro Magno, fionda una pietra verso l'Olimpo, frantumandolo, stupendolo, disarcionandolo. Almeno per un giorno». AMILANO BITA . in un cantuccio borghese della capitale che fu morale. Ma ancora per poco: il trasloco urge. E così la sua preghiera laica del mattino è questo o quel «Cerca casa», fitto di annunci, di numeri telefonici, di abbaglianti occasioni. Sin qui la vita di chi, giocoforza, rimane a terra. Però Roberto Piumini, classe 1947, costituzionalmente irregolare, abita anche altrove, in un mondo fiabesco, a prova di sfratto o, comunque, impermeabile alla voglia di rompere le righe, di affastellare mobilia e vettovaglie. Sin dall'aspetto rivela la diversa, dominante natura. Evoca il taglialegna di antiche leggende, il corpo un po' tondo, non ispessito, le mani ampie, il volto pullulante di una barba soddisfatta di sé - più che pacioso, pacato. Pacato come il villaggio dove lo scrittore Gasvar Sander tesse il filo narrativo, coltiva La rosa di Brod (Einaudi, pp. 201, L. 24.000). Dopo Tre d'amore e II ciclista illuminato, il fiore bisbetico, soli- provviso, astuta e inesorabile come una tentazione, nel giardino accanto alla chiesa: «Immaginaria, inutile sfogliare i trattati di botanica», avverte Piumini. E l'habitat del romanzo? I nomi di persona e dei luoghi (Valena Ormath, Ida Smun, Brevnosk, Marjali, Mungaki-Jod, Mougenje) suggeriscono di cercare a Est... «Inventati, nomi inventati... Sia pure riconducibili entro confini austro-bulgaroidi-vampireschitransilvanici. Di vero, di rintracciabile sugli atlanti, c'è solo Brod, un lago sloveno che nel romanzo assume l'aspetto di un vecchio parroco, Prete Brod, appunto». Diabolica rosa rossa, «violenta nel gregge delicato delle bianche e gialle», di «micidiale bellezza», che sconvolge il remoto frammento di pianeta e la canonica, che fa piovere sabbia e che centrifuga il sangue e il seme di Prete Lavj, il curato giovane. Una lotta tra il bene e il male («L'ancestrale formazione cattolica - riconosce Piumini - scorre nei miei inchiostri»), un duello non avaro di iperboli alla Wodehouse, cosparso di innocentissime blasfemie, di felicissime metafore (quei seni come «libri alle labbra» avrebbero acceso l'invidia in Gomez de la Sema). Vano si rivelerà l'esorcismo di Prete Brod, «Oppure no corregge l'autore -, se ha lo scopo tario, prepotente è il terzo capitolo di una biblioteca per adulti, un microcosmo rispetto al grattacielo, circa novanta titoli, tirato su per i ragazzi, un bestseller su tutti: Lo stralisco (Einaudi). «Ho insegnato, in tempi lontani, nel Varesotto - s'invola Piumini -. Salvo scendere, quasi subito, dalla cattedra, assodata l'incompatibilità antropologica con la scuola. Come campo? Giro di classe in classe, fra i molti ruderi e i radi gioielli dell'istruzione nostrana, raccontando che la prosa è una faticosa sequela di tappe, che la poesia è ballare in una stanza. Oscillo fra la televisione ("L'albero azzurro", no, non lo conoscerà, va in onda all'alba o su di lì) e la radio ("Il mattino di zucchero"). Confido, infine, nella correttezza degli editori (sono distratto, mi dimentico di sollecitare cristallini rendiconti, c'è chi mi ha consigliato di affidarmi a Bruno Quaranta