«Iran l'ora X s'avvicina»

«Centocinquanta russi lavorano all'atomica islamica» «Centocinquanta russi lavorano all'atomica islamica» «Iran, Porci X s'avvicina» Peres: fermiamoli prima della Bomba UNA NUOVA MINACCIA PER LA PACE ■WASHINGTON L prezzo della pace con la Siria non è stato fissato dall'attuale primo ministro israeliano Rabbi, ma da Menachem Begin, quando accettò di restituire tutto il Sinai, conquistato nella guerra del '67, in cambio della pace con l'Egitto. Dato questo precedente, non è possibile che ora la Siria accetti niente di meno che riavere l'intero Golan in cambio della pace. Lei è d'accordo nel vedere questo limite alle opzioni negoziali di Israele? «Guardare solo alla dimensione territoriale vuol dire considerare solo il prezzo, e non i guadagni, della pace. Non dimentichiamo che l'Egitto ci diede moltr cose in cambio: la completa smilitarizzazione del Sinai, il libero sorvolo per i nostri aerei e la libera navigazione per le nostre navi nell'area, l'apertura di una nostra ambasciata al Cairo, prima ancora della conclusione del ritiro delle nostre truppe, e l'intreccio di relazioni economiche. Tutte queste cose sono state negoziate in collegamento fra loro. Questo è il precedente che si deve seguire. Noi non intendiamo dire ai siriani, "prima di tutto, vi diamo tutto quello che volete, e poi cominciamo a negoziare". Per noi non ha senso fare pace con la Siria se il terrorismo e la guerra continuano a minacciarci. Se vogliono la pace, devono accettare un accordo complessivo, in tutti i campi». Gli Stati Uniti hanno lanciato una campagna internazionale di sanzioni contro l'Iran, che l'Amministrazione Usa dipinge come uno "Stato fuorilegge" che cerca di dotarsi di armi nucleari e di sabotare il processo di pace in Medio Oriente usando il terrorismo. L'Iran è davvero il nemico numero uno della pace? «Sì. Gli iraniani finanziano Hamas e Hezbollah per diffondere la loro ideologia fanatica. Lo sappiamo, negano di farlo, e allo stesso tempo proclamano la necessità di distruggere Israele. Per loro, Israele è una sorta di Salman Rushdie collettivo. E adesso puntano alla Bomba. Se c'è un Paese al mondo che non ha bisogno di centrali nucleari civili per produrre energia, come pretende, questo è l'Iran. Teheran ha tutto il petrolio a buon mercato che vuole, mentre l'energia delle centrali nucleari è costosa. Non è esagerato affermare che dopo il collasso del comunismo, il fondamentalismo di marca iraniana è il più grande pericolo del nostro tempo. Può influire su un miliardo e trecento milioni di musulmani sparsi nel mondo, per lo più afflitti da miseria e analfabetismo. Per la prima volta nella storia, un movimento fanatico potrebbe dotarsi di armi moderne di distruzione di massa, incluse quelle chimiche usate dai terroristi nella metropolitana di Tokyo. Prepariamoci a fronteggiare la tempesta prima che si scateni». La rivoluzione di Khomeini è senescente e appare alle corde. Moltissimi in Iran sembrano vivere una doppia vita: a casa le teen-ager ascoltano musica rock americana, fuori, per paura della polizia, indossano i chador. Come abbiamo visto in Unione Sovietica, un sistema in cui l'intera società si regge sulla finzione può collassare da un momento all'altro. L'Iran è davvero una minaccia di cui il mondo non capisce la portata, o la sua non è che una rivoluzione svuotata, che presto finirà da sola nella spazzatura della storia? «E' una gara fra l'autodistruzione e la distruzione altrui. Non sappiamo quale delle due si produrrà per prima; è questo che rende l'Iran pericoloso». Gli analisti più allarmati valutano che l'Iran potrebbe dotarsi di armi atomiche entro cinque anni. Con la sua esperienza personale, strettamente legata alla produzione dell'atomica israeliana, lei crede possibile che Teheran sia così vicino alla Bomba? «Questo dipende da tre cose: quanti scienziati e ingegneri l'Iran può mettere insieme; quanto materiale ed equipaggiamenti nucleari riesce a contrabbandare; e in quanto tempo riuscirà a costruire i reattori. Quando gli ira¬ niani avranno realizzato una centrifuga a gas (necessaria per arricchire l'uranio) avranno una capacità nucleare. Ci sono già 150 scienziati e ingegneri russi, dotati di conoscenze nucleari avanzale, al lavoro in Iran. Non è chiaro quale sia la politica cinese riguardo al riarmo atomico di Teheran. E abbiamo le prove dei tentativi iraniani di procurarsi materiale radioattivo, per il quale offrono prezzi assai alti». Gli scienziati assunti dall'Iran sono dello stesso livello di Bergmann, il padre della bomba atomica israeliana? «Ernst Bergmann era uno scien¬ ziato, che disponeva di conoscenze oggi molto diffuse. Attualmente costruire una bomba atomica ò più un problema ingegneristico che scientifico. E gli iraniani dispongono degli ingegneri di cui hanno bisogno». Lei è stato uno dei promotori dell'armamento nucleare israeliano, riandando finn alla sua visita a Parigi, nel 1956, con Ben Gurion e Moshe Dayan, per assicurarsi l'appoggio francese alla costruzione del reattore di Dimona. Come concilia il suo ruolo nella costruzione della Bomba con la nuova realtà del processo di pace? «Sono due cose complementari. Possiamo permetterci di essere più flessibili sulle questioni territoriali, perché abbiamo un deterrente, o almeno gli altri pensano che lo abbiamo. E poi possiamo dire chiaramente che si avrà un Medio Oriente libero dalle armi nucleari non appena avremo un Medio Oriente senza più Paesi belligeranti. Belligeranza e denuclearizzazione sono legate. La seconda non può iniziare finché non è finita la prima». Benché il processo di pace possa por fine alla belligeranza con i vicini arabi di Israele, l'Iran resterà sempre lì. Se gli iraniani si doteranno di una bomba atomica e otterranno missili a lungo raggio dalla Cina, Israele avrà ancora bisogno di un deterrente contro di loro? «Sì. E per molti Stati arabi, anche se non lo ammetterebbero mai, il nostro deterrente è l'unica garanzia di sicurezza contro l'Iran». Nathan Gardels Copyright «1995, NPQLos Angeles Times Syndicate» e per l'Italia «La Stampa» «E' una corsa col tempo Il regime agonizza ma se regge 5 anni avrà l'arma nucleare» «11 nostro deterrente è un fattore di stabilità e difende dagli ayatollah anche i Paesi arabi» «Alla Siria possiamo ridare tutto il Golan ma smilitarizzato e aperto ai nostri jet» Da sinistra il presidente siriano Assad, l'iraniano Rafsanjani e Shimon Peres