«E' vero ho pagato io i debiti di Rea»

Prosegue l'inchiesta di Brescia, interrogato Maggiorelli per l'episodio di quattro anni fa Prosegue l'inchiesta di Brescia, interrogato Maggiorelli per l'episodio di quattro anni fa «E' vero, ho pagato io i debiti di Rea» Un imprenditore: me lo chiese Di Pietro BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO «Certo che conosco Di Pietro e Rea. Un milanese come me non può non conoscerli». Sa ben altro l'imprenditore Franco Maggiorelli, titolare della Sele informatica. E racconta tutto al pubblico ministero Fabio Salamone: Maggiorelli conferma di aver dato soldi (10 milioni, forse 20 o ancora di più) per aiutare Eleuterio Rea. A chiederglieli, come aveva fatto con Gorrini, e poi D'Adamo, è Antonio Di Pietro. Franco Maggiorelli arriva in Procura alle 11 e 30. Fa anticamera prima dell'interrogatorio davanti al pubblico ministero Fabio Salamone che lo convoca come «persona informata dei fatti». «Adesso parliamo di calcio», risponde a chi gli chiede di quella storia. Glissa su tutto, preferisce definirsi «come uno che non sa niente, e che si trova al centro di tutto». Alle 12 e un quarto inizia il faccia a faccia e i «fatti» finiscono a verbale. Maggiorelli ammette che fu Di Pietro - anno '91 a chiedergli soldi per aiutare l'attuale capo dei vigili urbani di Milano. Non dice che si trattò di presssioni, preferisce usare altri termini, più morbidi, ma la sostanza è sempre quella: l'interessamento dell'allora magistrato non ancora famoso ai debiti di gioco di Rea. Perché questo sodalizio? Una risposta arriva da un dossier anonimo finito sulla scrivania del magistrato bresciano. E' lì che si parla per la prima volta di Maggiorelli. E' da lì che Fabio Salamone ha deciso di sentirlo. E Maggiorelli adesso conferma. «Episodio Maggiorelli», intesta il capitoletto l'anonimo estensore del velenoso dossier, che per adesso trova una prima importante conferma. E poi scrive: «L'episodio è raccontato dallo stesso Maggiorelli di fronte a testimoni disponibili. Maggiorelli con D'Adamo, Rea, Prada, Radaelli, Di Pietro fa parte dello stesso Clan». Dopo il prologo c'è la sostanza del racconto: «Di Pietro si presenta al Maggiorelli. Fa presente che l'amico Rea si trova nei guai per debiti di gioco. Occorre che gli amici lo aiutino. Già altri sono intervenuti come D'Adamo e Gorrini. Di Pietro dà al Maggiorelli un biglietto su cui di suo pugno ha scritto una cifra: 1600, un miliardo e seicento milioni. Maggiorelli conserva il biglietto. Rea è già indebitato con il Maggiorelli che tuttavia si impegna ad aiutarlo. Maggiorelli poi afferma che il Di Pietro si recò di persona a San Siro per intervenire sui bookmaker a protezione di Rea». Tocca ora a Fabio Salamone e al suo col lega Silvio Bonfiglio decidere la validità delle ammissioni di Maggiorelli. E tutto va poi inquadrato in una vicenda più complessa - quella che parte da Giancarlo Gorrini della Maa assicurazioni - per cui Di Pietro è sotto inchiesta per concussione. In attesa dell'interrogatorio di Rea, previsto per l'inizio di settimana prossima, ò già stato stabilito quello di Di Pietro. Giorno, ora e luogo sono top-secret. A Brescia si è visto ieri l'avvocato Massimo Dinoia, il difensore dell'ex magistrato. «Sono qui per comperare le sigarette», dice il legale prima di infilarsi nell'ufficio del magistrato. E top-secret, tra veleni, corvi e dossier anonimi sono anche le carte contenute nel fascicolo processuale che vede Di Pietro da una parte e Gorrini dall'altra, indagato a sua volta per falsa testimonianza. Si sa della deposizione (spontanea) di Gorrini davanti all'ispettore De Biase, a Roma. E quella è agli atti. Non si sa dell'in¬ terrogatorio che Gorrini ha già reso a Brescia. Nessuna conferma anche al fatto che ci sia stata un'altra ispezione (segreta) su Di Pietro, voluta dal ministro Biondi. E di cui non si conoscerebbero i dettagli. L'indiscrezione si accompagna ai veleni che piovono anche sulla testa di Fabio Salamone. Passa di bocca in bocca la vecchia storia di suo fratello, il costruttore Filippo Salamone, finito in carcere in Sicilia per una storia di mazzette a politici e uomini d'affari locali. Associazione a delinquere di stampo mafioso, l'accusa. Proprio per questa vicenda Fabio Salamone, allora gip ad Agrigento, chiese il trasferimento, e finì qui a Brescia. Veleni su veleni. Forse inevitabile. Restano i fatti di questa inchiesta sull'ex magistrato più famoso d'Italia i cui contorni sono ancora nebulosi: ria una parte c'è il debito ( 120 milioni) di Di Pietro con i vertici della Maa. E per questo sono in corso gli accertamenti bancari. Poi ci sono le accuse di Gorrini sulle pressioni per «aiutare» Eleuterio Rea. E da ieri anche quelle di Franco Maggiorelli. Fabio Potetti «Quando cominciò Mani pulite i magistrati non hanno più guardato in faccia nessuno» «A Ghitti ho dato del tu anche durante l'interrogatorio e Davigo si è scandalizzato» Nella foto grande, a destra: una sala corse di San Siro A sinistra: Bettino Craxi e Carlo Tognoli, già sindaco di Milano Sotto: Maurizio Prada elemosiniere della de milanese A destra: Antonio Di Pietro Sopra: il suo avvocato Massimo Di Noia Nelle foto qui sotto: il fantino Dettori e Renato Mongini