ALVARO L'amore raggelato di Mirella Appiotti

Segreti e sofferenze dello scrittore nelle lettere inedite alla moglie Laura Segreti e sofferenze dello scrittore nelle lettere inedite alla moglie Laura ALVARO Uamore raggelato s\ IUANDO sono lontano da ! | Roma fai sempre così; le I I poche lettere che mi scriI I vi servono soltanto a inJtJ formarmi che sei viva e V non c'è verso di trovarvi una parola di più... Così in viaggio mi riduco solo e pieno di amarezza»; «Vieni a Parigi. La tua più che stanchezza fisica è forse uno smarrimento dei pensieri». «...Non esagerare col tuo umore malinconico, sai che sono qui a lavorare... questo è tutto il segreto della mia vita». Lei è bellissima, ha due occhi che fulminano, si chiama Laura Babini. Lui è «troppo bruno», ha l'espressione rocciosa da contadino, ma appena comincia a parlare incanta, è Corrado Alvaro. Hanno ventanni quando s'incontrano a Bologna nel '15: il futuro autore di Gente in Aspromonte, primo di sei figli d'un maestro elementare di San Luca, è al Rizzoli dove il celebre Bastianelli tenta di recuperargli l'uso delle braccia ferite sul Carso e ha già nello zaino Poesie in grigioverde che usciranno nel '17. Laura è ragioniera, poi traduttrice: viene da una famiglia emiliana di commercianti di tessuti, secondogenita di una madre, singolare personaggio, che non si è mai sposata. Amore, matrimonio nel '18, un unico figlio, Massimo. E subito, sotto l'apparente chiarezza di un rapporto sostenuto sino alla fine da un affetto rispettoso e sollecito quanto raggelato, si ha la sensazione di entrare nel mistero: una scheggia del «mistero» alvariano tanto discusso, mai svelato, che la vita privata dello scrittore (quel calabrese così europeo, come sempre più sottolineano gli studi sulla sua opera incentivati quest'anno dal centenario della nascita) carica di nuove domande, finendo per far prevalere, di un uomo che per 30 anni è stato testimone e interprete dei travagli e dei mutamenti di un'epoca, un'immagine di grande solitudine. E' quello che, prima di ogni altra cosa, ci dice Cara Laura, 116 lettere, tutte inedite, di Alvaro alla moglie, tra il marzo 1934 e il giugno 1953, appena uscite da Sellerio a cura e con una postfa zione-saggio di Marinella Ma scia Galateria, studiosa con una grande frequentazione non solo del Nostro, ma di quel mondo letterario che dagli anni del '900 europeo di Bontempelli ai '50 ha attraversato la temperie de! fa seismo e della guerra. Un lunghissimo monologo. Una voce che arriva di volta in volta da Varsavia e da Mosca, dai viaggi su e giù per l'Italia, da Parigi come da Stoccolma, tappe dei soggiorni di lavoro che Alva¬ ro compie durante la sua lunga militanza di inviato speciale e di elzevirista, a La Stampa tra il '26 e il '39 e poi dal '48 al '52, al Corriere per periodi più brevi; e, tra una partenza e l'altra, da Santa Liberata, il buen retiro dell'Argentario, amatissimo, così come quello di Vallerano, ai piedi dei Monti Cimini, dove ha voluto essere sepolto. Una voce che dà conto di cose piccole, i materassi comperati a Orbetello, le buone prove di una giovane domestica; di cose straordinarie, il viaggio sul Volga, «questo fiume è un mondo»; di giudizi duri: «Oggi è freddo, è grigio, e viene in mente il tedio dei poeti parigini che hanno fatto la fama di questa città sullo spleen, sull'alcol. Capisco qui come la gente si ubriachi»; di affanni,.oltre che per la salute di Laura, per l'educazione di Massimo che vede crescere da lontano, di cui teme una certa fragilità o distrazione. Una voce che si accende, ma subito delusa, nel secondo dopoguerra, quando a Napoli Alvaro va a dirigere il Risorgimento di Achille Lauro; e che non tace neppure durante il periodo più drammatico della clandestinità, del rifugio a Chieti tra il '43 e il '44 per sfuggire ai tedeschi. Da lì Corrado manda sotto falso nome alla moglie le lettere più importanti nelle quali, come la Galateria sottolinea con grande sensibilità, riguardo da cui lo scrittore non sempre è stato gratificato, «la scrittura epistolare si fa ricerca di un'unione densa di significato, da ricreare faticosamente giorno dopo giorno in quel mistero della convivenza familiare che è a volte distanza e differenza e disperazione, a volte vicinanza e solidarietà e conforto e che nel caso degli Alvaro fu tutte e due sempre contemporaneamente...». Una voce da cui traspaiono le inquietudini dell'intellettuale che «da un orizzonte meridiona¬ le, dalla dimensione di uomo del Sud cerca - come spiega Giulio Ferroni - l'Europa e il mondo ma cerca anche le forme del potere culturale», quindi i suoi rapporti di avversione però anche di non belligeranza in certi periodi con il regime di Mussolini, una sorta di figura emblematica dell'uomo di cultura tra i '30 e i '40 in Italia, «nodi complessi - prosegue Ferroni - nel comportamento degli intellettuali durante il fascismo che non si è ancora riusciti a sciogliere, pieghe talvolta sottili entro le quali sarà necessario addentrarsi per costruire una storia culturale del nostro Paese». Una voce senza risposta. Di Laura Babini esiste un diario, molto «appetito», che forse potrà in futuro essere pubblicato dal momento che l'erede di Alvaro, la signora Lucrezia Francavilla compagna del figlio Massimo scomparso l'anno scorso, sta facendo ordine tra le carte; ma nessuna sua lettera al marito è stata trovata, tutto distrutto forse da lei stessa quando la sua mente era attaccata dall'Alzheimer al punto da farle rinnegare perfino il figlio che adorava. Ciò significa che il silenzio, anche erotico probabilmente, l'immo bilità, la lontananza di Laura da Corrado persino durante le non lunghe permanenze di lui nella loro casa romana («Laura non frequentava nessuno, non anda va neppure da Paola Masino e Massimo Bontempelli, grandi amici da sempre di Corrado» ri corda la Galateria), quella laconicità che Alvaro mostra di ma lissimo sopportare potevano essere i primi segni della malattia devastante? Chissà. Ma parecchie lacera zioni ci sono state, e molto presto, tra gli sposi. Una, gravissi ma, quando di fronte a Massimo bambino, il fratello Guglielmo di Corrado, al quale è dedicato il romanzo Vent'anni, appena ristampato da Giunti nella collana di Siciliano, si suicida buttando si in Tevere perché, si è detto perdutamente innamorato della cognata. Un'altra probabilmente negli anni tra il '28 e il '30 trascorsi da Alvaro a Berlino, anni di grande amicizia con Pirandel 10 e di grande importanza per la sua fisionomia artistica così vividamente raccontati in Quasi una \dta, durante i quali Laura resta a curare il figlio e quella casa tanto «admirablement» tenuta, come ricordavano le amiche parigine di lui che erano state invitate dalla coppia. In quel periodo lei ha le prove o l'orso il timore di un tradimento: può essere gelosa di Mimi Zoff, la traduttrice tedesca che il marito stima molto come risulta dal carteggio con Nino Frank? O più genericamente dell'attenzione che Alvaro dedica alle signore con quel singolare mélange di disinvoltura dell'uomo di mondo e di ancestrale, arcaico maschilismo che sale dalle radici della sua terra? «Certo è che da allora spiega Lucrezia Francavilla Laura non riesce a "perdonare" 11 marito, il suo dolore inespresso appare tanto profondo quanto la disperazione di lui nel non poterla aiutare». Lettere forse di non altissimo livello secondo il giudizio di Walter Pedullà che sta per pubblicare da Bompiani il corposo volume di Scritti dispersi, articoli e interventi tra il '21 e il '56, ma che «nella dolorosa rappresentazione di un fuoco spento, ci confermano la capacità di Alvaro di controllare anche le situazioni più scottanti, di usare il suo "illuminismo"». E non solo. Potrebbero essere lette anche come lo specchio di una situazione «canonica» dell'epoca, tra la borghesia italiana del fascismo, ma non necessariamente solo quella fascista: dove la temperatura coniugale toccava spesso gradi piuttosto tiepidi; dove l'eros, dalle donne, veniva quasi volontariamente esiliato e dagli uomini, talvolta forzatamente, diretto fuori dalle mura. Anche questa è un'indagine che andrebbe fatta. In ogni caso, queste lettere, il cui testo dattiloscritto era già stato preparato, così pare, da Alvaro stesso per venire stampato (mentre gli originali sono venuti fortunosamente alla luce nella biblioteca di Valentino Bompiani durante un lavoro di riordino compiuto da Giuseppe Strazzeri), hanno una doppia «necessità» di essere conosciute. Perché sono un continuo, intenso laboratorio di scrittura e soprattutto perché almeno questo rivelano di Corrado Alvaro, la sua grandezza nel sapersi e volersi assumere la «responsabilità» di due vite, di farsi, per Laura, terapeuta dell'anima: «...bisogna cercare la felicità che è dentro di noi...». Pagando il prezzo più alto. Essere solo. Mirella Appiotti L'ombra di un suicidio: il fratello si gettò nel Tevere per passione della cognata Laura O to Qui accanto, Alvaro con la moglie; a sinistra. Laura col figlio Massimo