La lunga persecuzione dei martiri del pensiero
La lunga persecuzione dei martiri del pensiero La lunga persecuzione dei martiri del pensiero SCRITTORI NEL MIRINO AL caffè Fishawi, nel bazar del Cairo, c'è una saletta foderata di legni intagliati, specchi e tappeti senza più colore. E' la più affascinante del locale, ma resta sempre vuota, e non per il caldo soffocante. Il proprietario del Fishawi la indica con orgoglio, ma avverte che il tavolo è riservato. Qui, fino a nove mesi fa, scriveva, riceveva i giornalisti, pensava e beveva caffè turco Naghib Mahfouz, Nobel della letteratura, lo scrittore che ha raccontato, nel suo «vicolo del mortaio», l'anima dell'islamismo moderno. Negli ultimi anni, la sua gargonnière letteraria era diventata una cella. Gli integralisti l'avevano condannato a morte. Il 14 ottobre scorso, due di loro hanno tentato di eseguire la sentenza. L'hanno accoltellato per strada, al Cairo. Il vecchio Mahfouz si è salvato, i suoi feritori sono stati giustiziati. Ma da quel giorno gli spiriti liberi d'Egitto sanno che sulla loro testa grava una condanna di odio. Salman Rushdie, maledetto, braccato, nascosto, tradito, ora forse perdonato, non è stata l'unica vittima dei killer del pensiero. Anche Taslima Nasreen, scrittrice del Bangladesh, è stata costretta a lasciare il suo Paese per sfuggire alla «fatwa», la sentenza capitale decretata dagli integralisti. Il mese scorso, diecimila ultra hanno percorso le vie di Dhaka, chiedendo la sua testa e bruciando pile del romanzo, «La Vergogna», scritto in difesa di una famiglia hindu perseguitata dai musulmani. L'Occidente ha relegato quasi interamente nei secoli passati la persecuzione delle lettere e delle idee. Il veleno di Socrate, il rogo di Giordano Bruno, la mannaia di Thomas More. Ombre affiorano ora dagli archivi dell'Urss sulla morte di scrittori pericolosi. In Italia si è riaperta la polemica sulla fine di Gentile per mano dei gappisti fiorentini, pochi giorni dopo la fucilazione dei renitenti alla leva al Campo Marzio. Ma i fondamentalisti islamici vedono negli scrittori i messaggeri dell'Occidente e della cultura secolare. E hanno aperto la caccia. Sono una trentina i romanzieri e i giornalisti asassinati, da quando gli integralisti hanno scatenato la guerra civile in Algeria. Altri sono stati feriti o minacciati. Molti ancora sono sulla lista dei condannati. Un anno fa, venti quotidiani di tutto il mondo hanno ricordato gli intellettuali algerini uccisi, pubblicandone alcuni brani. Le loro firme sono lapidi. Laadi Flici. Romanziere. Ammazzato nello studio, con la penna in mano. Djilali Liabes. Sociologo. Con le sue inchieste aveva squarciato il velo del chador, per raccontare come amano le algerine. L'hanno aspettato sotto casa in quattro. Abderrahmane Chergou. Saggista. Sgozzato e lasciato lì a morire dissanguato come un agnello. Abdelkader Alloula. Commediografo, studioso di Goldoni. Tre pallottole nel cranio. Mahfoud Boucebci. Scrittore. Ucciso a coltellate. Come Youcef Sebti. I killer l'hanno sorpreso a letto. Sul comodino aveva le bozze dell'ultimo romanzo, «Les illusions fertiles». Aldo Cazzatilo Il 9 Taslima Nasreen e Naghib Mahfouz
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