Marassi miracolo in 4 boati di Claudio Giacchino

Marassi, miracolo in 4 boati Marassi, miracolo in 4 boati E la gioia zittisce gli insulti a Spinelli GENOVA DAL NOSTRO INVIATO All'inferno e ritorno, accompagnati da quattro boati: ovvero, il Genoa durante la partita, alla fine e quattro minuti dopo la conclusione. Quale psicodramma è andato in scena a Marassi, che catarsi attraverso l'inesorabile susseguirsi di delusione, ira, speranza e gioia la più pazza. Il primo boato non è acceso dagli attacchi del Grifone all'accomodante Toro ma dalla radio che annuncia il vantaggio del Padova sull'Inter. E' un boato di dolore, un ahh! lunghissimo che muore strozzandosi in migliaia di ugole. In tribuna, l'odiato (dai cuori rossoblu) Spinelli scuote il capo, borbotta qualcosa ai fidi attorno, si torce le mani. All'ahh! di dolore segue un silenzio di gelo: rotto qua e là dai fischi e dai lazzi che accompagnano lo stolto agire di Caricola, il veterano che oggi non ne azzecca una che è una e tutto sbaglia. Nell'intervallo, nei distinti viene dispiegato lo striscione «Spinelli, lascia il Genoa» che, appena ricomincia la partita, si tramuta in un gigantesco «Forza Genoa». Da mesi un rito, consumato nell'impassibilità del suo oggetto, cioè il presidente del Grifone. Il quale continua a torturarsi le mani e a ossessionare l'amico vicino con la domanda «Ma che cosa fa l'Inter? Impossibile che perda, non ci credo». Il gol di Skuhravy accende un lampo di gioia collettiva: solo un lampo, che il Padova vincente è l'angoscia del pubblico, tutto, anche della sparuta schiera di tifosi granata che, in ossequio al gemellaggio, intonano il coro «Genoa, Genoa». Al 24' della ripresa, ecco il secondo boato, la radio ha appena urlato «Pari dell'Inter». Rinasce la speranza, soffoca il canto contro Spinelli che da una manciata di minuti ha abbandonato la tribuna per scendere in campo: una delle tante scaramanzie di questo Caudillo del pallone: aveva portato buono una domenica e da allora è rispettata religiosamente. A quanto pare, comunque, anche adesso, un benefico effetto l'ha già prodotto, se non altro l'Inter non è più sotto. Pure ai ciechi è chiaro che il Toro non segnerà mai, quindi l'attenzione generale corre a S. Siro. Il pallone rotola nel disinteresse e nel mutismo popolare, addirittura è percepibile il gracchiare di mille, diecimila radioline. Trentaduesimo minuto: un brusio emozionato serpeggia nella curva Nord, il covo del tifò genoano. In un baleno, il brusio diventa urlo, e l'urlo si volge in un boato: «L'Inter, l'Inter ha segnato». In tribuna Anconetani, il padre-padrone e poi giustiziere del Pisa che da settimane è stato ingaggiato da Spinelli come negromante-portafortuna, schizza dalla sedia, improvvisa una danza, i vicini l'imitano. Pochi secondi e il frastuono ebbro di felicità si spegne, la notizia era falsa, niente gol nerazzurro. Come sia nata e si sia propolata appartiene alla misteriosa capacità che i desideri collettivi hanno di produrre, in condizioni straordinarie di eccitazione, una suggestione. Dall'euforia alla depressione. Anconetani si accascia, coloro che sino a un istante fa l'abbracciavano lo guardano dubbiosi, qualcuno lo sbeffeggia «Bello stregone da strapazzo». Dalle gradinate, ecco di nuovo il coro insultante contro Spinelli. La partita sta finendo, si trascina l'agonia di 20 mila persone. E' finita, i giocatori mestamente imboccano il tunnel per gli spogliatoi, nugoli di agenti in assetto antiguerriglia fanno cordone davanti alla Nord, annichilita. Pochi secondi e focolai di rabbia accendono la curva: il fuocherello comincia a propagarsi, dalle urla ai primi lanci d'oggetti in campo, fa capolino l'incubo di disordini, magari gravi. Un boato, il quarto, squarcia l'aria, «Gol dell'Inter». Dai preparativi di guerriglia alla festa popolare, condivisa dai torinisti. Dal tunnel schizza sul prato un giocatore in canottiera, la maglia rossoblu sventolata in pugno. E' capitan Signorini, corre sotto la Nord, piange di gioia e fa piangere migliaia di occhi. Nel ventre di Marassi è bolgia: abbracci, lacrime, il trippone di Anconetani ballonzola di nuovo mentre il suo padrone uggiola: «Visto che la fortuna è con me? Vinceremo lo spareggio». I visi e le parole del vecchio Grifone sono quelli di chi è precipitato in un abisso e si ritrova vivo e vegeto, senza una scalfittura. Il condottiero Maselli: «Ormai eravamo negli spogliatoi, uno ha gridato Inter, mi sono seduto, le gambe non mi reggevano. Di sicuro, ho il cuore forte, oggi ho scoperto che non morirò d infarto». E Signorini: «Sapere che il Padova vinceva è stato un massacro e ci ha fatto giocare da cani... ehi, gente, abbiamo assistito a un miracolo». Claudio Giacchino

Persone citate: Caricola, Grifone, Maselli, Signorini, Skuhravy