Orlando: recito per discutere

Sulle piste da ballo arrivano anche i canti dei pellirosse Parla l'attore di «La scuola», premio David come miglior film Orlando: recito per discutere «E ora sarò un giornalista delpds» ROMA. Anche se al suo fianco c'erano Anna Galiena e Fabrizio Bentivoglio è lui, è Silvio Orlando il vero protagonista di «La scuola» di Daniele Luchetti, vincitore del David come «miglior film italiano» di quest'anno. Alla sua faccia paciosa, al suo corpo cicciotto ma soprattutto al suo sguardo bello e profondo che sa illuminarsi di timide emozioni, Luchetti ha infatti affidato la parte del professore buono, quello che vorrebbe salvare l'alunno Cardini capace solo di far la mosca, quello che si sforza di far entrare nelle teste degli studenti correlazioni complesso come il rapporto tra il re Sole e la rivoluzione copernicana, quello che si strugge di gelosia per la seducente professore Maiello e non s'accorge d'esser proprio lui l'oggetto del misterioso desiderio. Napoletano di nascita ma milanese di adozione, attore per vocazione politica nelle cantine degli Anni Settanta, protagonista di quattro o cinque titoli che hanno segnato la rinascita del cinema italiano da «Il portaborse» di Luchetti a «Sud» di Salvatores, passando per «Palombella rossa» di Nanni Moretti e «Un'altra vita» di Carlo Mazzacurati, Silvio Orlando vive anche questo premio con prudente realismo. «Cosa cambia vincere il David? In una carriera niente. I film buoni si fanno o non si fanno per altre ragioni. E' scientificamente dimostrato. Mi fa piacere. Soprattutto per la famiglia». Ma se i premi non contano, per far carriera cosa serve? «Forse servono di più i dieci miliardi incassati dal film e il successo della gente che s'è divertita ad andarlo a vedere. Certo, stavolta critica e pubblico si sono trovati d'accordo. E questo mi fa ancora più contento perché non capita mai: i film italiani infatti o fanno soldi o hanno premi». Nessuna offerta nuova grazie al successo di «La scuola»? «Ma no. Lavoro ne ho. A settembre comincio il nuovo film di Paolo Virzi "Commedia sul mare", ma è solo perché abbiamo passato una vacanza insieme a Ginostra l'estate scorsa». Farà di nuovo un professore? «No. E poi mica ho fatto solo l'insegnante, io. Stavolta sono un giornalista in ferie a Ventotene. Ci saranno due gruppi a confronto: quelli dell'ex maggioranza diventata oggi minoranza, e quelli dell'ex minoranza che sembrano la maggioranza». Naturalmente lei sarà tra i pidiessini ... «Si, ma poi la faccenda si complica, anche perché non è un western con i buoni da una parte e i cattivi dall'altra». E' vero che «La scuola» rappresenta per lei un film speciale? «Verissimo. L'idea di convincere Domenico Starnone ad adattare i suoi racconti per uno spettacolo teatrale è stata mia. Ed è un fatto singolare perché per pigrizia tendo alla passività e non riesco mai a fare due cose insieme. Questa idea, invece, m'è venuta proprio mentre giravo "Il portaborse" e per la testa tenevo già un'altra cosa cui pensare». Crede che succederà di nuovo? «E chi lo sa? Certo per un attore essere coinvolto in una operazione fin dall'inizio è molto meglio». Un film come «La scuola» potrebbe servire anche alla nostra classe politica per riflettere sulle condizioni dell'insegnamento in Italia? «Un film, anche i più importanti, può solo far discutere la gente ma non cambia il corso della storia. E neanche quello della cronaca. Perfino "Il portaborse", che pure fece tanto scalpore, senza Di Pietro e i giudici di Mani Pulite sarebbe rimasto lettera morta». Che effetto le fa dopo questo film essere considerato dalle ragazze uno di cui innamorarsi perché fa tenerezza? «E' segno della crisi del cinema italiano. Ma no, scherzo. E' merito dei personaggi che ho portato sullo schermo e del sentimento che sono riuscito a metterci dentro. Nella vita, purtroppo, non sono circondato da nugoli di ragazze pazze d'amore per me». Simonetta Rcbiony Silvio Orlando in una scena di «La scuola» di Luchetti Premio David di Donatello come «miglior film» e un incasso di IO miliardi

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