Venezia la luce e i Lumi

Tornano a Ca' Rezzonico i capolavori del Settecento Tornano a Ca' Rezzonico i capolavori del Settecento Venezia, la luce e i Lumi Quel secolo tra Tiepolo e Canaletto LVENEZIA " ABBINAMENTO fra la riapertura dopo lunghi restauri di Ca' Rezzonico, da sessantanni sede del Museo del Settecento Veneziano, e l'approdo finale, con varianti e fino al 30 luglio, degli Splendori del Settecento Veneziano, dopo Londra e Washington, era cosa ovvia e naturale. Ma mi sembra anche comprendere in sé significati più sottili e ambigui, forse più attuali, sotto gli ostentati splendori che hanno fatto rientrare dopo secoli, in quella formidabile fabbrica-mercato europea di pittura che fu Venezia nel '700, capolavori dalle ville inglesi e da Pommersfelden, dalla National Gallery di Washington, dal Louvre e dal Metropolitan di New York, da Melbourne e da Cambridge, da Malibu e da Cleveland, da Chicago e da Montreal, daU'Ermitage di Pietroburgo e da Potsdam. Aggirandosi nella sala tematica (come tutte le altre, con ottimi risultati di chiarezza e di possibilità di confronti) dedicata a Giambattista Tiepolo, sotto la freschezza «corsiva» del soffitto dorato e celeste affrescato in dodici giorni per le nozze di Ludovico Rezzonico e Faustina Savorgnan, riesce pur sempre difficile dimenticare la condanna addirittura brutale di Longhi sulla vuotezza innanzitutto umana del pittore. Nel Ratto d'Europa, i giovanili amori piazzetteschi del Tiepolo per le brune ombre bruciate che corrodono il gelo argenteo delle tuniche bianche immergono la mole di Giove in incongrue, tempestose cupezze atmosferiche, mentre al culmine della composizione un putto investito di luce orina sulla sottostante congrega idillica, fra lo starnazzare scandalizzalo dell'aquila di Giove. In una nicchia della sala Apelle che ritrae Campaspe alla presenza di Alessandro Magno da Montreal, splendente di lumi e colori liquidi con grandi aperture verso il '700 di Francia, è un pretesto per rappresentare se stesso trentenne - un Fragonard in anticipo - mentre ritrae la bella moglie Cecilia Guardi, moderatamente discinta. L'intero mondo, il sacro e il mitologico, la natura e la storia (e la storia della pittura, rivisitata), tutto è pretesto di pittura, e solo pittura. Sostanza e significato si annullano a favore della fonila: spettacolo colorato senza fine né limiti, gran teatro di costumi di scena e di carni profumate, al quale solo agli inizi sono concessi da Sebastiano Ricci il nerbo drammatico del grande barocco bolognese e romano e dal Piazzetta il denso calore di ombre e luci popolane discendente da Giuseppe Maria Crespi. Poi, alla fine del secolo, compare l'asciutta cronaca disvelatrice, l'inaridirsi programmatico in veli grigi delle leggerezze paterne in quel gran pittore «illuminato» che fu il figlio di Giambattista, Giandomenico Tiepolo. Si comprende meglio allora perché Cacciari, introducendo come sindaco il monumentale catalogo Electa, scriva di una gloria del '700 veneziano «paradossale, inquietante», di un senso di nostalgia e persino di angoscia di fronte allo scorrere irreversibile del tempo (emerge anche il nome del giovane Goya). Probabilmente egli pensava ad un nome che non figura né nelle pagine né nella bibliografia del catalogo, per presumibile eccesso di specialismo: quello di Starobinsky. Onesti pone all'esordio del suo 1789.1 sogni e gli incubi della ragione proprio la lucidità di Tiepolo figlio, pittore senza illusioni, veritiero, concreto (la concretezza di Hogarth) di una Venezia in maschera che guarda il ciarlatano su una piazza che attende l'albero dulia Libertà, il quale fa incombere la grande massa scura in controluce del suo Burchiello, democratico carrozzone acquatico, su una di quelle gondole che nei quadri del Guardi sfarfalleggiano in punta di pennello intorno al Bucintoro rosso e oro. Passando da Ca' Rezzonico all'Accademia, che ospita il fascino più profondo e sottile (e più sottilmente negromantico) della sezione dei disegni, il discoreo di Giandomenico si fa ancora più secco e inquietante, con le sue calli e canali e bettole invasi dalle gobbe napoletane dei Pulcinella, disgraziate e forse giacobine. La sezione ospita la mirabile contraddizione che fa convivere e fondere l'aerea leggerezza pittorica, con i suoi lumi colorali e rococò, e una nettezza e densità grafica che ronde Piazzetta e Tiepolo, Canaletto, Bellotto e Guardi gli unici in Europa in grado di tener testa alla sublimità grafica di Watteau e di Fragonard. Il saccheggio alla rovescia di musei maggiori e minori di tutto il mondo, che ha riportato a Venezia l'ultima scuola italiana che ha insegnato, decorato, venduto in serie pittura a tutta Europa, permette anche di riscoprire impensati parallelismi con le dissipazioni e le vanità artistiche della nostra (ine secolo, con la pittura ludica e «leggera» amata da Barilli o con le rivisitazioni anacronistiche. Le grazie della maturità di Se¬ bastiano Ricci, le sofisticate eleganze femminee di Pellegrini, di Amigoni, di Pittoni, che inaugurano in fonne mitologiche le danze pittoriche delle prime due sale - e il bozzetto di Pellegrini per la Santo Cecilia dipinta nel 1717 per una chiesa di Hannover è un precocissimo aerini vertice di rococò - aprono la strada all'erotismo di corte di Boucher ma nel contempo riscrivono coscientemente il copione prezioso e sofisticato del '500 manieristico, da Correggio e Parmigianino fino ai maestri internazionali di Fontainebleau e di Praga. D'altro lato, questa concentrazione pittorica impone rimeditati confronti: l'eccellenza del Piazzetta, che spazia dai pensieri su Rembrandt ai preannunci eh Goya nell'impareggiabile Indovina, le variabili qualità del Canaletto, dalla luminosa calda sintesi di gioielli vedutistiei, Murano, Dolo, Warwick Castle, alla grandiosa ma faticata routine doliti due opposte Vedute del Molo di San Marco presumibilmente esposte a gratificazione dell'acquisto a peso d'oro da parte del Comuni! di Milano dall'illustre dinastia «liberal» Albertini-Carandini, a paragone con la costante nitidissima luce, altrettanto fisica quanto mentale, del nipote Bellotto, che svaria dai cieli sull'Adda e sul Po di Torino a quelli su Dresda e su Vienna. Marco Rosei // sacro e il mito, la natura e la storia per mettere in scena un teatro di sogni L'ultima scuola italiana che ha insegnato pittura a tutta Europa G. B. Piazzetta, «L'angelo custode con i santi Antonio e Gaetano»