lo, nel lager dell'automobilista di Vittorio Zucconi
lo, nel lager dell'automobilista «Arrestato perché con la mia Ferrari viaggiavo a 137 chilometri all'ora» lo, nel lager dell'automobilista Così la Virginia rieduca chi corre troppo c ON la cadenza sciropposa del Sud, genere «Calde notti del- fl'ispettore |pL Tibbs», il legale, jTT|| previo pagamenti l| to di parcella da ■ 300 dollari, mez¬ zo milione di lire, ha patteggiato con il giudice la mia pena. Sono incensurato, è il mio primo delitto, ma il mio - mi aveva spiegato il difensore con voce grave - «è un caso difficilissimo, a causa della macchina che possiede, una Ferrari». Ma io sono di Modena, avevo tentato di spiegare, per noi modenesi la Ferrari è come il cotechino, solo un po' più costosa, insomma un prodotto nostrano, innocente e poi 137 chilometri l'ora in quella macchina sono come 60 in una Chevrolet... «Lo vede che non è pentito affatto?». Un giorno nel Gulag dell'automobilista. Soltanto se il commissario politico nominato dal tribunale mi giudicherà pentito, potrò tornare al volante dei mio cotechino a 8 cilindri. Arrivo nel mio campo di rieducazione alle 8 di sabato. Precise. Ogni ritardo sarebbe considerato segno di resistenza trotzkysta allo stalinismo autostradale americano. E'una palazzina di mattoni rossi, senza insegne, una chiesina sconsacrata. Il mio Rieducatore si chiama Barry. Mi accompagna nella «cella» dove sarò rieducato. Non sono solo. Altri 25 arrestati, la feccia delle autostrade, sono già seduti ai loro banchetti. Non ci salutiamo. Tutti hanno gli occhi bassi. «Alzatevi a turno e dichiarate il vostro reato» intima Barry, il Poi Pot dell'automobilista. Si alza Rosa, una ragazza italoamericana che gestisce una pizzeria qui a Pietroburgo e confessa a voce alta come si fa nelle terapie di gruppo per alcolisti: mi chiamo Rosa e mi hanno arrestata mentre andavo a 81 miglia all'ora, 129 chilometri. Sono una conducente volontaria di ambulanze e ho preso la brutta abitudine di correre. Si alza un omone rossiccio, salve, mi chiamo Jack e faccio il camionista. Ho bruciato tre Stop in un mese, corro perché ho quattro figli da mantenere. Tocca a me. Non ho scuse. Tento di buttarla sul culturale. «Stavo andando a fare una lezione all'università di Wake Forest, nella Carolina del Nord ed ero in ritardo, non volevo fare aspettare i ragazzi...», ed è vero. «Bravo, e che cosa insegni ai giovani, a correre come un matto?». Ma non c'era nessuno sulla strada... «Tu non sei pentito, siediti». Dalle finestre del Gulag vedo la mia arma del delitto parcheggiata nel cortile. L'avevo portata con me per provocare, come si porterebbe un'annata di «Pen- thouse» in un seminario diocesano, ma ora mi sembra cosi fragile, così persa. Quanti quintali di cotechini mi daranno, se la vendo? La pena dura 10 ore, dalle 8 del mattino alla 18 di sera. Dopo la confessione pubblica, parte la tortura. Scorrono sullo schermo i temuti filmini e i tremendi sussidi audiovisivi. «Nel primo modulo....» li chiama proprio così, Poi Pot, non filmini, non videocassette, ma «moduli», nel primo modulo vedremo i 10 errori più comuni commessi da voi criminali del pistone, imprudenza, velocità, mancanza di concentrazione, stanchezza fisica, alcol... no, guardi, io non bevo mai... zitto o ti faccio fare due giorni di rieducazione. Appare la diapositiva di un anziano signore al volante, vestito con una disgustosa camicia a fiori hawayana. «Tu, che cosa fa di sbagliato quel conducente?». Compra camicie che fanno schifo, rispondo. Rido soltanto io, Franti. Gli altri rieducandi, vigliacchi come tutti i prigionieri, niente. La risposta corretta era: tiene il poggiatesta troppo basso. In realtà, lo sapevo benissimo dove deve stare il poggiatesta, così come so perfettamente che hanno ragione lui, il giudice della contea di Brunswick, il mio avvocato, il poliziotto che mi ha arrestato, io stesso quando predico ai miei figli di andare piano. La velocità uccide, la strada è pericolosa, 50 mila persone perdono la vita ogni anno sulle strade americane, quante ne morirono in 10 anni di Vietnam. Sarà la stanchezza, sarà il tor¬ mento dei filmini, sarà il gemito monotono del condizionatore d'aria che lotta contro il caldo del Sud, ma anche la mia resistenza al socialismo automobilistico crolla. Da Franti, l'infame che rideva, divengo improvvisamente Derossi, l'odioso secchione. Qual è la procedura corretta per cambiare corsia, chiede il rieducatore a un postino in divisa che russava sereno nella penombra. Non la conosce. Io, io, signor maestro. «Primo: occhiata al retrovisore. Secondo, segnalatore ottico. Terzo: sguardo sopra la spalla sinistra». Bravo. Manca soltanto l'esame finale per avere il «certificato di riabilitazione». Il rieducatore ci distribuisce i formulari con le 20 domande. Rosa la pizzaiola diligente consegna per prima. Brava, va e non peccare più con l'acceleratore. Il postino nero ha fatto un disastro, ma almeno ha un'aria riposata, avendo dormito tutto il giorno. Dova tornare sabato prossimo. Consegno anch'io, ansioso. Infatti Poi Pot mi richiama in cella. Da solo. Tiene in mano il mio compito. Ho sbagliato una risposta. Mi guarda con gli occhi crudeli. «Quella Ferrari là fuori ò tua, vero?». Vero. Scatta in piedi. «Mi ci fai fare un giro sopra?». Lo so, avrei dovuto rispondergli no, crepa, vaffan tu e tutto questo ridicolo Kgb autostradale che non insegna agli americani a guidare ma si fissa soltanto sul tabù del tachimetro, che mette automobili enormi in mano a bambini di 16 anni, che permette la libera vendita di fucili mitragliatori ma poi considera un criminale chi guida a 137 chilometri all'ora (e 600 metri) su un'autostrada. E invece gli ho detto dai, vieni, andiamo. L'ho portato a fare un giro dell'isolato, in Ferrari. Se ne ricorderà tutta la vita, di questo giorno a Pietroburgo, Virginia. E anch'io. Si è fatta sotto una Hyundai coreana e io l'ho lasciata passare, felice. Vittorio Zucconi «Con altri venticinque reprobi devo 1 dimostrare al feroce funzionario di essermi pentito del mio crimine» 1 Il traffico intenso in un'autostrada americana e nella seconda foto, in sella ad una motocicletta, un agente della polizia
Persone citate: Brava, Derossi, Dova, Franti, Tibbs
Luoghi citati: Modena, Pietroburgo, Vietnam, Virginia
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