E' subito finito il disgelo dei serbi

7 Cinque vittime (due bambini) nella capitale bosniaca, Mladic: voglio garanzie sui raid E' subito finito il disgelo dei serbi Bombe e morti a Sarajevo, bloccato il rilascio di ostaggi ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO I serbi hanno ripreso a bombardare Sarajevo. Cinque persone, tra cui due bambini, hanno perso la vita sotto il fuoco dell'artiglieria pesante di Karadzic che dall'alba di ieri martella la città. Altri sette civili sono rimasti feriti. Tutti i quartieri occidentali della capitale bosniaca sono sotto il tiro dei cannoni serbi che hanno cominciato a colpire la parte nuova di Sarajevo, Alipasino Polje e Hrasnica. I principali incroci della città sono esposti al fuoco dei cecchini serbi che sparano dal monte Trebevic e dal quartiere di Grbavica. «A Sarajevo la disperazione cresce. Mancano acqua, elettricità, gas. Si ricomincia a patire la fame. Nessuno ci ha aiutato. Nessuno ci aiuterà. Tutto il mondo ha fallito in Bosnia». Le parole di accusa sono state pronunciate da monsignor Pero Sudar, vescovo ausiliario di Sarajevo, durante la cerimonia delle Cresime. Con la crisi degli ostaggi dell'Orni la situazione nella capitale bosniaca è infatti ritornata drammatica. I miliziani di Karadzic hanno tagliato i rifornimenti di luce e di gas, di conseguenza manca anche l'acqua perché senza elettricità non funzionano le principali pompe idrauliche. Più grave che mai è la situazione col cibo. Non ci sono più scorte nei depositi dell'Alto Commissariato per i profughi. Per mancanza di farina è stata sospesa la produzione di pane. «Nei nostri magazzini all'aeroporto di Sarajevo abbiamo scorte di farina sufficienti per altri dieci giorni, ma non possiamo trasportarli in città perché la strada che collega lo scalo di Butmir con Sarajevo è stata minata dai serbi», ha spiegato Chris Janowski, portavoce dell'Alto Commissariato per i profughi. «La sopravvivenza degli abitanti di Sarajevo in questo momento dipende dalle riserve di alimentari che avevano in casa». Continua intanto il dramma dei 257 Caschi blu tuttora ostaggi dei miliziani di Karadzic. Il comandante in campo delle forze serbo-bosniache, il generale Mladic, ha ribadito ieri che non verrà più rilasciato un solo soldato dell'Onu prima che ai serbi vengano date garanzie precise che non ci saranno nuovi bombardamenti della Nato contro le postazioni. Il generale Mladic ha parlato al telefono con il comando dell'Unprofor a Sarajevo. Per quan|o riguarda il pilota del caccia americano FI6 abbattuto venerdì nella regione di Banja Luka Mladic ha riaffermato di non aver nessuna notizia sulla sua sorte. La portavoce dell'Unprofor, colonnello Myriam Sochatsky, ha dichiarato che altri tre Caschi blu canadesi sono stati fatti prigionieri in una stazione di polizia a Ilijas, ventiquattro chilometri a Nord di Sarajevo. Le battaglie si stanno rafforzando su vari fronti della Bosnia. A Nord del Paese gli uomini di Karadzic attaccano da un mese oramai la sacca di Orasje, controllata dai croati bosniaci. Il loro intento è quello di allargare il corridoio che collega la Serbia con i territori occupati dai serbi in Bosnia e in Croazia. Ma non ci sono stati spostamenti della linea del fronte. Nelle enclavi musulmane di Gorazde e di Srebrenica, in Bosnia orientale, la situazione rimane tesa ma a detta dei Caschi blu stazionati nelle due città ieri non ci sono stati nuovi scontri. Si combatte invece sul fronte di Livno, nella zona centrooccidentale del Paese. Le forze croate bosniache che stanno avanzando in direzione della strada Glamoc Grahovo hanno costretto i miliziani serbi alla ritirata. Per tutta risposta all'alba di ieri i serbi hanno cominciato a bombardare Livno. Il nuovo ministro degli Esteri bosniaco Mohamed Sacirbej ha chiesto ancora una volta che venga tolto l'embargo sulle armi al governo bosniaco. «I bosniaci non desiderano che gli americani vengano a combattere per loro. Ma date ai nostri uomini e alle nostre donne pieni di coraggio la possibilità di combattere da soli per difendere il loro Paese e il loro popolo», ha detto Sacirbej. la situazione è tesa anche a Belgrado dove il leader ultranazionalista Vojislav Seselj è stato arrestato sabato al termine di una manifestazione nella città di Gnjilane e condannato a venti giorni di carcere per turbamento dell'ordine pubblico. Seselj, un tempo alleato del presidente serbo, si è trasformato nel suo critico più duro, affermando che Belgrado ha tradito i fratelli serbi di Bosnia e Croazia. Nel marzo dello scorso anno, Seselj aveva minacciato bombardamenti contro le città italiane della costa adriatica se la Nato avesse colpito i serbo-bosniaci. IL GRIDO DEL CARDINALI U Aiutateci, aiutateci prima che sia troppo tardi. Mi appello alla vostra coscienza e al comune futuro j j Parlo a nome delle migliaia di profughi ed esuli, delle famiglie smembrate, di quanti piangono i loro cari, delle vittime innocenti, dei bambini rimasti senza infanzia e senza futuro Da questa Sarajevo, città martire, mi rivolgo ai potenti del mondo affinché si impegnino in maniera più efficace per porre fine alla guerra y g acqua perché senza elettricità non funzionano le principali pompe idrauliche. Più grave che mai è la situazione col cibo. Nato avesse colpito i serbo-bosniaci. ff p pfine alla guerra y g