Clinton: come non detto

Clinton: come non detto Clinton: come non detto «Truppe solo in situazioni disperate» IL RIFIUTO DEL CONGRESSO WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Marcia indietro. Bill Clinton ha sorpreso di nuovo tutti ridefinendo ieri per la terza volta in quattro giorni i limiti di un eventuale - a questo punto eventualissimo - impiego di truppe americane di terra in Bosnia. Al di là delle circostanze tradizionalmente previste (difendere un serio accordo di pace o coprire un ritiro del contingente Onu), i soldati americani metteranno piede in Bosnia solo nel caso, definito da Clinton «estremamente improbabile», che sia necessario «lo sgombero d'emergenza» di qualche reparto di Caschi blu bloccato in una posizione disperata. «E' altamente improbabile - ha ripetuto il Presidente - che ci venga chiesto di fare questo». Sarebbe comunque «una limitata e breve operazione», che il Congresso dovrebbe prima autorizzare. La Casa Bianca non ha tentato di nasconderò che il passo indietro di Clinton era la realistica presa d'atto dell'ostilità con cui la larghissima maggioranza del Congresso, repubblicani e democratici insieme, aveva accolto l'annuncio da lui fatto quattro giorni prima. Mercoledì scorso, durante un viaggio, elettorale nel West che gli aveva consentito, tra l'altro, di farsi fotografare su un cavallo bianco con lo Stetson in testa e gli stivali texani a punta, Clinton aveva pronunciato un discorso all'Accademia dell'Air Force di Colorado Spring. «Io credo che abbiamo obblighi verso i nostri alleati della Nato e non possiamo lasciarli nei guai - aveva detto il Presidente -. Pertanto sto attentamente prendendo in considerazione ogni richiesta che riguardi l'uso delle nostre forze di terra». Era l'annuncio di una svolta di fondo nella politica americana, che il Pentagono si incaricava di precisare: truppe americane avrebbero potuto essere impiegate per aiutare non solo il ritiro, ma anche il riposizionamento dell'Unprofor, sollecitato in quelle ore dal Segretario generale dell'Onu; inoltre, reparti specializzati avrebbero potuto partecipare a missioni di reazione rapida, se giudicate necessarie. La reazione del Congresso è stata più dura del previsto. Il capogruppo repubblicano Robert Dole ha parlato di «truppe mandate a sostegno di una politica fallimentare». I democratici di punta sulle questioni di politica estera, come Lee Hamilton e Claiborne Peli, hanno aggiunto la loro opposizione. Era chiaro che il Congresso non avrebbe autorizzato nulla di più di quanto finora previsto: truppe di terra solo in caso di pace o in caso di ritiro dell'Onu. Il giorno dopo Clinton, con una dichiarazione, ha fatto una prima ritirata, definendosi semplicemente «incline» a considerare l'invio di truppe di terra. Venerdì, quando si è saputo che un pilota americano era stato ucciso o fatto prigioniero dai serbi, Clinton ha compiuto un estremo tentativo di salvare la sua posizione, sottolineando «l'obbligo morale» di aiutare gli alleati. Ma l'abbattimento dell'F-16 ha avuto sul Congresso un effetto opposto a quello che Clinton sperava. Invece che suggerire un fiera risposta, ha ricordato quanto pericoloso possa essere venir risucchiati in Bosnia. Così, parlando ieri alla radio come tutti i sabati, Clinton ha detto: «C'è la remota, altamente improbabile possibilità che Gran Bretagna, Francia, o altri, con la loro considerevole forza e esperienza, si trovino in difficoltà e non possano venir via da una posizione. E' stato chiesto se, in quel caso, li aiuteremmo a ritirarsi, come estrema soluzione. Io ho deciso che, se un reparto delle Nazioni Unite avesse bisogno di uno sgombero d'emergenza, noi lo aiuteremmo, previa consultazione con il Congresso. Si tratterebbe di un'operazione breve e limitata. E nessuno ci ha chiesto di farlo. Io credo sia molto improbabile ci venga chiesto, ma credo anche che coloro che si sono esposti al rischio abbiano il diritto di sapere che gli Stati Uniti sono con loro, se hanno bisogno di aiuto per mettersi al sicuro». Paolo Passarmi

Luoghi citati: Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Washington