«Il vero ppi è quello di Buttiglione» di R. I.

I giudici: il consiglio nazionale non può sfiduciare un segretario eletto dal congresso I giudici: il consiglio nazionale non può sfiduciare un segretario eletto dal congresso «Il vero ppi è quello di Bottiglione» 77 tribunale respinge il ricorso di Bianco ROMA. Buttigliene ha ragione, Bianco ha torto. La guerra interna al partito popolare per il possesso del simbolo e del nome stesso del partito si è conclusa più o meno così, con una sentenza del tribunale civile di Roma che respinge il ricorso di Gerardo Bianco. I 114 «ribelli» di Bianco, che la direzione fedele a Buttiglione aveva sospeso il 17 marzo scorso, non hanno mai riconosciuto la leadership del filosofo. Per questo, falliti tutti i tentativi di mediazione davanti al giudice, avevano chiesto alla magistratura che a Buttiglione fosse «inibito l'esercizio dei poteri che lo statuto del partito riserva al segretario nazionale, nonché l'uso del titolo corrispondente nelle comunicazioni, dichiarazioni e interviste al¬ la stampa e ai mezzi radiotelevisivi». Il ruolo di segretario, e l'uso del simbolo con lo scudo crociato, sarebbe spettato soltanto a Gerardo Bianco ed ai suoi, che avevano «esautorato» Buttiglione nel corso del Consiglio nazionale del 25 marzo. Ieri mattina è arrivato il «no» del giudice Paolo Giuliani, che ha respinto pure la seconda parte dell'istanza di Bianco, quella con la quale l'«antipapa» del ppi aveva chiesto che Alessando Duce fosse destituito dall'incarico di tesoriere del partito, e sostituito da Pierluigi Castellani, anche lui nominato dal Consiglio del 25 marzo. Giuliani, con una motivazione lunga una ventina di pagine, ha riconosciuto che il Consiglio nazionale con cui Bianco aveva destituito Buttiglione era stato convocato legittimamente, ma ha negato che il Consiglio potesse «licenziare» un segretario eletto dal Congresso. «Risulta del tutto irrilevante - scrive il giudice - il fatto che l'attività politica svolta dallo stesso Buttiglione, nonostante la sfiducia del Consiglio nazionale, costituisca violazione del mandato politico e attentato alla vita democratica del partito e dei suoi organi statutari, impedendo di fatto l'esplicazione della sua funzione politico-democratica e mostrandosi così in netto contrasto e del tutto incompatibile con il suo ufficio». In sostanza, il magistrato ritiene che Buttiglione «non potesse per ciò stesso essere dichiarato decaduto dal Consiglio nazionale». In particolare poiché tanto nel diritto privato quanto in quello pubblico vige il principio base secondo cui «il potere di revoca non può che competere allo stesso soggetto o allo stesso organo che ha posto in essere l'atto, essendo stata l'elezione del segretario Buttiglione rimessa statutariamente al Congresso nazionale, la relativa potestà di revoca deve spettare esclusivamente al medesimo Congresso nazionale». E dal momento che lo statuto non dispone nulla in materia di revoca del segretario nazionale, il giudice rileva di non poter riconoscere il relativo potere «a un organo del partito (Consiglio nazionale) diverso da quello statutariamente competente per la nomina (Congresso nazionale) e a quest'ultimo certamente non sovraordinato». Per questa ragione e presa in esame la normativa statutaria, Giuliani ha ritenuto «illegittime» le decisioni del Consiglio nazionale del 25 marzo relativi alla nomina di Bianco a segretario. Per lo stesso motivo, il giudice ha respinto anche la contestazione sull'operato di Duce alla tesoreria. Secondo Bianco e i suoi 114, infatti, il tesoriere avrebbe agito «in pedissequo esclusivo ossequio alle direttive dell'onorevole Buttiglione, essendosi schierato platealmente a fianco del segretario fautore di una linea incompatibile». Riconosciuta la legittimità della posizione di Buttiglione, infatti, Giuliani non ha potuto che ritenere legittimi anche gli atti di un tesoriere «coerente» con un segretario in carica. [r. i.]

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