Madre e figlio puniti dai boss di Giovanni Bianconi

Madre e figlio puniti dai boss Roma: il bambino è gravissimo. La donna testimoniò in tribunale contro le cosche calabresi Madre e figlio puniti dai boss Feriti per vendicare la denuncia ROMA. Quattro colpi di pistola, calibro 7,65, arrivati dal buio. «Quando ho sentito le esplosioni ho pensato al motore della macchina, poi ho sentito il dolore, ho visto il sangue e mi sono messa a urlare», racconta al giudice la vittima designata. Poco prima della mezzanotte di giovedì, per Giovanna Zaccone è tornato l'incubo dal quale pensava di essere sfuggita per sempre, da quando lasciò la Calabria. Per lei e per Pierpaolo, il suo bambino di otto anni, due schegge di pallottole in testa, i medici del «Gemelli» che prima hanno temuto il peggio e poi hanno ricominciato a sperare. Soprattutto dopo l'intervento chirurgico. Giovanna invece - 32 anni, «testimone di 'ndrangheta» protetta dallo Stato - se l'è cavata con una pallottola che ha sfiorato il polmone. Parla, Giovanna Zaccone, anche se a fatica, e ieri mattina è stata interrogata dal giudice Andrea De Gasperis, sostituto procuratore della direzione antimafia. Sì, perché la prima pista per questo omicidio fallito è proprio quella della mafia calabrese, la 'ndrangheta di Reggio contro cui la donna aveva testimoniato cinque anni fa, che per vendicarsi sarebbe arrivata fino a questo residence borghese a Nord di Roma, sulla via Cassia. Ma in assenza di riscontri e indizi certi non vengono escluse altre ipotesi, legate alla vita privata della vittima oppure alla sua «colpa» di aver abbandonato la famiglia e sottratto il bambino al padre. Giovanna Zaccone, originaria del quartiere Archi di Reggio Calabria, fu la donna di Bruno Trapani, considerato uno dei killer delle cosche Imerti-Condello-Serraino contrapposte, nella guerra reggina degli Anni Ottanta, a quelle dei De Stefano-Libri. Da Trapani ebbe Pierpaolo, ma si stancò presto della vita che l'uomo le faceva fare, e per abbandonarla ed evitare che il bambino stesse vicino al padre decise di testimoniare sulle malefatte del fidanzato, collaborando con la giustizia. Al processo Trapani, tuttora detenuto, fu condannato a nove anni di carcere. Per Giovanna cominciò la nuova vita lontano da Reggio, approdata da circa un anno alla residenza «Gli Olmi», via Giuseppe Siila 21, quattro eleganti palazzine a schiera protette da un cancello automatico, con una discreta sorveglianza da parte dei carabinieri di zona, l'affitto pagato, un modesto contributo mensile e un nome di copertura garantiti dal ministero dell'Interno. Giovedì sera, intorno alle 23,30, dopo aver festeggiato in pizzeria la fine dell'anno scolastico con le famiglie dei compagni di Pierpaolo, Giovanna e il suo bambino stavano attraversando proprio quel cancello marrone, a bordo della loro Fiat Uno. All'improvviso, nella strada buia e semideserta sbuca un uomo che quasi appoggia la pistola al lunotto posteriore dell'auto e fa fuoco. Un testimone lo vedrà fuggire a bordo di una macchina guidata da un complice. Quattro colpi, uno raggiunge Giovanna, due Pierpaolo, la donna grida aiuto, le finestre intorno si illuminano e si affacciano i vicini, pochi minuti ed ecco le prime «pantere» della polizia. A terra i quattro bossoli 7,65. Giovanna e Pierpaolo non sono morti, si parla subito di un agguato fallito, se il sicario fosse stato un professionista avrebbe avuto tempo e modo di dare i colpi di grazia. E' proprio questo che fa sorgere dei dubbi sulla pista mafiosa, ma non nel sostituto della Superprocura antimafia Enzo Macrì, che da giudice istruttore interrogò Giovanna Zaccone: «Non vedo altri moventi, hanno sparato per uccidere e hanno sbagliato, in passato la 'ndrangheta non s'è fermata di fronte ai bambini e Trapani, quel figlio, di fatto l'ha già perso». Nel suo interrogatorio la donna non fornisce molti ele¬ menti in più, ma racconta una storia già nota ai poliziotti della squadra mobile e della Criminalpol che conducono le indagini: circa un anno fa le arrivarono delle minacce; una «soffiata» giunta da Reggio parlava di qualche mossa di Trapani per rintracciare la donna. Giovanna cambiò quartiere, e venne nell'appartamento degli «Olmi» dove in passato aveva abitato la figlia dell'ex questore di Roma lmprota. Pierpaolo ì'u iscritto negli ultimi giorni di scuola, maggio '94, nell'istituto elementare che sta sulla stessa via con il cognome di copertura, Venanzi. «Vennero dei funzionari del Viminale - racconta il direttore Fiorello Bianconi mi illustrarono il caso, non era la prima volta che mi capitava. Pierpaolo era a conoscenza della situazione, è un bambino intelli¬ gente e con un ottimo rendimeli lo, sia nell'apprendimento sia nel socializzare con i coetanei». Anche i vicini parlano di madre e figlio gentili, discreti, allietali nelle ultime settimane da un cagnolino raccolto per strada, a cui faceva visita di tanto in tanto un signore che arrivava da Reggio Calabria, un vigile urbano che ieri sera è giunto a Roma. Sarà interrogato anche lui, forse è proprio seguendo le sue tracce che i killer sono arrivati a Giovanna. «I.avola al ministero degli Esteri», dicono i vicini, ma era un'altra bugiti inventata per la protezione e la «mimetizzazione»: per arrotondare le entrate Giovanna Zaccone - «testimone di 'ndrangheta» proletta dallo Slato - faceva la donna di servizio a ore in una famiglia. Giovanni Bianconi Da più di un anno vivevano sotto falsa identità ma senza protezione Accanto una donna indica il punto dell'agguato. Sotto: l'ingresso del residence dove la Zaccone vive con il figlio ftNNMHNi