Izzo svela un nuovo orrore

Rimini: 20 anni fa il neofascista eliminò il complice di una rapina Rimini: 20 anni fa il neofascista eliminò il complice di una rapina Ino svela un nuovo orrore // mostro del Circeo uccise un'altra volta ROMA DALLA REDAZIONE Ufficialmente risultava scomparso da vent'anni, da quando sparì un pomeriggio del 1975 da una casa di lavoro in Lombardia. Si chiamava Amilcare Di Benedetto, era un rapinatore. Ora, vent'anni più tardi, si viene a sapere che Di Benedetto fu vittima di un omicidio, e a raccontarlo ad un giudice è stato proprio il suo assassino, Angelo Izzo, il «massacratore del Circeo», l'ergastolano e neofascista «pentito» che dopo essere evaso nell'agosto del '93, all'indomani della nuova cattura avvenuta in Francia un mese più tardi, ha deciso - forse per riguadagnare un po' della fiducia nei giudici - di confessare i crimini da lui commessi e che aveva taciuto per quattro lustri. L'omicidio Di Benedetto, per esempio, ma anche altri delitti insoluti e destinati a rimanere tali prima delle nuove rivelazioni di Izzo: quello di Fabio Miconi, un complice romano di Izzo e della sua banda «nera», e altri ancora, persone uccise per caso o per vendetta. Di Benedetto - ha raccontato Izzo al giudice istruttore milanese Guido Salvini, quello che indaga sulla strage di Piazza Fontana, il quale ha poi trasmesso gli atti alla Procura competente, quella di Rimini - fu ammazzato a Riccione perché s'era appropriato del bottino di una rapina commessa dal «pariolino» e dai suoi complici in una gioielleria di Roma. «Gliel'ho fatta pagare», ha raccontato Izzo, descrivendo nei minimi particolari la trappola in cui venne fatto cadere il rapinatore. Di Benedetto stava a Milano, e ricevette la refurtiva dei romani da un ricettatore a cui si era rivolta la banda di Izzo poco prima di essere arrestata, un certo Calabro. Appena scarcerati, Izzo e i suoi complici tornarono da Calabro, il quale prima si inventò di aver ceduto i gioielli a dei brigatisti rossi e poi confessò di averli affidati a Di Benedetto. A quel punto scattò la vendetta, e per attirare il rapinatore in trappola Izzo e i suoi amici lo chiamarono con la scusa che c'era da fare un «colpo» a Riccione. L'appuntamento fu fissato per il 1° giugno '75 ad un autogrill dalle parti di Bologna, poi il gruppo si trasferì in un appartamento di Riccione. Qui Di Benedetto fu sottoposto ad una specie di interrogatorio che si concluse con tre colpi di calibro 38 sparati da Izzo. Il cadavere venne poi trasportato in un casolare e lì venne squartato: «per metterci il piombo e accelerare la decomposizione», ha spiegato l'assassino ai magistrati. Subito dopo il corpo di Di Benedetto venne gettato in mare, e non fu mai ripescato. Già tre anni prima, nel 1972 sempre secondo il racconto di Izzo il suo gruppo di cui facevano parte pure Gianni Guido e Andrea Ghira, gli altri due «massacratori del Circeo», aveva eliminato un'altra persona sospettata di tradimento, quel Fabio Miconi che, fino al momento delle nuove confessioni del ((pentito», si pensava si fosse suicidato. Miconi era un estremista di destra, ma i suoi «camerati» lo sospettavano di «infedeltà». La decisione di eliminarlo venne presa quando lo accusarono di aver rubato un po' di droga di proprietà del gruppo. Anche lui, nell'ottobre del '72, fu avvicinato con una scusa e ucciso con un fucile da caccia in casa sua. Per simulare il suicidio, accanto al corpo Izzo e gli altri assassini fecero ritrovare un foglietto «che riportava frasi di sconforto» scritto dallo stesso Miconi. Izzo ha raccontato che il suo gruppo chiamato «Uovo del drago», cellula di un'organizzazione neofascista più ampia, nella prima metà degli Anni Settanta «si alimentava con il provento di numerosissime rapine e dei traffici di droga», e che anche prima della tragedia del Circeo si dedicò a «orge e stupri», alcuni dei quali registrati e filmati da Guido. Altri omicidi, a cui Izzo dice di non aver partecipato materialmente, furono commessi da suoi «camerati» in quel periodo. Un pregiudicalo romano, tal Cello, fu ucciso a Trastevere: «il suo corpo fu abbandonato per strada dopo che era stato ammazzato in macchina». Un albergatore romano venne assassinato perché indebitalo con un esponente del «clan dei marsigliesi» in contatto col gruppo, e una persona rimase uccisa durante una rapina, sempre nella capitale. Infine, Izzo ha rivelato che Ghira ed altri uccisero un altro pregiudicato, stavolta a Mantova, nell'estate del '75, colpevole di «disturbare con tentativi estorsivi una signora fascista, legata ai Fronte Nazionale». A destra Angelo Izzo il giorno dell'estradizione in Italia, al valico di Bardonecchia. A sin: il corpo di Rosaria Lopez, uccisa da Izzo e dagli amici al Circeo «Si era preso il bottino Lo squartammo e poi lo gettammo in mare»