Missione per i Rambo inglesi Salvare la faccia all'Europa di Giuseppe Zaccaria

A Vitez, dove il primo «gruppo d'intervento» si allena per scatenare un blitz contro i serbi A Vitez, dove il primo «gruppo d'intervento» si allena per scatenare un blitz contro i serbi Missione per i Rombo inglesi Salvare la faccia all'Europa LATERZA GUERRA Di BOSNIA VITEZ DAL NOSTRO INVIATO Tutti a guardare il mare in attesa dell'«arrivano i nostri» e trecento chilometri più indietro, tra le forre della Bosnia centrale qualcuno intanto prepara l'incursione. Benvenuti (si fa per dire) tra le verdi colline ed il fango rossastro di Vitez, simulacro di città che dalla costa pare lontana mille anni, ma da Sarajevo in linea d'aria dista solo sessanta chilometri. Qui, fra le devastazioni della prima guerra (serbi contro bosniaci) e della seconda (bosniaci contro croati) si comincia a preparare la prossima. Da poche ore tra queste colline è nato e continua a svolgere misteriose «esercitazioni» il primo gruppo d'intervento speciale dello scontro prossimo venturo. L'hanno organizzato gli inglesi, esattamente quelli del primo reggimento «Royal Highlands» del Dorset e Devonshire. Erano qui appena da quattro settimane: adesso il loro comandante, che è un tenente colonello alto e tosto e si chiama Jeff Cook, annuncia: «Siamo pronti, nell'arco di dodici ore, a raggiungere qualsiasi obiettivo ci venga ordinato. Anche Sarajevo». Sarà un caso, ma il reggimento è di quelli che avevano lavorato in funzioni antiterrorismo a Cipro, nel Belize, nella Guyana. Per accidente poi il comandante è stato fra i migliori specialisti dell'antiguerriglia nell'Irlanda del Nord nonché capo degli incursori durante la Guerra del Golfo. E naturalmente è solo una coincidenza, se questo sperduto monumento alla devastazione adesso si trasforma in grande palcoscenico per il mondo anglosassone della comuni- cazione. Facciamola breve: tutto il Regno Unito sembra aspettarsi che dalle povere rovine di quest'angolo dei Balcani parta l'operazione che salverà la faccia dell'Europa. Adesso, per esempio, sto trasmettendo da una casa privata dopo aver disputato il telefono ai fotografi della «Reuter» come a colleghi del più provinciale fra i quotidiani di Scozia. Eccitatissimi, giornalisti australiani e neozelandesi urlano ai loro capi che settecento uomini, 120 mezzi, 45 carri armati che fanno paura solo nel nome, sono pronti a muoversi. Succederà? «La nostra è una forza d'interposizione, non d'intervento», risponde olimpica una bionda signora che di mestiere fa il maggiore dei fucilieri, si chiama Betty Dawson e svolge la funzione di soave depistatrice di giornalisti. «E' accaduto soltanto che il reggimento abbia com- piuto un'esercitazione, esattamente venerdì scorso. E che per questa esercitazione abbia richiamato anche reparti che si trovavano à Maglaj e Jela...». Il modo in cui il maggiore Dawson riesce a sorridere propinando mezze verità, meriterebbe un pubblico ben più vasto di quello che adesso si accalca nella stanzetta di una villetta di campagna trasformata in «press center». «Pronti a colpire? Noi siamo stati sempre pronti. Il problema non è nella capacità dei nostri uomini, ma negli ordini». Eccoci al punto: gli ordini. Qualcosa, dopo lo strano «vertice» fra generali svoltosi l'altro giorno in pieno Adriatico, dev'essere cambiata. Nell'attesa di impressionanti sbarchi e poderosi ridispiegamenti di forze, dev'essersi fatta strada l'idea di una di quelle azioni che si usano definire «blitz». E nei fatti, molto più prosaicamente, consisterà nel calarsi fra rovine e pozzanghere, puzzolenti bunker e feroci, spaventatissimi soldati serbi nel tentativo di salvare gli oltre trecentocinquanta «caschi blu» presi in ostaggio. Militarmente, il gruppo d'intervento inglese appare già attrezzatissimo. Che adesso disponga di due nuovi cannoni parcheggiati al quartier generale di Gornj Vakuf è dettaglio di nessuna importanza. Più interessante forse è raccontarvi il colloquio avvenuto a Gornj Vakuf con un colonnello norvegese ed un capitano spagnolo piuttosto orgoglioso di chiamarsi Iglesias. «Unità speciali inglesi? Qui finora sono arrivati solo 37 sminatori e 19 addetti alla logistica». E dove sono gli sminatori? «Qui in giro, ma non potrà incontrarli». E gli addetti alla logistica? «Impegnati in una ricognizione». Dove? «Nell'area: dovrebbe chiedere direttamente al loro comandante». In realtà l'«esercitazione» è servita a compiere una prima prova tecnica di raggruppamento. D'ora in poi accadrà spesso, fra i Caschi blu che le Nazioni hanno improvvidamente sparso attraverso la Bosnia. Intanto però, in attesa dei rinforzi, riunendo e preparando soldati che avevano già sul terreno gli inglesi hanno messo a punto un primo «tactical battle group». Il che significa che, volendo, potrebbero colpire anche subito chi ha catturato come ostaggi i 33 commilitoni di Goradzc. Fra i seimila che sono in arri¬ vo, altri seicento compongono la famosa «Ventiquattresima Brigala Mobile». Un mito. Appartiene all'elite dei corpi speciali, si muove solo a bordo di elicotteri (ne possiede quaranta, fra «Chinook» e «Puma»), è assolutamente autonoma, in grado di recarsi dovunque e comunque. Devo all'incontenibile entusiasmo di un collega inglese anche qualche chiarimento sull'attuale potere di fuoco del «gruppo di intervento» del colonnello Cook. I 700 uomini di Vitez dispongono di 120 mezzi, fra cui ben 45 «Warriors». Se non sapete cos'è un «Warrior» provate a circolare per lo vie di Vitez in un qualunque sabato agl'inizi di giugno. Vedrete passarvi accanto piccoli mostri cingolati in grado di sparare con ciascuno dei loro cannoni seicento colpi al minuto. Coraggio allora, Europa: la tua riscossa forse sta incominciando dal più disperato e lercio fra gli angoli della Bosnia disperata. Speriamo vada tutto bene. Se non altro perché, ieri sera, mentre nella stanzetta del «press office» il maggiore Dawson lanciava cortine di fumo e con le loro sigarette i giornalisti ne incrementavano la densità, l'occhio mi è cascato su una cartina che alimenta qualche inquietudine. Sono segnate in blu, le durate dei percorsi, come se il «British Bataillon» avesse fretta di concludere. Da qui a Sarajevo si prevedono 45 minuti, altrettanti da qui a Visoko. Ma per Goradze, dove 33 inglesi sono stati catturati, l'annotazione sembra molto pessimistica. «Otto ore e mezzo», ha scritto un ufficiale. Troppo, per un «blitz». Giuseppe Zaccaria Karadzic minaccia «Nessuna azione di forza» ^ Un caccia sta per decollare dalla portaerei Roosevelt. In alto, Major