Ma i profitti vanno controllati?

Ma i profitti vanno controllati? Ma i profitti vanno controllati? Ormai è dibattito tra Bankitalia e industria ETICA E SOCIETÀ' IL profitto è allora indubitabilmente farina del diavolo, se anche un imprenditore laico e potentemente profit oriented come Carlo De Benedetti vacilla all'improvviso - così dicono - e propone d'imbrigliarlo, il profitto, seguendo gli imperativi di un governatore cattolico della Banca d'Italia? Proprio lui, De Benedetti, per primo, quando l'Italia si tingeva di rosso Cremlino, su una tavolozza Biancofiore piena di Santi Eusebi, esclamava - ricordate? - che «del profitto c'è solo da farsi un vanto», ultimo paladino del Capitalismo. Ma proprio lui - guarda il caso - ha pubblicamente apprezzato, l'altro giorno, i sottintesi un po' «francescani», ispirati, secondo alcuni, addirittura al Poverello d'Assisi, del governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio, cultore di San Tommaso d'Aquino e del monachesimo. La cui tesi sembra essere che sui profitti industriali ci vuole, per l'appunto, un po' di briglia, perché al centro dell'Universo non c'è, infine, il Capitale, il Mercato, ma l'Uomo. Uomini, insomma, con un'anima e un cuore, contro brogliacci di ragioneria. Possibile che il big bang ideologico-politico cui stiamo assistendo in Italia - in un tripudio di conversioni e di folgorazioni, come si dice, sulla via di Damasco - sia così totale da sovvertire addirittura i canoni tradizionali, che vogliono la Tecnostruttura principe, la Banca d'Italia, proiettata tradizionalmente soltanto sui numeri e i fatti, attenta invece adesso anche ai sentimenti (buoni), e che a darle manforte scenda nientemeno che il diabolico capitalista De Benedetti, antico contestatore di vescovi operai e papi umanitari? Vi confessiamo che, vedendo un mondo in cui ormai anche la sinistra, oltre alla destra, si professa liberale e liberista, la questione ci ha un po' intrigati, inducendoci a porre in giro qualche banale domanda, che, per la verità, non ha ottenuto risposte ufficiali, ma, di sicuro, qualche ottima spiegazione. Davvero le imprese, che in questo momento hanno buoni margini di profitto, devono moderarli per il bene del Paese, per favorire l'occupazione, come sembra suggerire il governatore della Banca d'Italia? E come si concilia questo dettato con la debordante logica liberista, secondo la quale è il mercato stesso, e soltanto il mercato, che regola come vuole i prezzi? Cipolletta, della Confindustria, garantisce che le imprese investono, eccome, nessuno può perciò accusarle d'imboscare i profitti e di non pensare allo sviluppo del Paese. Tra gli industriali più autorevoli, peraltro, nessuno sembra proiettato, dopo aver ascoltato il governatore, su logiche solidaristiche, dossettiane o cattocomuniste; anche quelli - e non sono pochi - che prevedono un'imminente vittoria elettorale del Centrosinistra. Ma è proprio l'ingegner De Benedetti, autore della dichiarazione un po' francescana all'uscita dall'Assemblea della Banca d'Italia, che ci fornisce una chiave di lettura alquanto inedita della congiuntura politico-economica, che vede sin¬ golarmente convergere, almeno apparentemente, liberisti di lungo corso e poverelli francescani, monetaristi incalliti segnati dalla rudezza di Chicago - e solidaristi indefettibili, capitalisti dal cuore d'acciaio e ispirati eusebiani. Il profitto, ca va sans dire, è la ragione stessa dell'impresa, le ditte hanno diritto di licenziare dipendenti e, se del caso, di fallire, qualunque cosa dicano i vescovi della Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinal Ruini, come il Vescovo Bettazzi. Ma attenzione - avverte l'ingegner De Benedetti, autore della provocazione - oggi la questione in assoluto più preoccupante e pericolosa è la ripresa dell'inflazione. Capita che l'Italia, in un quadro di deflazione mondiale, si trovi a imitare un modello di crescita giapponese, costruito sull'estero. Ma, con salari congelati o quasi, se riparte l'inflazione, significa rientrare in una spirale sociale drammatica. Allora qual è l'interesse delle imprese? Massimizzare i profitti, o, piuttosto, evitare che salti quello straccio di patto sociale che, nonostante tutto, vige in Italia e che garantisce la convivenza civile? «Se io ho il raffreddore spiega De Benedetti - non vado a fare jogging nel parco, sotto la pioggia: per questo dico che l'economia, in questo momento, siccome ha il raffreddore, ha più interesse a dare un contributo alla pace sociale, piuttosto che puntare alla massimizzazione del profitto, rompendo un patto sociale di fatto». Una convergenza di fatto, dunque, non ideologica, ben distinta dalle tesi del governatore della Banca d'Italia, più sensibile, semmai, a un imperativo etico-morale? Convenienza di bottega, diciamo, soprattutto per chi pensa che le elezioni politiche debbano svolgersi il più avanti possibile e che - se le vincerà il Cen¬ trosinistra - non dovrà confrontarsi con la traumatica rottura di un patto sociale di fatto. «Io ho detto per primo negli Anni Settanta - rivendica De Benedetti - che le imprese avevano diritto di licenziare e persino di fallire, per cui non venite a dire a me che avallo una visione cattocomunista: semplicemente penso che l'inflazione sia un fenomeno che non ci possiamo permettere e che va combattuto come si può». Pensate come si modifica, in un Paese in transizione, la soglia del Capitalismo, tra le ansie sociali della Banca d'Italia, diretta da un governatore cattolico e nutrite di eticità, e quelle dei capitalisti, preoccupati più della tenuta dei patti sociali e dell'inflazione che della quantità dei profitti. I profitti, per carità, non sono peccato, ma se il loro livello, possibilmente moderato, contribuisce a mantenere la pace sociale... Suona il big bang in una società che d'improvviso diventa tutta liberal, o così crede: comunque, non c'è più l'onorevole Libertini - di cui ci racconta De Benedetti -, cui il presidente dell'Olivetti dovette spiegare, vent'anni fa, che le ditte potevano licenziare e anche fallire. Alberto Staterà De Benedetti: l'impresa è sacra io non sono un francescano ma il patto sociale va salvato Il governatore Antonio Fazio e (sopra) Innocenzo Cipolletta L'inflazione è una malattia che non ci possiamo permettere Per questo deve essere combattuta Il presidente dell'Olivetti Carlo De Benedetti

Luoghi citati: Assisi, Chicago, Italia