Prodi: Silvio mi evita? Ha paura

Prodi: Silvio mi evita? Ha paura Prodi: Silvio mi evita? Ha paura E' saltato l'incontro «storico» al Teatro Sistina I GRANDI DUELLANTI LROMA A scena è mirabile. Escluso dalla calca che assedia Romano Prodi appena fuori dal Teatro Sistina, un pasdaran Fininvest fa finta di perdere il controllo e comincia a gridare nel microfono: «Professore, perché scappa!? Professore perché scappa!?». Un ossesso. Romano si volta, lo guarda con gli occhioni, si ferma, gli dice: «Mi dica». Quello si smonta, esita, i fotografi lo travolgono, amen. La scena è mirabile perché riassume il ricorrente interruptus della mattinata. Qui al Teatro Sistina, dove i costruttori italiani hanno invitato i leader politici a discutere il futuro del mattone e dell'appalto, doveva andare in scena l'incontro fatidico, magari addirittura la stretta di mano, tra Berlusconi e Prodi. Invece niente. Mentre maratoneggia lungo via del Tritone imbottigliato tra una dozzina di carabineri stravolti («Aho, ma questo è venuto a piedi, senza macchina!») con telecamere e microfoni puntati sugli occhiali, Prodi fa spallucce: «L'ho aspettato, ma si vede che non ha intenzione...». In effetti quando Berlusconi arriva al Sistina (ore 12,10) Prodi se n'è andato da mezz'ora e così pure D'Alema, Casini, Buttiglione, Bianco, insomma tutti o quasi. E al Cavaliere devono aver fischiato parecchio le orecchie, anche se alla rovescia. Perché in sua assenza gli alleati Casini e Buttiglione hanno giocato a scaricarlo («non sarà lui il candidato per Palazzo Chigi»), mentre gli avversari D'Alema e Bianco hanno provato a difenderlo («Speriamo che Berlusconi resti il candidato»). E Prodi che ne dice? Prodi fa fumo sul solito binario: «Per me va bene qualunque avversario». Anche Dini? «Dini...». Anche Di Pietro? «Di Pietro...». Poi si stufa: «Ma scusi, non tocca a me scegliermi l'avversario. Non sono mica affari miei». E tiene allegra la faccia anche in pieno assedio stradale: «Ma che fate, mi venite dietro?». E' soddisfatto del suo intervento davanti ai costruttori, dove ha snocciolato i dieci punti del programma per «rilanciare l'edilizia» e «finalmente» riconciliarla con l'Ambiente. Per prima cosa (dice) si .dovrà creare un superministero che coordini ministero del Lavoro, dell'Ambiente e della Protezione Civile. Poi si dovrà snellire le procedure, razionalizzare i controlli, informatizzare il catasto. E soprattutto: «Mettere mano a un lavoro grandioso: il recupero delle periferie urbane, che i decenni di sviluppo incontrollato hanno reso orribili e invivibili». E' soddisfatto e cammina rapido. «Il mio compito non è occuparmi di Berlusconi, ma del programma. Stiamo lavorando benissimo, capitolo per capitolo: agricoltura, scuola, giustizia, edilizia. Non mi interessa chi sarà il mio avversario, non mi interessa quando sarà fissata la data delle elezioni. Cioè sì, mi interessa, ma non sono cose che dipendono da me...». E in verità non avere intercettato Berlusconi non lo smuove più di tanto: «Ero pronto a confrontarmi con lui a Santa Margherita, il 10 giugno, assemblea dei giovani industriali. Mi hanno detto che lui non lo accetta, dunque parleremo separati. Cosa devo concluderne? Che lui mi teme». Sicuro di sé, ma anche cauto: «No, non penso che i giudici vogliano distruggere la Fininvest, come Berlusconi va ripetendo da giorni... Non lo credo proprio. E poi la mia formazione di economista mi impedisce anche solo di pensare che i giudici o qualcuno possa avere in animo la dissoluzione di una azienda. Parto dal presupposto che le imprese sono un bene collettivo, un bene che va comunque tutelato». Per quanto bonario non scuce nulla di più. La fibrillazione degli avversari, la debolezza di Berlusconi, l'impasse di Forza Italia, insomma l'imminente resa dei conti dentro il Polo, lui la rimira da lontano. O almeno vuole farlo credere. «Bevo un caffè e poi parto». Parte? «Da oggi inizio il giro della Sardegna in pullman». Come da programma, [p. cor.] Gerardo Bianco e Romano Prodi

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