Per ore ostaggi della paura

Per ore ostaggi della paura Per ore ostaggi della paura Con la carovana, a un passo dall'incubo buone: soccorsi subito all'opera, protezione civile immediatamente impegnata, ospedali allertati ma nessun caso urgente, e già in atto il deflusso ordinato degli spettatori. Ogni auto che scendeva portava per la verità qualche pezzo di storia cruda, dura. La slavina collocata storicamente verso le 13,50 - per tanti lunghissimi minuti è parsa essere evento spaventosamente distruttore. La gente era fuggita, si era precipitata alle auto ed era scesa veloce, rischiando un'altra volta la vita. Ognuno aveva portato con sé il terrore per il «mostro» lasciato lassù più che il sollievo per lo scampato pe- ricolo. Arrivavano i corridori. Sapevano già tutto da quando avevano scollinato il Sampeyre, circa 36 chilometri prima. Sapevano cioè che forse la corsa sarebbe stata bloccata. Qualcuno ascriveva questa informazione, davvero sollecita, quasi concomitante alla caduta della slavina in questione, ad una slavina precedente, delle 10 circa: ma si era trattato davvero di poca cosa, attribuibile a qualche vibrazione di motori, senza la genesi quasi sempre climatica dei grandi smottamenti. Mentre i corridori finivano il primo, lo svizzero Richard, alle 14,41, cioè 4 ore e 1 minuto dopo il via - la loro fatica e subito venivano mandati nei tre alberghi «requisiti» lì a Pontechianale, per le docce e poi per l'inscatolamento nelle auto, sufficienti anche considerando il grande numero di ritirati di questo Giro, arrivava la notizia - erano circa le 15 - di una seconda slavina: con una. quarantina di spettatori travolti, e dunque con l'ipotesi, la possibilità, la probabilità di una enorme tragedia. Il; Giro intanto veniva comandato ad una partenza in massa, anche per evitare l'intasamento della strada, sulla quale sempre più numerose rotolavano le auto degli spettatori che lasciavano la vetta ed i pericoli dell'Agnello. L'intercapedine di una decina di chilometri non serviva ad evitare l'angoscia. Si parlava di grosso dramma, le radioline ufficiali non confermavano né smentivano. L'irrealtà di quella splendida Arcadia di montagna, un paese grazioso, tanto verde, un cielo con ancora molto blu, contrastava con la ricostruzione mentale dell'inferno più in alto, a una quota superiore di 900 metri, niente se è il giorno felice, sereno di una gita, tutto se si pensa alla follia di questa primavera tarda di date, ma in verità non ancora iniziata. Fa parte della storia della giornata anche il trasferimento di un mezzo migliaio di auto del seguito (qualcuna aveva passato l'Agnello con grande anticipo, senza problemi an che se magari fra molti rischi sconosciuti) a Brianc,on, Francia, scendendo a Saluzzo prendendo l'autostrada, sfio rando Torino, prendendo la Val di Susa... Il mondo del Giro non ha patito troppo il dramma, quello reale e quello potenziale. Ma questa, se si vuole, è stata un po' fortuna, un po' provvida decisione di uno stop che, quando è stato proclamato, a molti, corridori compresi, deve essere parso, sotto quel cielo finalmente bello, un atto di prudenza eccessiva, quasi di colpevole paura. Mentre forse è stato soprattutto l'adesione saggia, logica ad una straordinaria fortuna. Gian Paolo Ormezzano «D'istinto avrei voluto concludere la tappa Però che terrore se penso al gruppo seppellito dalla slavina» «Non credevo che avrebbe sospeso la corsa: di solito si insegue il mito» La maglia rosa del Giro d'Italia Toni Rominger. In alto, il grafico che riassume i momenti di paura

Persone citate: Gian Paolo Ormezzano, Toni Rominger

Luoghi citati: Francia, Italia, Pontechianale, Saluzzo, Sampeyre, Susa, Torino