Sangue Roma esporta lo scandalo

Altri 3 medici nei guai Sono i responsabili dei centri trasfusionali di Mestre, Bologna e Civitavecchia Sangue, Roma esporta lo scandalo Altri 3 medici nei guai ROMA. Si allarga l'inchiesta della pretura romana sullo scandalo delle trasfusioni. Il sostituto procuratore Gianfranco Amendola ha iscritto altri tre medici nel registro degli indagati. Si tratta dei responsabili dei centri trasfusionali di Mestre, Bologna e Civitavecchia. Inizialmente erano stati convocati da Amendola in qualità di testimoni. Ora sono sospettati di aver venduto ad alcune società di intermediazione romane sangue eccedente destinato per legge ad altri centri trasfusionali pubblici. Per il ministro della Sanità Elio Guzzanti lo scandalo emerso nei giorni scorsi dimostra che si è potuto operare troppo a lungo nell'ombra in un settore delicatissimo come quello delle trasfusioni. «Il rapporto tra le strutture pubbliche che forniscono i servizi trasfusionali e le altre - pubbliche, private o convenzionate - non ha avuto l'attenzione necessaria. E' giusto che la magistratura intervenga e noi dobbiamo fare ogni sforzo per prevenire episodi come quelli denunciati a Roma». Le indagini del procuratore Amendola (pretura) e del procuratore Antonio Marini (tribunale), partite tre mesi fa in seguito alla denuncia di una signora che sostiene di aver contratto l'Aids in un ospedale romano dopo aver ricevuto sangue infetto, stanno portando alla luce un vero e proprio traffico illecito di sangue proveniente da vari centri trasfusionali. Amendola sospetta che i centri trasfusionali di Mestre, Bologna e Civitavecchia, che avevano spesso sangue in eccedenza (solo a Bologna c'erano ben 40 mila sacche di sangue in più del necessario), fornissero ad ospe- dali privati plasma privo dei controlli incrociati e, soprattutto, senza il nome del paziente a cui il sangue era destinato. La legge che regolamenta la distribuzione del sangue è in realtà piuttosto rigida. Soltanto i centri trasfusionali pubblici sono abilitati a fare i prelievi, stoccare le sacche di sangue e distribuirle alle strutture ospedaliere e alle cliniche della propria regione che ne fanno richiesta. Succede spesso che alcuni centri hanno eccedenze ed altri invece siano carenti, ma la legge prevede lo scambio di sacche tra un centro trasfusionale e un altro per assicurare la fornitura sul territorio nazionale. Le indagini di questi giorni dimostrano che in realtà esiste un sistema parallelo che sfugge ai controlli previsti dalla legge e dunque mette in circolazione sangue infetto. Oltre naturalmente a far lucrare i responsabili. Il traffico di sangue a rischio non è l'unico fenomeno emerso dalle indagini di Amendola e Marini. L'altro ieri è finito agli arresti domiciliari il dottor Antonio Farolfi, direttore del centro trasfusionale dell'ospedale romano Fatebenefratelli. L'accusa è quella di aver prelevato sacche vuote appartenenti alla struttura pubblica del Fatebenefratelli, di averle portate in alcune cliniche private (tra cui «Figlie di S. Camillo», «Nostra Signora della Mercede» e «Salvator Mundi») e di aver fatto trasfusioni direttamente sui pazienti interessati (auto-trasfusioni) senza gli adeguati controlli e naturalmente a pagamento. Con Farolfi hanno ricevuto gli arresti domiciliari anche il suo assistente, dottor Trua, e il direttore sanitario del «Salvator Mundi» Aldo Fanelli. Ieri Amendola ha mandato un nuovo rapporto informativo al suo collega Marini che a quanto pare aggrava la posizione di Farolfi. Maria Teresa Petrangolini, presidente del tribunale per i diritti del malato, sostiene che alla luce di questi traffici di sacche ematiche tra strutture pubbliche e private «sarebbe ora che si stabilisse una volta per tutte che il medico che lavora in una struttura pubblica non può anche lavorare in una clinica privata». L'Api (Associazione politrasfusi) ha chiesto al presidente Scalfaro, in una lettera, che vengano riconosciuti al padre di Robertino, il bimbo napoletano morto di Aids, e a tutti i familiari dei politrasfusi morti a causa di infezioni contratte nelle strutture sanitarie, gli stessi diritti che spettano alle vedove, agli orfani, ai congiunti degli invalidi e di chi è morto per servizio o per mafia. [r. cri.] Il ministro della Sanità, Elio Guzzanti «Per troppo tempo si è agito nell'ombra in un settore delicatissimo come quello delle trasfusioni» A destra il Fatebenefratelli di Roma. A sinistra il ministro della Sanità Elio Guzzanti e il magistrato Gianfranco Amendola