L'Italia alla finestra?

L'Italia alla finestra? L'Italia alla finestra? Ricerca spaziale per restare in Europa UNA sonda che sfiorerà il Sole. Navicelle che esploreranno Mercurio, Marte e una cometa. Satelliti artificiali per cercare pianeti di altre stelle. Laboratori spaziali per esperimenti di fisica su temi di frontiera, come le onde gravitazionali e l'identità tra massa gravitazionale e massa inerziale postulata da Einstein. E' il programma scientifico dell'Agenzia spaziale europea (Esa), per i primi vent'anni del prossimo millennio. Ma per gli scienziati italiani potrebbe anche essere un libro dei sogni. Perché - ovviamente - la ricerca nello spazio costa, e il nostro Paese è sempre alle prese con difficoltà di bilancio. Ne parliamo con Sigfrido Leschiutta, che fa parte del Comitato scientifico dell'Agenzia spaziale italiana, è presidente dell'Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris e nello spazio ha realizzato esperimenti d'avanguardia. Professor Leschiutta, fino a che punto è giusto spendere nello spazio? «La scelta è politica. Bisogna stabilire se si possa considerare la ricerca di punta un lusso non necessario. Io non credo. La scienza non è un lusso perché le sue ricadute sono economiche e sociali, e vanno a beneficio anche delle nazioni che non possono spendere nello spazio». L'Italia può contare sul rientro degli investimenti nell'Agenzia spaziale europea sotto forma di commesse alle industrie nazionali? «In effetti in 23 anni l'Italia ha dato all'Esa 450 miliardi di lire in più di quanto ha ottenuto in commesse: abbiamo contribuito per 6850 miliardi e ne abbiamo incassati 6400. Ma questo è dovuto in gran parte alla svalutazione della lira. E' assurdo, inoltre, dire che con i nostri soldi sovvenzioniamo industrie spaziali straniere: basta Confrontare i 450 miliardi mancanti all'appello in 23 anni con i 4000 miliardi che ogni anno la Francia sponde nello spazio». Ci sono altri ritorni per così dire «invisibili»? «Sì: di tipo scientifico, culturale e politico. L'Esrin, cioè la parte di Esa che ha sede in Italia, ha un bilancio di 175 miliardi al¬ Pannelli solari aggiuntivi TeleComnS l'anno, dei quali 50 vengono spesi nel nostro Paese. Poi c'è la ricaduta della tecnologia spaziale su tecnologie tradizionali, come quelle aeronautiche». Finora in campo scientifico l'Esa ha dato buoni frutti? «Non c'è dubbio. L'Europa con i programmi già realizzati e quelli in progetto si è assicurata il posto di leader mondiale nello studio del Sole, delle comete, dell'ambiente interplanetario e nei settori dell'astrometria e dell'astrofisica in onde submillimetriche, nell'infrarosso, nell'ultravioletto, nei raggi X e gamma». Ma l'Esa costa... «E' vero. Il costo di alcune missioni può sembrare alto. Ma poi i budget fissati vengono rispettati. Altre agenzie spaziali invece partono con una previsione e poi spendono il doppio o il triplo». Che cosa deve fare l'Italia, con le sue difficoltà economiche? «Abbiamo tre opzioni: uscire dall'Esa, restarci con scarso entusiasmo o essere un elemento di propulsione. Scartiamo la prima ipotesi: uscire dall'Esa sarebbe un errore che ci toglierebbe un'industria dall'alto valore aggiunto e ci allontanerebbe dall'Europa per avvicinarci all'Africa. Sarebbe anche uno spreco, perche getteremmo via i frutti di quasi settemila miliardi investiti finora dall'Italia nell'Esa e gli scienziati italiani sarebbero relegati in provincia. Una tiepida adesione servirebbe solo a rinfocolare polemiche su occasioni perse, inefficienze varie o prevaricazioni altrui. E' bene invece che l'Italia muova alla riscossa alla Conferenza dei ministri europei che si terrà a Tolosa in ottobre. In questa occasione i ministri della ricerca dovrebbero rivedere tutte le attività dell'Esa». E il ruolo dell'Asi, Agenzia spaziale italiana? Finora è stata un'esperienza molto negativa... «Occorre che governo e Parlamento stabiliscano i compiti dell'Asi e la sostengano nel triplice scopo di collegamento e ispirazione dell'Esa, di interfaccia con la nostra industria nazionale e di collegamento con la comunità scientifica nazionale. L'Asi deve essere po¬ tenziata per poter fare una politica spaziale chiara e coerente, conquistando prestigio a livello europeo, per rivendicare il giusto ritorno industriale e il rafforzamento dell'Esrin. Spezzare l'Asi, come qualcuno ha proposto, vorrebbe invece dire perdere ulteriormente prestigio nell'Esa. E poi un'Asi in due o più pezzi sarebbe ancora più in balìa delle forze locali che già l'hanno paralizzata negli ultimi due anni». Radiometro infrarosso Phenix Telespettrometro Faza Compartimento non ermetico Spettrometro Miras ra

Persone citate: Einstein, Galileo Ferraris, Professor Leschiutta, Sigfrido Leschiutta