SOLO IO HO UCCISO PASOLINI di Ferdinando Camon

SOLO IO HO UCCISO PASOLINI SOLO IO HO UCCISO PASOLINI La «verità» di Pino Pelosi lione cominciò da lì. Anche qui, nel diario, questa è la svolta. Salta fuori la belva, che nel diario è naturalmente Pasolini: «I suoi occhi erano rossi rossi e i tratti del viso si erano contratti fino ad assumere una smorfia disumana». Falso. Non è un ritratto, è un autoritratto. I processi hanno stabilito che le mosse di Pasolini furono «difensive», «tutte»: la belva era davanti a lui, e lui voleva salvarsi. Da qui Pelosi mente, con continuità, descrive la lotta in maniera tale che quella lotta doveva lasciare un cadavere, ma il cadavere doveva essere Pelosi. Invece è Pasolini. Il che vuol dire che tutti i colpi che Pelosi dice di aver ricevuto, son colpi che ha dato. Però insiste: «Lui voleva violentarmi con un palo». Per Moravia, la spiegazione è qui. Dacia Maraini, che a questo diario premette una delicata, equilibrata introduzione, dice: «Escludo, conoscendolo, che Pasolini lo abbia mi- Nessun complotto fascista Lo scrittore fu vittima di wi fascismo famigliare, di una sordida sessualità nacriato-o,abbia voluto penetrarlo con un bastone». Ma in altra sede dichiara: «Io credo a Pelosi. Quella notte, penso, c'erano solo loro due». Io credo che la spiegazione-Moravia (bastone sul coccige) e la spiegazione-Maraini (niente violenza col palo) sono integrabili: Pelosi era un ladro d'auto, già arrestato più volte, era lì per rubare l'Alfa 2000, cercava un pretesto per eliminare il proprietario e fuggire. Pasolini riceve un colpo in testa mentre non se l'aspetta, ha la cinghia sfibbiata e i pantaloni aperti: per difendersi riallaccia la cintura, ma non perde tempo a chiudere la cerniera. Nella lotta, c'era una pausa. Tutte le ricostruzioni la ammettono. Nella pausa, Pasolini si leva la camicia per e cdupvv profanca acc * asciugare il sangue. Qualche ricostruzione dice (sto sempre pescando nella memoria, non vorrei sbagliarmi) che la pausa non fu breve. Succede spesso, nei duelli. Mai, negli scontri con un gruppo. La seconda fase della lotta fu quella dello stordimento e dello svenimento: con perfetta manovra in retromarcia e in avanti, curva a sinistra, controcurva a destra, Pelosi passa con l'auto in corsa, dodici quintali, sul corpo rantolante, e lo schiaccia. La deviazione a sinistra è necessaria perché il corpo è spostato, quasi fuori della strada: e Pelosi vuole sfondarlo. Con l'ultima, definitiva menzogna, ripete adesso che non s'è accorto di esser passato su un corpo. «Come se un corpo - dice la Marami - fosse un tappeto». Quando i carabinieri lo fermano, mezz'ora dopo, sta commettendo due madornali infrazioni: va contromano e fila a 180 all'ora. I sostenitori del «complotto fascista» dicono che dal luogo del delitto Pelosi va via cercando di non dar nell'occhio e di perdere tempo, per permettere ai complici di scappare. Sostenere questo, è come mungere latte dalle pietre. Delitto per omosessualità, dunque, non delitto per antifascismo. Delitto per omosessualità resterebbe anche se Pelosi avesse avuto qualche complice: è il fascismo che proprio non vien fuori. La tesi del complotto fascista fu buttata fuori subito, col primo grosso libro collettivo: «Pasolini, cronaca giudiziaria, persecuzione e morte». Gli autori volevano che il titolo dicesse: «Persecuzione e uccisione», ma l'editore mitigò in «persecuzione e morte». Ero d'accordo con l'editore. Lo sono ancora. Quando l'Istituto Gramsci di Milano organizzò un convegno, dovevo andarci per dire queste cose. La sera prima mi telefona Laura Betti (curatrice di quel volume) e dice: «Caro, non venire, ho cancellato il tuo nome dai manifesti», «E perché?», «Pasolini è un tempio, e tu lo profani». La morte per antifascismo è consacrazione, la morte per omosessualità è profanazione: è questo il conflitto. Dal Corriere, una settimana fa, Tabucchi mi accusava di sostenere una tesi indifendibile e di mettere un'epigrafe tombale su Pasolini. In questi vent'anni ho sentito in tutti i teorici del complotto fascista una forma di «amore» per Pasolini, di difesa di Pasolini; ma ho sempre sentito che in questa difesa c'è, nascosto, un rifiuto. C'era anche nella Maraini, fino a ieri. Perché in realtà c'è, sì, un «fascismo» che ha ucciso Pasolini: ma è il fascismo social-famigliare che gli imponeva di consumare la sua sessualità così, in maniera sordida, comprando corpi, usandoli e buttandoli, in un giro di fughe, ricatti, vendette, punizioni e autopunizioni che ogni volta poteva essere mortale. Quella volta lo fu. Non «sento il bisogno» di inventare una morte per antifascismo. Ma questo non significa profanare Pasolini: significa accettarlo. Ferdinando Camon

Luoghi citati: Milano