Simone, 100 milioni per la fata di Senna

Simone, 100 milioni per la fata di Senna LA STORIA Singolare «sfida» telefonica: i soldi serviranno a costruire una scuola in Madagascar Simone, 100 milioni per la fata di Senna // milanista batte Paul Newman in un'asta benefica DOVE porta il cuore, ci si può andare in tanti modi. Specialmente quando l'amore per un campione diventa un atto d'amore comunque, ma non qualunque. Marco Simone è il soggetto. Lunedì sera, da Milano, ha preso parte a un'asta di beneficenza in programma a Montecarlo e, per telefono, si è aggiudicato la tuta («quella rossa, la più bella») con la quale Senna si era laureato campione del Mondo per la terza volta al volante della McLaren, ora sono quattro anni. Era partito da 45 mila dollari, Simone, pari a 75 milioni di lire. Ha «chiuso» a cento milioni, 60 mila dollari al cambio attuale. Ha battuto niente meno che Paul Newman, il Senna dei settantenni. Simone chiamava dalla sua abitazione di Milano, Newman da una villa nel Texas. L'asta era organizzata da Stefano Tacconi e alcuni suoi amici, con l'alto patrocinio del¬ la famiglia Grimaldi. I fondi raccolti - e, dunque, anche la somma versata da Simone serviranno a costruire una scuola in Madagascar. Simone, Senna e Paul Newman. Milano, Montecarlo e il Madagascar. Mai persone e posti più lontani si sono ritrovati, per soldi ma non per vii denaro, così vicini, così uniti. E' la vita: a volte terribile, come quel primo maggio dell'anno scorso a Imola, spesso infida, sempre strana. «L'ho fatto per i bambini» ci racconta Marco Simone (al telefono, naturalmente). «E per Ayrton, il mio idolo. Che fossi in lizza con Newman, l'ho saputo da Tacconi». Cosa* sono, oggi, cento milioni? Tanto, poco: dipende. Per l'attaccante del Milan, un ottavo del salario stagionale. Simone, quello delle scarpe bianche al Prater, «nemmeno Capello ne era al corrente, le ho sfoderate all'ultimo momento in omaggio allo sponsor», è un Sennista o un Sennologo, fate voi, ai confini del feticismo. «I cimeli mi sono sempre piaciuti, racconta. Ho la casa piena. Di Ayrton possiedo anche un casco, me lo regalarono mio fratello e mio padre a Natale, è stato il più bel Gesù Bambino della mia vita. Poi ho la maglia di Maradona, quella dell'ultima partita a San Siro. E casacche assortite di Romano, un altro brasiliano, un altro mio idolo». Nessuno, in famiglia, gli ha dato del pazzo. Contava solo una cosa, il gesto: e dal momento che era, che è, nobile, in alto i calici e cin cin. I bambini del Madagascar. Le magie, i messaggi di Ayrton Senna, «il più grande di tutti, le emozioni che mi ha dato, non me le ha date nessun altro. Non era il più bravo di tutti. Era di più, era la Formula uno». Anche Paul Newman ha il pallino dei bolidi. Anche per lui Senna era, e sempre sarà, un mito. Ma un mito da non più di 90 milioni. A cento ò arrivato prima, e solo, il bomberino del Milan, il figlio del barbiere di Rescaldina, colui che a Vienna, contro l'Ajax, sparò sul portiere la palla che avrebbe potuto cambiare il destino della partita, «ma con le scarpe bianche non potevo che fare un tiro pulito, la battuta non è mia ma mi piace, e difatti mi uscì perfetto, in bocca al portiere». «Ognuno sorride, alludendo a Newman ha fatto la sua gara, avanzato le sue offerte. Non ci siamo mai sentiti. Comunicavamo tramite notaio. Tacconi era il mio referente. L'idea è stata sua, dico l'idea della serata. Stefano è un uomo dal cuore grande». La tuta di Senna. Quella rossa. La più bella. Una scuola nel remoto Madagascar. A 26 anni, Marco Simone non sta più nella pelle. Un bambino, come quelli che ha deciso di aiutare. E se non lo avessimo chiamato noi, stupiti, confusi, irretiti dai primi pissi pissi sul caso, lui, di sicuro, non avrebbe chiamato noi. Per Ayrton, questo e altro. Roberto Beccantinì Paul Newman (sinistra) ha partecipato all'asta dal Texas A destra. Simone