«Cristiani uniti entro il Duemila»

L'apertura del Vaticano contenuta nella nuova enciclica, la prima sui rapporti ecumenici L'apertura del Vaticano contenuta nella nuova enciclica, la prima sui rapporti ecumenici «Cristiani uniti entro il Duemila» Wojtyla alle altre Chiese: discutiamo il ruolo del Papa CITTA' DEL VATICANO. Una nuova, solenne, richiesta di perdono a tutti i cristiani, e poi la proposta, clamorosa anche se avvolta in precauzioni e precondizioni: discutiamo sul ruolo del Papa, su «come» il Papa potrebbe essere un papa anche per i non cattolici. Cinque anni al Giubileo del 2000; Papa Wojtyla desidera che alla grande festa partecipino, al suo fianco, tutte le chiese cristiane, a Roma, a Gerusalemme e sul Sinai. In questo quadro nasce l'enciclica «Ut Unum Sint», «Affinché siano una cosa sola», dedicata ai rapporti ecumenici. E' la prima del genere, «mirata» sull'argomento, trent'anni dopo il varo - con il Concilio Vaticano II della barca dell'ecumenismo sul mare di conflitti e scismi secolari; è la dodicesima del pontificato, centoquindici pagine, in gran parte di rievocazione storica e di chiosa o commento ai decreti conciliari. Come è ovvio, non entra nel dettaglio dei singoli aspetti, o dei rapporti fra Roma e ciascuna Chiesa. Il grado di «vicinanza» con Roma è molto alto per ortodossi e anglicani, certamente minore per luterani, calvinisti e altre confessioni che si riconoscono nella «Riforma». Sono 49 le iniziative di dialogo attualmente in corso fra cattolici e non, a diversi livelli di importanza e profondità. E' un lavoro lento, lunghissimo, e poco appariscente; non sono ammessi errori, in materia di fede. E' quindi giocoforza per il Papa tenersi un po' sulle generali. Salvo che su un punto, quello del Primato Petrino. «Tra tutte le Chiese e le comunità ecclesiali scrive Giovanni Paolo II - la Chiesa cattolica è consapevole di aver conservato il ministero del Successore dell'apostolo Pietro, il vescovo di Roma, che Dio ha costituito quale "perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità" e che lo spirito sostiene perché di questo essenziale bene renda partecipe tutti gli altri». Un ruolo scomodo, quello di «Servus servorum Dei», che «costituisce una difficoltà per la maggior parte degli altri cristiani, la cui memoria è segnata da certi ricordi dolorosi. Per quello che ne siamo responsabili, con il mio predecessore Paolo VI imploro perdono». Le prerogative del Papa non si possono mettere in discussione. «Il vescovo di Roma esercita un ministero che ha la sua origine nella multiforme misericordia di Dio... L'autorità propria di questo ministero è tutta per il servizio del disegno misericordioso di Dio e va sempre vista in questa prospettiva. Il suo potere si spiega con essa». Vuole rassicurare gli altri cristiani, il Pontefice; potere e autorità non sono quelli «dei capi delle nazioni e dei grandi», ma per guidare il gregge dei fedeli «verso pascoli tranquilli». E servono «potere e autorità senza i quali tale funzione sarebbe illusoria», ad «assicurare la comunione di tutte le Chiese», e di vigilare affinché dottrina, sacramenti e vita cristiana si svolgano correttamente. Ed ecco la proposta: «Io Giovanni Paolo, umile servus servorum Dei», scrive il Papa, desidero compiere il mio ministero «nella comunione», e quindi «ascoltando la domanda che mi ò rivolta di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova». E' vero che purtroppo, dopo un millennio di fraterna fede, «ciò che doveva essere un servizio ha potuto manifestarsi sotto una luce abbastanza diversa»; ma la situazione è cambiata, e il Papa prega che «lo Spirito Santo illumini tutti i pastori e i teologi delle nostre Chiese, affinché possiamo cercare, evidentemente insieme, le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri». E' un «compito immane, che non possiamo rifiutare e che non posso portare a termine da solo», continua Papa Wojtyla, chiedendo alle altre Chiese cristiane di instaurare «con me e su questo argomento un dialogo fraterno, paziente, nel quale potremmo ascoltarci al di là di storili polemiche». E poi, aggiunge il Pontefice, c'è già molto che ci unisce: «Noi cristiani già abbiamo un Martirologio comune. Esso comprende anche i martiri del nostro secolo, più numerosi di quanto non si pensi». Questo è un segno di un'unità di fatto fra i cristiani: «Se si può morire per la fede, ciò dimostra che si può raggiungere la meta quando si tratta di altre forme della stessa esigenza». Quasi per far capire: i cattolici sono pronti a venerare anche i martiri delle altre confessioni. Marco Tosarti Fondamentale l'avvio del dialogo sul primato del vescovo di Roma «E' un ruolo scomodo e segnato da ricordi dolorosi Per questo imploro perdono» i fi Da sin. l'arcivescovo di Canterbury e il Papa. Sopra, cerimonia ortodossa

Persone citate: Giovanni Paolo, Giovanni Paolo Ii, Paolo Vi, Papa Wojtyla, Petrino, Wojtyla

Luoghi citati: Citta' Del Vaticano, Gerusalemme, Roma