La vittoria del Davide arabo di Fiamma Nirenstein

La vittoria del David© arabo L'ARMA VINCENTE La vittoria del David© arabo Knesset, ipalestinesi lanciano la pace SGERUSALEMME CR1VEVA il poeta araboisraeliano di Nazareth Michel Hadad che dalla guerra del '67 gli arabi di qui hanno scoperto che la loro altro non era che «una vita con un polmone solo». Adesso si sente il suono profondo e pacato di un gran respiro, da pochi giorni, da quando i due piccoli partiti arabi che siedono alla Knesset, la Camera dei deputati di Gerusalemme, con i loro cinque eletti ham:o di fatto bloccato la confisca delle terre gerusalemitane che Rabin aveva programmato. E' vero che è stata la mossa da gambero del Likud a dare ai due partiti, il Chadash e il Madà, tutto quel potere mai visto. E' stato Benjamin Nethaniau che pur di andare contro il governo di sinistra si è alleato ai suoi nemici, ha punto gli arabi, dando via cinicamente le annessioni a cui diceva di tenere tanto. Ma tutti sanno che la battaglia vera era quella dei due gruppetti, uno comunista e uno democratico di sinistra, abituati dal 1948 a battaglie difficili e minimali (per l'acqua, per la scuola, per la salute, per il danaro) stretti come in una morsa fra la diffidenza israeliana e la rabbia palestinese, sempre a rimorchio della sinistra, legati a quel Rabin e a quel Peres cui hanno fatto lo sgambetto. «Senti» ha detto un distintissimo studioso arabo a un amico famoso giornalista «lascia che per una volta siamo noi a fottervi, si, lascia che dica questa parolaccia, proprio a fottervi. Guarda farà un gran bene a tut- ti quanti, a noi e a voi, ci renderà più uguali, farà voi un po' più consapevoli del fatto di avere dentro il Paese una minoranza che nel Duemila conterà un milione e 200 mila anime contro quattro milioni e 200 mila ebrei. Una minoranza grossa, non vi pare? E voi ci guardato in trasparenza, come fossimo invisibili. A noi questa vittoria di certo ci farà più israeliani, ci farà sentire per una volta cittadini con diritti di eguali, e non ti sembri un paradosso, ci farà più palestinesi. E non arabi-israeliani, questa invenzione lessicale senza senso. Noi siamo palestinesi, una minoranza palestinese con cittadinanza israeliana. Ora che abbiamo finalmente vinto una battaglia anche noi forse vi vorremo più bene». Ieri, solo due giorni dopo che Rabin si era preso dai suoi antichi alleati quel gran calcio negli stinchi, ha abbracciato Abdul Wahab Darawshe, il leader del Partilo democratico, con vero trasporto e di fronte a tutti. In realtà, si dice da parte degli amici di Rabin, non solo il gran respiro a due polmoni dei palestinesi-israeliani non dispiace, anzi, è caro a Rabin e a Peres, e la loro mossa dura li ha tolti da una crisi di coscienza prima ancora che politica. Ma soprattutto quello che Darawshe e i suoi amici hanno fanno è stato, con le loro piccole forze, rimettere in modo l'intero processo di pace. E questo è un gran regalo fatto al governo. Sembra incredibile, ma almeno simbolicamente se adesso Hafez Assad ha dato finalmente segno che la Siria è pronta a fare la pace; se l'Egitto ha in parte abbandonato la martellante campagna antinucleare che stava a dire: partecipiamo anche noi del malumore generale contro Israele; se Rabin ha dichiarato che quasi certamente al primo luglio saranno portati a termine gli accordi relativi al ritiro dell'esercito dai territori occupati e sarà fissata la data delle elezioni; tutto questo è stato indirettamente causato dal congelamento della confisca degli appezzamenti di terra araba a Gerusalemme. Il mondo arabo è terribilmente sensibile al tema della leadership, e con esso a quello dell'onore. Anche re Hussein di Giordania, il miglior amico de Processo di Pace e di Rabin, aveva fatto sapere al governo israeliano di essere ormai in difficoltà di fronte alla sua opinione pubblica a causa degli espropri. In generale, negli ultimi sei mesi, quasi tutti i Paesi con cui erano stati stabiliti contatti di pace, visto che gli Accordi di 1 Oslo non andavano avanti, avevano raffreddato le loro relazioni con Gerusalemme: i rapporti diplomatici col Marocco, appena aperti, hanno mantenuto un profilo molto basso; l'Oman e il Qatar, nonostante gli approcci di Rabin, hanno rimandato a tempi migliori la loro amicizia con Israele; la Tunisia ha messo un alt all'avvio di un'amicizia. L'Egitto, che cerca sempre l'egemonia del mondo arabo, ha preso la testa della lotta antinucleare; la Siria, a sua volta desiderosa di essere il capo del sentimento anti-israeliano, ha mostrato i denti. Arafat intanto si dava un gran daffare a promuovere il meeting pan-arabo che avrebbe dovuto svolgersi in Marocco contro l'esproprio israeliano; e i suoi, a Gerusalemme hanno minacciato di nuovo l'Intifada. E' bastato che gli arabi israeliani vincessero la loro battaglia, che il summit è stato subito revocato; El Bas, il consigliere di Mubarak, è venuto in visita in Israele; Rabin e Arafat hanno stabilito che il 1° di luglio ò ancora buono per concludere gli accordi; Assad ha dato grandi segni di apertura. Di nuovo nessuno vuol perdere il treno della pace. Di nuovo il processo di pace ò di moda in Medio Oriente. Grazie a un pugno di deputati arabi. Deputati palestinesi. Deputati israeliani. Certo molto più israeliani di prima, e consapevoli oggi del ruolo che possono giuocare per la pace. Fiamma Nirenstein Da quando hanno bloccato le confische a Gerusalemme Est la via dell'intesa è aperta Non sono più cittadini a metà Il tempo in cui «respiravamo con un solo polmone» è finito n un solo polmone» è finito