Il leone si chiama Teo di Tonino Guerra

Western-parodia Il leone si chiama Teo La sfida e il taccuino di Guerra Chiuso nel suo carrozzone Teo gira l'Italia e il mondo sempre fra le acclamazioni finché in una plaga orientale il suo circo ne incrocia un altro, dove si esibisce una bella leonessa. E' un breve incontro fatto di un gioco di occhiate da gabbia a gabbia che scatenano nel nostro eroe deliziose fantasie sentimentali e la visione di un'impossibile libertà nella terra africana di origine. Ma presto si riparte e il desolato Teo la libertà la conoscerà solo con la barba bianca in punto di morte, quando ormai è inutile. Disegnato in uno stile coerente e personale anche se sono svariati i riferimenti pittorici, da Gauguin a Picasso, il film di Khrjanovski è bello e poetico di una poesia che attraverso lo sguardo di Guerra e la musica di Nino Rota si ispira direttamente a Fellini: come non pensare al maestro davanti a quel circo naif, a certe figurette di clown e al transatlantico che appare all'improvviso sul mare? Dalle stesse brume della memoria e sempre con il filtro magico di Tonino Guerra è sembrato apparire il volto di Andrej Tarkovskij in «Tempo di viaggio» (1982) che ha chiuso il programma di «Un certain rogarci»: un taccuino di appunti firmato a quattro mani dal russo e dal romagnolo durante i sopralluoghi di «Nostalgica». Presentando l'opera ad un pubblico non numerosissimo che però comprendeva Manoel De Oliveira, Guerra ne ha sintetizzato splendidamente la chiave di lettura: «Nel corso di questo viaggio Tarkovskij ha cominciato a riempirsi di nostalgia: per l'Italia che avrebbe lasciato e per la Russia qualora avesse deciso di non tornarci». Ci pare che il modo migliore per salutare Cannes sia ricordare questo film che è insieme un documento prezioso e un' immensa lezione non solo per i bellissimi spunti di cinema, ma per certe affermazioni tipo: «Ai giovani registi raccomanderei di non separare mai i film dalla loro vita. Bisogna saper rispondere moralmente di tutte le azioni che si portano sullo schermo». Alessandra Levantesi CANNES. Strano, commovente finale che cancella in un attimo l'effimero frastuono del Festival, quell'aria di «siamo qui per fare affari» che sulla Croisette si coniuga implacabilmente all'Arte. Sarà perché, in un clima già da trasloco, all'ingresso della Sala Debussy invece dei soliti cerberi del servizio d'ordine c'è Tonino Guerra che con il suo tono suadente e familiare ti dice: «Guarda che questo è proprio un artista, mi piacerebbe che il suo film venisse definito la risposta europea al "Re Leone"». «Questo» è il regista d'animazione russo Andrej Khrjanovski e il film è un corto di 30 minuti, «Il leone dalla barba bianca», realizzato con un'equipe di 3-4 persone in un laboratorio di fortuna nel retro di una chiesa. Guerra ne ha scritto la sceneggiatura e recitato il testo nella parte dell'unico personaggio parlante, il direttore del Circo Peretti di cui il leone Amedeo detto Teo, capace di volteggiare leggiadro come un acrobata, è la grande attrazione. Tonino Guerra: «Mi piacerebbe che il film "Il leone dalla barba bianca" di Andrej Khrjanovski diventasse un successo come "King Lion"»

Luoghi citati: Cannes, Italia, Russia