«La Cia? Sapeva tutto» Piazza Fontana, un arresto
«La Cia? Sapeva tutto» Piazza Fontana, un arresto Ventisei anni dopo la bomba finisce in carcere un pensionato, nel '69 era una spia «La Cia? Sapeva tutto» Piazza Fontana, un arresto E 007 UMILANO N pensionato veronese di settant'anni. Oggi un tranquillo pensionato ex rappresentante di elettrodomestici ma ventisei anni fa, nel 1969, anno della strage di piazza Fontana, un agente della Cia. E' lui (nome e cognome tenuti per ora riservati dai giudici), in gioventù militante della Repùbblica sociale di Salò, l'ultimo arrestato, ventisei anni dopo, nella lunga, ^terminabile, inchiesta della bomba alla Banca nazionale dell'agricoltura, 16 morti, 84 feriti: sapeva della strage programmata, sapeva tutto da un suo informatore, ma oggi nega. Nega ma i giudici che indagano, Guido Salvini, il pm Grazia Predella, confermano i sospetti: «Non posso confermare i particolari - spiega Salvini - ma la notizia dell'arresto è un'informazione corretta». Arrestato per falsa testimonianza. E la falsa testimonianza sta tutta nell'ultima, clamorosa, rivelazione di un altro ex informatore della Cia, Carlo Digilio, soprannome «Zio Otto», ex segretario del poligono di tiro di Venezia, arrestato dopo lunga latitanza (a Santo Domingo) e condannato a dieci anni per ricostruzione (a fine Anni Settanta) di Ordine Nuovo, per la detenzione di detonatori e la cessione di un gran numero di armi a Gilberto Cavallini, esponente di spicco della cellula eversiva neofascista veneta. Con i magistrati che indagano Digilio ha parlato a lungo, ricostruendo alcuni tasselli di verità di quegli anni nerissimi. Tanto per cominciare, ha rivelato di non essere mai stato quello che sospettavano e cioè un militante del movimento neofascista Ordine Nuovo: «No - ha spiegato - per 12 anni sono stato un informatore dei servizi segreti dell'Alleanza atlantica». E poi, per confermare con tanto di prove la sua verità, ecco che «Zio Otto» fa un nome e un cognome, quello del pensionato veronese: era lui, confessa, il suo contatto principale: era stato lui, aggiunge, a infiltrarlo nel 1968 nella cellula veneziana e padovana di Ordine Nuovo con il preciso compito di tener sotto controllo l'ala veneta del gruppo di Freda e Ventura. I giudici annotano, registrano e passano alle verifiche. Salvini e Predella convocano come testimone a Milano il pensionato veronese il 17 maggio, undici giorni fa: gli chiedono conto dei fatti raccontati da Digilio, gli chiedono se fosse vero che era lui, in quegli anni di strategia della tensione, l'agente della Cia che aveva infiltrato «Zio Otto» tra i neofascisti veneti di Ordine Nuovo. «Agente della Cia io? Scherzate?»; nega, nega tutto il pensionato. L'interrogatorio va avanti tutto il giorno, da mattina a sera, e a sera arriva la richiesta dei giudici di arresto per falsa testimonianza, richiesta che due giorni dopo il gip Paolo Arbasino conferma ponendo un limite di 25 giorni alla detenzio¬ ne motivato dall'età (i 70 anni compiuti) del pensionato veronese. Ma lui, il presunto ex agente, non cede: reinterrogato il 22 maggio non cambia versione, ammette le frequentazioni del tempo con militanti dell'estrerajajdeftra, con mili|ari-italiani, còri dipendenti cubasi Nato, ma della strategia della tensione, ripete, nulla so e nulla sapevo. Tutto il contrario, insomma, di quanto rivela Carlo Digilio che insiste. Ripete che la Cia sapeva - eccome - per tempo delle programmate stragi nere: Peteano, Fontana e anche di quella di piazza Loggia a Brescia. Collabora con i giudici, «Zio Otto», è un «pentito» e vive sotto protezione. E Salvini, il magistrato che ha già inviato un primo documento alla Commissione stragi, sembra credergli: «La presenza di settori degli apparati dello Stato nel terrorismo di destra scrive - non può essere considerata una deviazione ma normale esercizio, per un lungo periodo, di una funzione istituzionale». Una tesi a cui crede anche il presidente della Commissione stragi, Giovanni Pellegrino: «La logica internazionale della strategia della tensione era già abbastanza chiara da tempo - dice -, era la logica di un mondo diviso in due in cm l'Italia è stata una tragica frontiera». la. z.] «Un informatore lo aveva avvertito, ma non mosse un dito per fermare gli assassini» Piazza Fontana dopo l'attentato del 1969
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