Gli Usa pronti a intervenire
Estero Il repubblicano Helms al Senato: è ora di muovere i soldati americani. Vertice Nato domani Gli Usa: pronti a intervenire Clinton telefona a Chirac e Major WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Tra le opzioni che Bill Clinton ha discusso ieri al telefono con il presidente francese Jacques Chirac e il primo ministro inglese John Major potrebbe esserci anche quella di un coinvolgimento diretto degli americani nella missione Onu in Bosnia. Tanto più che, sempre ieri, il presidente della commissione Esteri del Senato, l'ultraconservatore Jesse Helms, ha confermato un orientamento di maggioranza a favore dell'invio di truppe di terra americane in Bosnia qualora l'Onu decida di ritirare l'Unprofor. Quello di provvedere metà delle truppe necessarie per proteggere un eventuale sgombero (tra i 20 e i 25 mila uomini) è un impegno che Clinton ha preso da tempo di fronte alla comunità internazionale. Oltretutto, tra le opzioni che l'Onu ha di fronte a sé in questo momento, quella di un ritiro è la meno appetibile, perché apparirebbe un cedimento al ricatto dei serbi. Di conseguenza, la dichiarazione di Helms non è destinata ad avere particolari conseguenze nell'immediato. Tuttavia contribuisce a segnalare un mutamento di atteggiamento degli americani rispetto alla Bosnia, nel momento in cui la tragedia sembra raggiungere il suo acme. Nella conversazione con Clinton, il neo-presidente francese Chirac, del quale si attendeva con una certa ansia di conoscere l'orientamento, ha detto chiaro e tondo che, in queste condizioni, l'impegno del suo Paese nell'Unprofor non può continuare. La Francia chiede «condizioni di maggior sicurezza» per mantenere sul posto il più grosso contributo alla missione Onu. Ma l'esigenza francese si intreccia con il problema rappresentato dalla detenzione di trecento ostaggi Onu da parte dei serbi e dalla loro minaccia di usarli come scudi umani in caso di altri attacchi degli aerei Nato. Sulla carta, la comunità internazionale ha quattro opzioni: intensificare gli attacchi aerei, ritirarsi, organizzare una grossa operazione di terra, cercare di riaprire un negoziato. La prima è pericolosa, la seconda disonorevole, la terza rischiosissima, la quarta molto esile. Si punta per il momento sulla quarta, sperando che i russi possano piegare i serbi a più miti consigli. Il segretario per la Difesa americano, William Perry, si è messo ieri in contatto con il suo collega russo Pavel Graciov per chiedergli di avviare un'azione di dissuasione verso i serbi. Però lo stesso Perry, al riguardo, ha ammesso di non poter valutare «quanta influenza i russi possano avere o quali azioni intendano intraprendere». Di conseguenza, i ministri degli Esteri della Nato si ve- dranno probabilmente riconsegnare il dilemma nella riunione che terranno domani in una località delle provincia olandese. E' del tutto evidente che, a questo punto, l'azione della comunità internazionale nell'ex Jugoslavia deve subire una svolta, quale essa sia. Nel nuovo scenario l'impegno americano non può che aumentare. Le opzioni tradizionalmente preferite dagli americani, repubblicani e democratici, sono sempre state: intensificare gli attacchi aerei Nato sui serbi e consentire ai musulmani bosniaci di riarmarsi. Europei e russi hanno bocciato più volte la seconda, resistendo alla pri¬ ma. La scorsa settimana, di fronte a una rimontante aggressività dei serbi, gli americani sono riusciti a convincere gli alleati (russi a parte) della necessità di un attacco punitivo contro i serbi. Il risultato è stato il sequestro da parte dei serbi di trecento caschi blu. Anche se tutti i Paesi Nato sono da ritenersi corresponsabili per l'attacco, gli americani sono quelli che hanno spinto di più in questo senso, e senza dover mettere a rischio la vita di loro uomini sul territorio. Ci si aspetta che Clinton, questa settimana, faccia nuove proposte. Paolo Passarini Per i francesi «la missione Unprofor è finita, servono garanzie di sicurezza» I militari della portaerei americana Roosevelt manovrano un carrello con alcuni missili destinati a essere montati su un caccia FA-18 La portaerei sta navigando nell'Adriatico L'ambasciatore bosniaco all'Onu Muhammed Sacirbey ieri durante una conferenza stampa al Palazzo di Vetro
Luoghi citati: Bosnia, Francia, Jugoslavia, Usa
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