I giudici a Berlusconi nessun complotto

La Procura: il manager inquinava le prove. Publitalia: «Le irregolarità ammontano a 4 miliardi e mezzo» La Procura: il manager inquinava le prove. Publitalia: «Le irregolarità ammontano a 4 miliardi e mezzo» I giudici a Berlusconi; nessun complotto «Non siamo toghe rosse né nere, Dell'Utri andava arrestato» TORINO. «Toghe rosse? Qui non ci sono toghe né rosse né nere. E se qualcuno pensa ad un complotto, prenda carta e penna e scriva al Csm». Il giorno dopo l'arresto di Marcello Dell'Utri, numero uno di Publitalia, accusato di aver utilizzato false fatture, la Procura di Torino risponde alle accuse lanciate da Berlusconi e dai suoi uomini. Immediata controffensiva da Roma con Antonio Tajani, portavoce di Forza Italia: «Un Paese che si avvicina ad un appuntamento referendario e che ha di fronte a sé la prospettiva della fine anticipata della legislatura, non ha bisogno di magistrati pronti ad interferire nella vita politica con decisioni assai discutibili e tese a favorire una parte a danno dell'altra». Segue comunicato di Publitalia: «Le fatture emesse da Arnaboldi ammontano a 4 miliardi e 600 milioni e si riferiscono ad un arco temporale di quattro anni. Il presidente è stato arrestato per presunte irregolarità di carattere fiscale che rappresentano una grandezza economica pari allo 0,04 per cento del fatturato che la concessionaria ha realizzato nei quattro anni considerati». Come a dire: bazzecole. E poi ci sono gli altri. Vincenzo Vita, responsabile per l'informazione del pds: «E' inquietante la campagna avviata dalla Fininvest sull'iniziativa della magistratura e sui presunti rapporti di tale vicenda con la campagna re- ferendaria. Cosa c'entrano i referendum?». Rosy Bindi: «Sbaglia chi intende dare a questa vicenda un significato politico e intende strumentalizzarla all'interno della battaglia referendaria. Come stanno sbagliando Berlusconi e Confalonieri che in modo molto spregiudicato e irrispettoso nei confronti dello stesso Dell'Utri, insinuando le responsabilità del comitato per il sì, tentano di usarla a favore della campagna per il no». Mario Cicala, vicepre¬ sidente dell'Associazione nazionale magistrati: «Non capisco quale connessione ci sia fra l'inchiesta di Torino e le votazioni referendarie. Le accuse ai giudici torinesi appaiono strumentali». E torniamo a Torino. Il procuratore aggiunto Maurizio Laudi punta dritto contro l'ex premier: «Neppure chi ha avuto responsabilità di governo ha capito che la valutazione delle iniziative giudiziarie non può essere fatta in chiave di complotto. Un uomo politico responsabile, se ha elementi per ritenere di aver subito una persecuzione, si rivolge al Csm, o alla Cassazione. Visto che non li ha, e non li può avere, un silenzio attento sarebbe stato meglio di queste parole in libertà». E ancora: «Noi giudici siamo rossi quando ad essere colpiti sono personaggi del centro destra, siamo neri quando le nostre "vittime" sono della sinistra. E mi stupisco di Giuliano Ferrara, che ha paragonato l'arresto di Dell'Utri al tradimento di Bossi. Ferrara conosce bene la realtà giudiziaria del Piemonte. Ha anche detto che vogliamo influenzare la campagna referendaria. Ma allora non dovremmo mai arrestare nessuno, né prima né dopo le elezioni. Se questa è l'idea di giustizia che ha Ferrara, o io o lui abbiamo sbagliato Paese. Credo lui». Secondo round. Marcello Maddalena, ex segretario Anm: «C'erano tutti i requisiti di legge per emettere il provvedimento. E cioè un grave, pesante, prolungato tentativo di inquinamento, in alcuni casi riuscito. Su questo non c'è dubbio». E la polemica sugli «arresti del venerdì»? Dell'Utri verrà interrogato lunedì, qualcuno si domanda perché tenerlo in carcere tre giorni. Maddalena: «E' stata sequestrata molta documentazione, occorre tempo per esaminarla. Comunque, la storia degli "arresti del venerdì" l'aveva tirata fuori già Craxi nel 1987...». Le indagini. Ieri mattina riunione operativa tra il procuratore aggiunto Francesco Marzachì, e i sostituti Luigi Marini e Cristina Bianconi. Dopo il punto della situazione e il primo esame dei documenti sequestrati a Publitalia, i magistrati hanno sentito come testimone Antonio Gilardoni, l'architetto che avrebbe incassato assegni provenienti da una delle tante sponsorizzazioni gonfiate. Quel denaro era il pagamento per la ristrutturazione che il professionista aveva fatto nella villa sul lago di Como di Dell'Utri. A fine interrogatorio, davanti alla ressa dei cronisti, Gilardoni ha detto: «Tutto questo mi fa paura». Poco dopo negli uffici del pool fiscale è entrata la moglie di Dell'Utri, accompagnata da un legale dello studio Dominioni. Ha chiesto un permesso di colloquio nel carcere di Ivrea. Richiesta respinta. L'avvocato Dominioni ha presentato istanza di scarcerazione al Tribunale della libertà, che deciderà nei prossimi giorni. E Dell'Utri? Cella singola per il manager, che l'altra sera ha rifiutato la cena, e ha preferito leggere un libro. Ieri mattina ha potuto godere di un'ora d'aria, da solo. Nel pomeriggio, la prima visita, quella dei parlamentari Vittorio Sgarbi, Ombretta Colli e Carlo Usiglio». Brunella Giovara T a La società: il reato per una cifra pari allo 0,04% del fatturato T

Luoghi citati: Como, Ferrara, Ivrea, Piemonte, Roma, Torino