D'Alema rompe gli indugi voto in autunno

Monito agli «alleati»: il governo di centro-sinistra non può nascere da una rivoluzione parlamentare Monito agli «alleati»: il governo di centro-sinistra non può nascere da una rivoluzione parlamentare D'Alema rompe gli indugi: voto in autunno «Non ci faremo logorare» ROMA. «I referendum? Speriamo di perdere, di poco, ma di perdere». Claudio Burlando sorride, però il suo sembra un auspicio serio: il numero due di Botteghe Oscure dà voce al disagio dei vertici del pds. Al disagio di quel Massimo D'Alema che si trova alle prese con alleati piuttosto restii a seguire il suo progetto politico, che a questo punto potrà andare in porto solo se il Cavaliere manterrà la leadership del Polo, continuando a puntare alle elezioni. Il capo della Quercia voleva l'accordo sulle tv proprio per essere sicuro di andare al voto in autunno e i partner del centro sinistra, per tutta risposta, gli hanno bocciato il «compromesso» con la Fininvest e gli hanno fatto capire chiaramente che per loro la legislatura potrebbe durare di qui all'eternità. Per questo, all'Hotel Ergife, dove si tengono i lavori del consiglio nazionale pidiessino, il segretario, manda segnali precisi all'indirizzo dei riottosi alleati: «Se qualcuno - sottolinea D'Alema - pensa, per motivi di rimpannucciamento dei partiti e di beghe interne, di mandare avanti la legislatura, mentre noi tiriamo il carro e ci accolliamo il peso delle scelte, magari della finanziaria, si sbaglia. Le elezioni in autunno sono inevitabili». Insomma, i centristi sono avvertiti: il pds non ripeterà l'errore già compiuto con il governo Ciampi, non arriverà al voto politico stremato per aver sostenuto il peso di un governo, costretto anche a fare scelte impopolari, mentre gli alleati moderati, nel frattempo, si dedicano al compito di «ricostituire una sorta di de», che «porterebbe alla stagnazione del sistema politico italiana». Niente da fare. Lo stesso ragionamento vale per Bossi: il suo tentativo di prolungare la legislatura è «lodevole», ma, ammonisce il leader della Quercia, «la Lega non ha la forza di appoggiare un esecutivo da sola». E se nel pds, o tra i suoi partner, c'è chi pensa di dar vita ad un governo poltico di centro sinistra, che non passi per un voto, bensì per «una rivoluzione parlamentare», si ricreda subito: il progetto è «rischioso». Dunque elezioni in autunno, previa «un'inevitabile verifica», checché ne dica Mario Segni, «che - sottolinea D'Alema - ha aperto una polemica tra di noi priva di fondamento e di costrutto». Ma come farà il segretario pidiessino a convincere i suoi alleati? Loro chiedono di andare avanti: «E' un dibattito su temi astratti, perché non ci sono le condizioni per continuare oltre autunno», taglia corto D'Alema. Che sembra non aver gradito nemmeno le esternazioni di Prodi. Il leader del centro sinistra si è messo a litigare con il popolare Gerardo Bianco e lo ha minacciato di metter su un suo partito di centro. Ci mancava anche questa: «E' un ipotesi che non esiste, quella del partito di Prodi», replica secco il capo della Quercia. Che fatica, per D'Alema, tenere insieme gli alleati. Pure quelli di sinistra, che non vogliono entrare in una federazione con il pds. E a tutto ciò si aggiunge anche il voto dell' 11 giugno. Il segretario vorrebbe mettere la sordina ai referendum, onde evitare che creino un ostacolo sulla strada delle elezioni. Ma teme che i partner, Bossi, in testa, vogliano condurre una crociata contro il Cavaliere. Perciò, D'Alema sostiene che la «campagna referendaria rischia di logorare il rapporto tra i cittadini e lo Stato democratico» e si interroga, sul «senso che può avere un referendum di questo tipo, dopo la sentenza della Corte Costituzionale». E ancora, il segretario sottolinea che «non giovano gli atteggiamenti estremistici e le minacce demenziali di abbattere tralicci»: «No - afferma - non ci confonderemo con quelli che vogliono demonizzare Berlusconi o consumare vendette personali». Gli alleati della Quercia seguiranno questi consigli? Chissà. L'importante è che almeno lo facciano i pidiessini che comunque, al consiglio nazionale, sono tutti con il segretario. Tranne Achille Occhetto. Al predecessore di D'Alema non va giù il fatto che sia stato convocato, per il sei luglio prossimo, un congresso che non ha all'ordine del giorno il rinnovamento dei vertici: «In realtà sottolinea l'ex segretario del pds - si fanno delle assise senza le regole democratiche e si rischia di far passare presso l'opinione pubblica quello che hanno già scritto i giornali, e cioè che si fa un congresso finto spacciandolo per vero». Maria Teresa Meli «I contrasti interni? Ci fanno bene Io voglio un'alleanza maschia» «La destra? Non faranno a tempo a trovare un nuovo Berlusconi» IRP1 ■E Il segretario pds Massimo D'Alema Il congresso della Quercia è fissato per il 6, 7 e 8 luglio

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