Commando per salvare i catturati

Commando per salvare i catturati Commando per salvare i catturati La Agnelli: «Si faccia sentire la Russia» BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Una sfida alla volontà ed alla credibilità della comunità internazionale»: così il Segretario generale della Nato, Willy Claes, ha definito le rappresaglie scatenate dai serbo-bosniaci dopo i colpi aerei sferrati dall'Alleanza atlantica. Ma da Bruxelles il messaggio non è mai stato fino ad ora così determinato: se i serbi vogliono provare fin dove arriva la pazienza della Nato, resteranno scottati. «Tutto fa pensare che siamo alla vigilia di nuove azioni, più pesanti», ci ha detto una fonte diplomatica dell'Alleanza. Le rappresaglie serbe «erano attese e previste - ha proseguito il diplomatico - ma hanno superato in violenza qualunque tollerabilità. Bisogna far capire ai serbi che se vogliono l'escalation, sono perduti. La Nato, se ha la capacità politica, ha anche la capacità tecnica per dire l'ultima parola. Loro dal cielo sono indifesi, noi abbiamo 130 aerei pronti a decollare: se facessero fuori gli ostaggi, la nostra risposta sarebbe devastante. Tra gli obiettivi già selezionati e concordati, c'è la possibilità di colpire i serbi in punti molto, molto dolenti». Questa nuova determinazione non può essere spiegata con la sola violenza degli attacchi serbi. In realtà mai come ora le Nazioni unite e la Nato si sono tiovate in sintonia. In gioco c'è infatti la credibilità delle due organizzazioni, e le ultime evoluzioni del conflitto bosniaco hanno reso evidente che un ritiro dei Caschi blu dalla Bosnia, in condizioni ostili, somiglierebbe troppo ad una fuga. Significherebbe ammettere l'impotenza dell'Onu e, quel che è peggio, dell'Alleanza atlantica. Secondo la nostra fonte, se la rappresaglia serba rappresenta «un test della volontà o, peggio, un test della forza della Nato, allora i serbi non possono che perdere. Si è sempre detto che la Bosnia non è l'Iraq, che il terreno è più accidentato, più difficile. Ma è vero anche che la Bosnia è molto più piccola dell'Iraq. E poi in questo momento il tempo è bello». Come a dire: gli obiettivi sono ben visibili. Resta un problema, e non è piccolo. La presenza diffusa dei Caschi blu dell'Onu, spesso sparsi nel territorio in piccoli gruppi isolati, rappresenta un ostacolo all'azione militare. E' per questo che il nuovo primo ministro francese, Alain Juppé, ha detto ieri: «Se l'at¬ tuale dispiegamento delle forze Onu apparisse come un freno, o un ostacolo, alla reazione della comunità internazionale, bisognerebbe trarne le conseguenze ed organizzarne il ritiro». E' più o meno quanto ha dichiarato il segretario di Stato alla Difesa statunitense, William Perry, che dicendosi contrario ad un ritito dei Caschi blu, non ha però escluso un ridispiegamento. E secondo la nostra fonte, «oggi l'opzione più probabile è forse proprio una combinazione di ritiro parziale e rafforzamento del contingente Onu». In questa ipotesi, la Nato getterebbe sul teatro di operazioni fino a cinquantamila uomini, metà dei quali statunitensi, per garantire il ritiro dei gruppi Onu più isolati, e la concentrazione dei Caschi blu nelle zone strategicamente più importanti. In questo contesto, assume grande importanza la capacità tecnica di «andare a prendere» i Caschi blu maggiormente minacciati dai serbi. I piani dell'Alleanza prevedono l'uso di «reparti di pronto intervento» elitrasportati (fino a cinquemila uomini), con sufficiente copertura aerea. Il concetto è quello della «superiorità schiacciante», e l'esempio che viene fatto a Bruxelles è quello dei circa 200 militari francesi e britannici intrappolati dai serbi nei depositi di armi pesanti. Anche l'Italia parteciperebbe con proprie forze navali ed aeree all'eventuale ritiro delle truppe Onu dalla Bosnia. La conferma, chiesta tempo fa dal comandante supremo delle forze Nato in Europa, generale Joulwan, è stata inviata a Bruxelles dall'ammiraglio Venturoni, capo di stato maggiore delle Forze armate italiane. Il nostro Paese ha garantito all'Alleanza atlantica la disponibilità di tre fregate (Orsa, Maestrale ed Alpino), di sei dragamine e di due navi ausiliarie. Lo stesso impegno vale per la forza aerea, composta da otto caccia-bombardieri Tornado, sei caccia-bombardieri Amx e cinque aerei da trasporto: un C-130 e quattro G-222. Sul fronte diplomatico Roma invoca una decisa azione di Mosca per porre un freno agli attacchi serbi in Bosnia. «La Russia a questo punto deve muoversi e fare pressione su serbi e serbo bosniaci perché cessino queste azioni militari», ha detto il ministro degli Esteri Susanna Agnelli. Fabio Squillante LA DISLOCAZIONE DEI CASCHI BLU IN BOSNIA E Zagabria 0sij CROAZIA OBosan$ka Krupa ^ Banja Lukaf;;-, BOSNIA Tuzfa li Portaerei Theodore Roosevelt a energia nucleare 6000 marinai 36 cacciabombardieri FA-18 12 caccia F-14 «UE. ..^ Trnovo Z BOSNIA ©ybravnik Zi Territori sotto contro lo dei serbi di Krajina Territori sotto contro lo dei serbi di Bosnia Territori sotto controllo dei croati e dei musulmani di Bosnia

Persone citate: Alain Juppé, Fabio Squillante, Joulwan, Susanna Agnelli, Theodore Roosevelt, Venturoni, William Perry, Willy Claes