Alla tv l'Europa in manette davanti al Saddam balcanico

Alla tv l'Europa in manette davanti al Saddam balcanica Alla tv l'Europa in manette davanti al Saddam balcanica COMINCIA LA GUERRA TOTALE E: CCO la potente e civilissima Europa in manette, ecco i suoi uomini ridotti a scudi umani. Da ieri mattina la «Srpska Radio Televizjia» (in lettere cirilliche, «CPT») è entrata nelle case di tutto il mondo con lo stesso impatto che la tv irachena ottenne alla vigilia della guerra del Golfo. Radovan Karadzic aveva minacciato di prendere in ostaggio i Caschi blu: lui sì, che è di parola. Nelle ultime ore, dopo i «raids» aerei della Nato, gli osservatori militari dell'Onu catturati sulle alture che circondano Sarajevo sono almeno quarantotto. Erano disarmati: adesso la televisioncina di Pale trasmette e ritrasmette immagini che secondo i serbi di Bosnia dovrebbero avere intenti dissuasivi. Due ufficiali incatenati alle spallette di un ponte sulla Drina, un altro legato al cancello di un deposito di munizioni, anco- ra due uomini (uno ha la pancetta e gli occhiali da vista: la tuta mimetica non gli dona) che bloccati da pesanti manette abbracciano pali della luce. Fra i prigionieri ci sono sicuramente alcuni russi, due cechi, un norvegese, un finlandese, un canadese, un danese, un polacco ed uno spagnolo che farfuglia al microfono: «Finora non abbiamo avuto problemi». Esiste anche il primo pentito: un Casco blu ghanese che ai suoi aguzzini dichiara: «Hanno colpito obiettivi civili, ci sono stati dei morti: gli attacchi della Nato sono proprio crimini contro l'umanità». Mai, in quattro anni di massacri, l'arroganza di una banda di tagliagole aveva raggiunto simili livelli, mai la rincorsa delle provocazioni aveva raggiunto una tale soglia. E siamo appena ai primi segnali di un nuovo, gigantesco problema. Fin qui infatti si parlava di ostaggi in senso tecnico, ma ce ne sono molti altri che pur non essendolo ancora, stanno vedendo crescere tutte le condizioni per diventarlo in poche ore. Ancora una mossa, ed altri quaranta soldati francesi (frazionati in quattro campi attualmente circondati da forze serbe) potrebbero esser fatti prigionieri, anche se da Parigi è partito l'ordine di difendersi con ogni mezzo. Stessa situazione per un distaccamento ucraino, uno malese che ha base a Sud della città e quello canadese, piazzato a Nord. Abbozzare una simile contabilità ha però poco senso, poiché da questo momento in poi qualsiasi cifra minaccia di moltiplicarsi. Se a qualcuno fosse ancora sfuggito, tanto vale sapere subito che da questo momento ogni soldato o funzionario civile dell'Onu e del Commissariato per i rifugiati, ogni osservatore della Cee o funzionario della Croce Rossa, in Bosnia come nelle Kraijne, è un probabile prigioniero. Con gli attacchi aerei e la brutale risposta dei serbo-bosniaci, le guerre di Jugoslavia sono probabilmente giunte al punto di non ritorno. Non che la situazione sia del tutto inedita: negli ultimi tre anni, decine di volte è accaduto che piccole unità o interi reparti venissero bloccati da bande di tagliagole, impediti nei movimenti, tenuti nel mirino delle armi. Blindati inglesi e francesi hanno subito più volte attacchi veri e propri, ed hanno risposto a cannonate. Nel dicembre scorso, a Topusko, mentre nella vicina Bihac infuriava la battaglia centinaia di soldati e funzionari delle Nazioni Unite si svegliarono con i carri armati serbi che presidiavano ogni strada. Per quattro giorni rimasero virtualmente prigionieri in un ex centro termale, senza poter mettere in moto un'auto, senza potersi allontanare da quella che si era ormai trasformata in una gigantesca prigione. Negli stessi momenti, altre truppe dei serbi di Kraijna avevano completato una strana manovra: spostamenti sincronizzati che sembravano privi di scopo, fino al momento in cui si comprese che erano serviti solo a circondare completamente i cinquemila Caschi blu dislocati nell'area. Fino all'altro ieri, però, tutto si era fermato alle minacce, per quanto brutali: adesso siamo alla prigionia, anzi all'esibizione del prigioniero. Alla svolta in senso iracheno della peggio-' re crisi che l'Europa abbia vissuto dal dopoguerra. No, gli uomini di Karadzic non sono impazziti: semplicemente, in quattro anni hanno imparato a non avere paura della Nato. Fino ad oggi hanno dovuto subire l'abbattimento di quattro «jet» che si erano alzati nonostante il divieto (era il 28 febbraio di tre anni fa) e poi tutta una serie di danni simbolici. Interi squadroni che si levavano da Aviano per sorvolare le postazioni a bassa quota o far saltare una volta un carro armato, un'altra un semovente. Nelle foto grandi due immagini di caschi blu in ostaggio Qui accanto Cocciolone

Persone citate: Cocciolone, Karadzic, Radovan Karadzic

Luoghi citati: Aviano, Bosnia, Europa, Jugoslavia, Parigi, Sarajevo