Duello televisivo D'Alema-Fini

Il segretario della Quercia: vogliamo evitare il voto. Il leader di An: allora perché raccoglievate le firme? Il segretario della Quercia: vogliamo evitare il voto. Il leader di An: allora perché raccoglievate le firme? Duello televisivo IKAlema-Fini Santoro accende la miccia sotto i referendum ROMA. Aspettando il referendum, tutti da Michele, giovedì sera. Per l'ultima puntata di Tempo Reale il parterre era proprio quello delle grandi occasioni: il cattivo della destra Gianfranco Fini contro il cattivo della sinistra Massimo D'Alema, il presidente Fininvest Fedele Confalonieri contro il grande vecchio di Raitre Angelo Guglielmi, e poi Vittorio Dotti, Giorgio Bogi, Rita Dalla Chiesa, Pippo Baudo, Maurizio Costanzo, Giorgio Gori, Alfio Marchini, Curzio Maltese. Mancava solo Silvio Berlusconi, anche se Santoro in apertura lancia l'amo: «Dedico la puntata ai cuochi, soprattutto a quelli che sanno ben scegliere i piatti televisivi». Sperando che l'«altro» Michele, il re delle cucine di Arcore, incitasse di nuovo il Cavaliere a un'incursione telefonica. Ultima puntata di «Tempo Reale», dunque. Santoro ha chiuso in bellezza, ha chiuso, come si suol dire, «sulla notizia», ha chiuso con l'argomento che meglio maneggia e meglio fa maneggiare: la tv. Per la precisione: «Al voto la televisione: Europa, America o Sud America?». Ultima puntata e fine, forse, di un'era televisiva: dopo l'I 1 giugno, tutto potrebbe cambiare, persino Santoro. Benché il Comitato per il No al referendum sostenga che «Santoro è irredimibile, costruisce in studio la realtà quale egli vorrebbe che fosse. D'Alema contro Fini, Fininvest contro Rai, il grande partito della trattativa, da Confalonieri a Costanzo, da Baudo a Marchini. Ma perché non ha invitato noi?». Incurante delle critiche, Santoro dà il via alla grande bouffe, con un retroscena dell'accordo mancato e un intervento di Confalonieri. Quante reti servono alla Fininvest per sopravvivere? «Adesso tre, perchè la Rai ne ha tre. Lo ha detto anche oggi Amato: se vogliamo smagrire, si deve smagrire tutto. La trattativa con Murdoch? E' un acquirente serio. Avevamo detto: "Non passa lo straniero"? Certo, ma se non fanno passare lui, Berlusconi, poveretto, che può fare?» Ma l'anima della trasmissione è il confronto D'Alema-Fim. «Ero favorevole a un accordo - dice D'Alema - perché una legge dovrà comunque occuparsi della tv e tanto valeva farla subito. Un Paese normale, quando la consapevolezza dell'anomalia del sistema è così diffusa, risolve un problema in Parlamento e non va a uno scontro che è comunque dannoso. Io lo riconosco, c'è stata molta diffidenza anche dalla nostra parte, c'è una grande paura delle trappole reciproche. Si poteva lavorare di più». «Adesso siamo al gioco del cerino - replica Fini -. Tutti si rendono conto che chiedere agli italiani di dire "sì" o "no" con l'accetta è sbagliato e ognuno dà agli altri la colpa del fallimento dell'accordo. Intanto qualcuno ha raccolto le firme per i referendum e il pds era fra quelli. La trattativa è crollata perché c'è stata gente che ha fatto i capricci: quelli che io chiamo gli "estremisti di centro", che non erano interessati a un'intesa. D fatto è che ci sono due modi di guardare: avanti o indietro. Chi guarda avanti pensa a un antitrust moderno. Chi guarda indietro vuole regolare conti politici». «Non dire che noi voghamo regolare conti - sbotta D'Alema - noi questa linea l'abbiamo sostenuta da tempo, voi avete cambiato idea per convenienze politiche, un tempo eravate contro la Mammì». «Noi votammo contro la Mammì - ricorda Fini per garantire un più ampio pluralismo ed ora, per coerenza, votiamo "no" sennò resta solo la Rai». A furia di parlare di retroscena, Baudo si spazientisce: «Lasciamo stare quel che è successo. La verità è che la politica si è delegittimata e ha passato la patata bollente al cittadino. Far decidere l'elettore è un atto di grave irresponsabilità. Il Parlamento ha l'obbligo di risolvere questi problemi». Già, ma intanto il referendum si avvicina. Che succederà se vince il «sì»? «Due reti della Fininvest chiuderebbero entro 60 giorni - dice Rita Dalla Chiesa - e andrebbe a casa tanta gente che da 15 anni fa questo lavoro con passione». «Non è vero ribatte D'Alema -. Entro 60 giorni il Parlamento dovrebbe fare una legge antitrust che prevederebbe una gradualità di tempi con cui alcune reti cambierebbero proprietario». «Macché - s'infervora Fini due reti chiuderanno perchè non potranno essere vendute per effetto di un articolo della legge Mammì che vieta le dismissioni». Dotti rincara: «La legge entro i 60 giorni non è obbligatoria. La maggioranza può anche decidere di tenere la situazione come risulta dai referendum». Bogi, relatore della Commissione Napolitano, promette: «La legge sarà fatta entro i 60 giorni. C'è già un accordo fra tutti i gruppi». E trovare un accordo prima? Troppo difficile, lasciamo che ci pensi il referendum. Pubblicità. Raffaella Siiipo A «Tempo Reale» tutti contro 1'11 giugno «C'è stata troppa diffidenza» Qui accanto: il segretario del pds Massimo D'Alema A destra: il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini A sinistra: Michele Santoro Sopra: Pippo Baudo

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