Pista per i nuovi rapimenti di Vincenzo Tessandori

13 carcerieri del bimbo ancora liberi potrebbero essere coinvolti nel sequestro Checchi Pista per i nuovi rapimenti Così l'Anonima ricicla i suoi uomini DEL PROCESSO Dodici gambe. Uguale sei uomini. Tre li hanno presi. C'è stata sentenza, la notte scorsa, al processo per il sequestro di Farouk Kassam, bimbo-ostaggio tenuto sei mesi in una grotta. Ha avuto un orecchio tagliato, il piccolo, ha subito il «truncu», come dicono quando parlano di pecore e forse l'operazione è stata fatta con una «pattada», il coltello da pastore. Due banditi erano alla sbarra e son stati condannati, un terzo, forse il capo o forse no, è in carcere a Parigi, in attesa di estradizione. Si chiama Matteo Boe, aveva fama di bell'uomo, ribaldo e rubacuori, di «rivoluzionario», di bandito gentiluomo. Dal rapimento e dal taglio dell'orecchio del bimbo, anche di furfante feroce e primitivo, a dispetto degli studi universitari. Dodici gambe, sei uomini. Tre sono sconosciuti. E forse sono finiti in qualche nuova banda, in una di quelle che oggi tengono un ostaggio. La sensazione stavolta è che il processo, così tormentato, lungo, per certi versi difficile, non sia la conclusione ma piuttosto l'inizio di una storia infinita. Quattro prigionieri, tutti insieme, e in Sardegna vengono catapultati i carabinieri paracadutisti del battaglione Tuscania, i duri che in Somalia garantivano la sicurezza fisica dei comandanti del contingente italiano, i proconsoli con le greche sulle spalline. Quattro ostaggi e con i loro spietati colpi di mano i cacciatori di uomini paiono voler attaccare lo Stato. La polizia e i carabinieri sono impegnati a fondo con le battute, le ricerche, le inter- cettazioni. «Con i carabinieri lavoriamo in perfetta sinergia», ripete il dottor Gianni De Gennaro, vice-capo della polizia. Forse è vero, fatto sta che fra i due corpi è differente anche il linguaggio. «Queste dei sequestratori sono bande modulari», sottolineano i carabinieri. «Siamo alle prese con l'Anonima modulare», ha precisato il dottor De Gennaro, tanto per non usare parole identiche. Il termine «modulare», ad ogni buon conto, ha un significato preciso. Vuol dire che una banda si mette insieme e vive la vita effimera di uno o magari due sequestri di persona. Spesso (sarebbe meglio dire sempre), quando qualcuno vien preso sono sospettati i latitanti. Non per comodità o mancanza di fantasia e neppure perché, come sosteneva Graziano Mesina, «il latitante è il coperchio per qualsiasi pentola». Ma perché accade molto spesso che sia proprio il latitante il carceriere a cui viene affidato l'ostaggio. E questo ce lo dicono molti inquirenti che poggiano le loro argomentazioni sull'esperienza. Dunque, secondo alcuni, la mancata cattura dei latitanti è il nodo principale: imprendibili. Stocchino è uno che cercano dal ferragosto del 1972; Talanas dal 1975. Le loro fotografie appese nelle bacheche dei commissariati sono ormai ingiallite e, in ogni modo, c'è da star certi che non è facile trovare somiglianza. E dopo trent'anni di vita raminga sul Suprammonte, Ciriaco Calvisi, diventato una sorta di leggenda, è stato graziato da Scalfaro. E' tornato, ora è a casa sua, ma sui monti non l'hanno mai preso. Pochi dubbi che anche fatti come questo colpiscano la fantasia dei giovani all'esordio nella criminalità. Il sequestro di persona è un reato «dequalificante», ha tuonato il poliziotto De Gennaro. Ed ha ragione, assolutamente. Ma il colonnello dei carabinieri Francesco Angius ha precisato che i giovani sequestratori, e forse anche quelli meno giovani, si sentono dei valenti quando riescono a mettere le mani su qualcuno. Difficile far cambiare loro idea. Così si formano le bande. Un rapimento, il riscatto, poi il gruppo si scioglie, ognuno per la sua strada, con il suo gruzzolo e neppure il ricordo di chi sia stato compagno in quel tratto sciagurato di strada. Perché i banditi non si pentono. Solo due, hanno parlato: ma non erano barbaricini, venivano dalla Gallura, altri costumi, altre abitudini. Certo ignoravano, o non seguivano il «codice della vendetta barbaricina», un corpo di leggi non scritto il cui primo articolo recita: «L'offesa dev'essere vendicata». E quale offesa è più grave del tradire un compagno? Allora, non rimane che uccidere. Ma dare la morte non è che il primo anello di una catena. Perché «morte in chentu annos, no si irmenticat mai», «la morte non di dimentica mai, neppure in cent'anni». Al contrario di quanto molti pensano, il sequestro di persona a scopo di estorsione è «un reato che paga». Il penalista Giannino Guiso, di Nuoro, difensore di Graziano Mesina e, ora, di Bettino Craxi, sottolinea co- me nei sequestri ci sia «una percentuale altissima d'impunità». Perché quattro ostaggi tutti insieme? Perché, dicono in molti, in Sardegna la crisi si sente in maniera forse più dura che altrove. Occorre intervenire in porofondità e occorre anche farlo subito. A Roma dove il rninistro per l'Università, Giorgio Salvini, ha informato ieri i parlamentari sardi che con un decreto sono stati nominati due professori ordinari e due associati per le cattedre di Scienze ambientali e Scienze forestali all'università di Nuoro. Ha spiegato Angelo Altea, di Rifondazione che «senza quelle nomine c'era rischio di chiusura». Un piccolo fatto, ma concreto. Vincenzo Tessandori In alto, da sinistra: Farouk Kassam e i genitori quando vennero ricevuti da Scalfaro, il presunto capo dei rapitori Matteo Boe e il giudice mentre legge la sentenza che ha condannato due componenti della banda

Luoghi citati: Nuoro, Parigi, Roma, Sardegna, Somalia, Tuscania