E il «Popolo» scaricò Dossetti di Guido Tiberga

E il «Popolo» scaricò Dossetti Il direttore Rotondi: è un'icona di Prodi. Rosy Bindi: non capiscono niente E il «Popolo» scaricò Dossetti «E' diventato uomo diparte, non ci incanta più» LA GUERRA DEI POPOLARI SE avesse dato un annuncio ufficiale sarebbe stata la notizia dell'anno. Ma, anche così, detto e non detto, quello di Giuseppe Dossetti è un ritorno alla politica. Ha fatto una scelta, ed è sceso in campo con la sinistra contro di noi. E noi non potevamo restarcene zitti». Doveva succedere anche questo, nella storia da separati in casa di quella che un tempo era stata la grande famiglia democristiana. Gianfranco Rotondi, il direttore che Buttiglione ha voluto per il Popolo, ha «scaricato» Giuseppe Dossetti, l'antico rivale di De Gasperi. L'uomo che negli Anni 50 lasciò la politica per prendere i voti e farsi monaco. «Prima Dossetti era un simbolo - spiega Rotondi dal suo ufficio di piazza Cinque Lune -. Anche chi, come me, non condivideva le sue idee gli doveva rispetto perché sembrava l'unico politico ad aver avuto il coraggio di dire "Me ne vado" e poi andarsene davvero. Prima era come un vescovo che parlava poco, ma parlava a tutti. Adesso è soltanto un uomo di parte. Autorevole come tutti i padri della patria, ma pur sempre di parte. E allora scusateci, ma non ci incanta più». La colpe di Dossetti? Essere diventato «un'icona trascinata dalla sinistra al seguito di Prodi». E, soprattutto, aver rotto il tradizionale riserbo: «Venerdì sera - scrive il Popolo - ha parlato a Napoli. C'era il pubblico della grandi occasioni: politici, professori, gente comune. E tanti giovani...». Anche Rotondi è un giovane, uno che si è seduto sulla poltrona che era stata di Sandro Fontana e Sergio Mattarella a 35 anni non ancora compiuti. «Per noi Dossetti era un mito - racconta -. Avevamo tutti un dubbio. Se n'era andato perché aveva vinto De Gasperi o perché aveva dignitosamente rifiutato una politica che poteva portare alla corruzione? Io preferivo credere alla seconda soluzione, ma adesso ho cambiato idea. Il partito di De Gasperi è tramontato, ed ecco che Dossetti ritorna. Alleato alle sinistre, esattamente come voleva fare allora». Parole dure, che la parte del partito che si è schierata con Bianco (e con Prodi) digerisce male. Alle nove di ieri sera, Rosy Bindi non aveva ancora letto l'editoriale di Rotondi. Chiede dieci minuti di tempo per informarsi, e poi spara: «Non so se è più offensivo questo editoriale o le foto di Buttiglione insieme a Fini che il Popolo ha pubblicato in campagna elettorale. Non capiscono niente. Non vedono che Dossetti è un monaco, che da monaco lancia un messaggio di coerenza politica che non può piacere a cattolici come Rotondi e Buttiglione, che hanno sacrificato i valori agli interessi. E poi Dossetti è sì tornato a parlare, ma lo ha fatto per difendere la Co¬ stituzione. Prendiamo atto che per certa gente la Costituzione è un testo di parte». Duro, ma ironico, anche il vicepresidente del Se nato Michele Pinto: «Rotondi, da quando dirige il Popolo, scrive a getto continuo e non riflette più Più che perdere l'antico incanto per Dossetti mi pare che abbia co minciato a scantonare...». Guido Tiberga i ^"SESS^- Z^Zf"-*°* ' n« Hi- La prima pagina del «Popolo» di ieri con l'editoriale del direttore contro don Giuseppe Dossetti (a destra)

Luoghi citati: Napoli, Rotondi