«Non ho mai scritto quiz» Eco smentisce Mike

polemica. Dopo le «accuse» in tv del presentatore polemica. Dopo le «accuse» in tv del presentatore «Non ho mai scritto quiz» Eco smentisce Mike I MILANO ON è vero, non ho mai scritto domande per "Lascia o raddoppia?" di Mike Bongiorno». Umberto Eco smentisce il «Signor Telequiz» che 10 ha tirato in ballo alla trasmissione Quelli che il calcio. Nel trionfale pomeriggio della Juve, Mike Bongiorno, punzecchiato da Fabio Fazio, ha dichiarato: «Umberto Eco mi prendeva in giro nei suoi testi ma intanto scriveva i testi per "Lascia o raddoppia?". Ormai dopo tanti anni posso anche dirlo. Poi ho invitato molte volte Eco alle mie trasmissioni. Ma lui non è mai voluto venire, non so proprio perché. Forse teme che io voglia rivangare quella vecchia storia». La «rivelazione» di Mike non è caduta inascoltata. Ha provocato divertiti frisson, e ha rilanciato un'ipotesi che da tempo divertiva gli storici del piccolo schermo e i cronisti della tv. Si bisbigliava che Eco, in gioventù Rai, avesse fatto 11 «negro» per la fortunatissima trasmissione di Mike. Ma ieri Umberto Eco ha deciso di intervenire una volta per tutte. «E' una leggenda metropolitana, l'ho già sentita circolare molte volte. Ma non avevo mai ritenuto necessario chiarire la faccenda. Stavolta è una dichiarazione pubblica, e devo smentirla, per dare materiale ai futuri storici della televisione». A questo curioso caso, a questo quiz di archeologia tivù, Eco ha deciso di dedicare la «Bustina di Minerva» per il prossimo numero dell'Espresso. E ci anticipa la propria apologia: «La notizia è completamente falsa per tre ragioni: perché i funzionari della Rai di allora non potevano scrivere testi, perché non potevano collaborare alle trasmissioni, e perché io dipendevo dai programmi culturali mentre "Lascia o raddoppia?" dipendeva dal Varietà. Per il programma quiz c'era una commissione presiduta da Alberto Mantelli fatta solo di collaboratori esterni». «Lascia o raddoppia?» nacque negli studi della Fiera di Milano nel novembre '55. E, mentre la te- levisione faticava a raggiungere l'intero suolo nazionale, conquistò un immenso successo popolare. Le strade si svuotavano, le folle si ammassavano nei bar per centellinarsi ogni puntata, per idolatrare i campioni, per fantasticare sulla semi-afona Edy Campagnoli, per amare Mike, l'estroverso ragazzo biondo che conosceva l'America e planava leggero come un aliante su svariate gaffes (Mike interpretò se stesso anche in alcuni film, tra cui il leggendario rotò lascia o raddoppia?). I teatri restavano chiusi nel fatidico giovedì nazional-popolare, i cinema aprivano in ritardo o offrivano la visione del telequiz sull'elettrodomestico abbinata al film, al prezzo di un solo biglietto. Ma la grande favola del telequiz scivolò sul controfagotto. Landò Degoli, insegnante di Carpi, promettente campione, fu messo in crisi nel dicembre '55 dalla domanda musicale di Mike. Gli fu chiesto se Verdi avesse mai usato lo strumento secentesco. Degoli apparentemente «sbagliò»; poi fece ricorso, l'Italia intera insorse («domanda impossibile» si urlò), si rischiò la crisi di governo, si convocò una commissione di esperti (tra cui il direttore della Scala) che testimoniarono solidali con lo sconfitto («difficile anche per un direttore d'orchestra») e il concorrente venne riammesso. Controfagotto diventò un verbo ospitato dallo slang per indicare una solenne fregatura. Dopo il duello con Degoli, la corazzata della Rai si mobilitò per evitare una seconda ricaduta. Dall'alto piovvero ordini precisi: formulate domande chiare che ammettano, senza dubbi, una sola possibile risposta. E incaricò Alberto Mantelli di creare un'apposita commissione di controllo sul gotha di superesperti che dovevano redigere le domande, composta da Luigi Rognoni, Roberto Leidi, Silvio Menicànti. Si cercavano i sapienti più vari, dalla zoologia allo sport, dalla botanica alla cucina, li si raggruppava due a due per materia, e poi si ricontrollava ulteriormente i quiz. Roberto Leidi conferma la versione del semiologo-scrittore e lo assolve: «Umberto Eco era entrato in Rai con un concorso, come Furio Colombo. Era giovanissimo, se ben ricordo non aveva nemmeno la laurea, non poteva far parte della commissione che raggruppava famosi professori dell'epoca, tanto per farle un esempio c'era Ernesto De Martino, che accettavano l'incarico perché venivano pagati abbastanza bene ed era un lavoro divertente. Eco, inoltre, apparteneva alla cultura, mentre il quiz era al Varietà; quindi la collaborazione era impossibile». «Lascia o raddoppia?», creò personaggi entrati nella leggenda, influenzò il linguaggio, stimolò la gente all'acquisto rateale di enciclopedie per riempirsi la casa del sapere universale in pillole. E la televisione cominciò a insinuarsi di soppiatto nelle magioni, nei convivi familiari, nella storia quotidiana. Offrendo come «ideale in cui immedesimarsi non il superman, ma l'everyman». Umberto Eco lo intuì e nel '61 pubblicò la famosa, irriverente, Fenomenologia di Mike Bongiorno. «Mike Bongiorno - scriveva - convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo». Bruno Ventavol: // semiologo era stato chiamato in causa come autore-ombra di «Lascia o raddoppia?» Nella foto a sinistra Mike Bongiorno, a destra Umberto Eco. Sotto un momento di «Lascia o raddoppia?», la trasmissione che furoreggiò nell'Italia degli Anni 50, contribuendo a lanciare la tv

Luoghi citati: America, Carpi, Italia, Milano