Guerra e pace sul fiume

G Fra arte, cinema e letteratura: Bolchi, Bacchelli e una mostra raccontano l'anima della più grande «strada d'acqua» italiana I MITI DEL PO Guerra e pace sulfiume L1 FERRARA ANIMA del grande fiume e i grandi autori che l'hanno cantata rivivono nella mostra «Il Po del '900. Arte, Cinema, Letteratura», aperta nel castello estense di Mesola (Ferrara) fino alla fine di agosto. La strada d'acqua che scorre dal Monviso al Delta ha raccolto intorno a sé decine di opere: la sezione letteratura presenta romanzi, poesie e saggi di scrittori come Cesare Pavese, Attilio Bertolucci, Gianni Brera, Giorgio Bassani, Cesare Zavattini, Alberto Bevi¬ lacqua, Gianni Celati. Esposta anche la prima edizion(di Treves) del Mulino del Po di Bacchelli. Il cinema presente con film di Cesare Zavattini, Pupi Avati, Bernardo Bertolucci, Florestano Vancini, Tonino GuerraD 17 giugno verrà proiettata la versione restaurata dOssessione, capolavoro di Luchino Visconti. La sezione fotografica offre, tra gli altri, i migliori scatti da Gianni Berengo Gardin a Luigi Ghirri, quellartistica comprende oltre 200 opere: da Ligabue Ghizzardi, da De Pisis a Chessa e Paulucci. [c. gra G IORNI fa, stavo riordinando una vecchia madia di Ferrara, dove conservo vecchie foto, contratti scaduti e anche qualche lettera. Mi sono imbattuto in una corrispondenza avuta tra il giugno e il dicembre 1960 con Riccardo Bacchelli, a proposito della preparazione del «Mulino del Po» televisivo. Sono appunti, richieste di consigli, piccole confessioni sui tanti perché del grande fiume. In occasione della mostra di Mesola può essere utile - e forse curioso - rileggere assieme queste note. «Caro Bacchelli, da due giorni piove su Occhiobello, Ro, La Guarda. E' una pioggia brutta e cattiva. Da queste parti dicono che l'acqua del cielo non vuol bene all'acqua del fiume. Ho dovuto rallentare i sopralluoghi. Ieri ho fotografato una bella scena. Una ventina di donne, in bicicletta con gli ombrelli aperti, pedalavano lungo l'argine, contro un cielo di cenere. Davano una grande impressione di forza, di volontà. Avevano delle sottane di lana grossa, grigia: e larghi fazzoletti legati attorno alla testa. Sembrava che uscissero dal fiume, che è molle e vasto, da far paura. Penso alla piena che dovrò in qualche modo raccontare, chiudendola nella scatola tv, quasi fosse oppressa dai margini dell'apparecchio. Lei mi ha detto di avere in qualche cassa documenti inediti e delle antiche pitture di fiume. Perché non mi manda quello che trova? Grazie». «Caro Bolchi, basta con il lei. Mi do del tu con tanti coglioni! Quindi... Dirò ad Ada di andare in cantina a cercare quanto ti serve. La piena ti fa paura: lo credo bene. Ti inventerai qualche diavoleria. Tu sai che io scrivo con il pennino nella cannuccia. A volte, quando mi soffermo a guardare la boccetta d'inchiostro, mi pare impossibile che da quei pennini intinti siano uscite migliaia di pagine. Per quanto riguarda la piena, nel libro c'è quasi tutto, se lo hai letto bene (ma lo hai letto bene?). E' un cataclisma quando rompe Po; e rompe dove meno te l'aspetti. Stai attento. Da più parti cominciavano ad echeggiare i corni, con lenta urgenza: e parevano la voce stessa, antica, dell'ansia e dell'affanno d'un paese suddito del fiume. Le campane di Ro e della Guarda, proprio dove ti trovi adesso, suonavano a tempesta; mettendosi a martello e a stormo dicevano agli uomini di cercare rifugio sugli argini, ai piani superiori delle case. I più giovani sparavano con gli schioppi per tener lontano i male intenzionati. Il cielo si colmava di suoni. Un concerto, capisci? Potresti aiutarti con la musica. Penso al Dies Ime dalla Messa da Requiem di Verdi: anche il maestro Gavazzerà è d'accordo... La gente correva all'impazzata urlando: "L'acqua! La vien, la vieni". Tremava l'aria, tremava il suolo sotto il cupo rombo del tuono, sotto la pioggia inesorabile. Po seminava il terrore. Non sarà facile, ma forse con una serie di dettagli, di primi piani, con una musica che cavalchi la scena, ce la farai. Buon lavoro. E non metterti angosce, per adesso». «Caro Bacchelli, ieri ho conosciuto un grande vecchio. Un matto, credo, che qui trattano con molto riguardo perché ha avuto decine di barche e ha solcato il fiume decine di volte. Ha la faccia di una tigre, pare che abbia fatto da modello al pittore Ligabue, ma dev'essere una storia. Indossa una giubba da maresciallo napo¬ leonico o da domatore di bestie feroci. E' tutto bianco di capelli. Mi ha detto: "Quando l'orizzonte è stretto e pieno di caligine, l'acqua di Po cambia colore". Mi è sembrato un proverbio ovvio ma realistico perché l'acqua del fiume si è tutta intorbidita. Lo chiamano "Urlon del Mago". Vive in una capanna, proprio vicino al fiume. Mi ha raccontato storie di briganti, di contrabbandieri che, di notte, assalivano i mulini. E' vero? Dice di conoscerti. Fa anche il cantastorie. Ieri ha girato in barca mezzo Po, cantando: "Rondinelle del Signore, fate che venga il sole, fate che venga presto, fate che venga adesso". «Poi è sceso, ha preso una chitarra e ha ripreso un'altra nenia, dolce, carezzevole: "Quando nasceste al mondo tanto bella, il cielo si contò: manca una stella. Io di guardarti non mi stanco mai, son questi i martiri che mi dai...". «Vuole organizzare per me un ballo sulla riva del fiume, con delle fiaccole: e far arrivare tutti in barca o sopra una zattera, che lui ha costruito...». «Caro Bolchi, naturalmente questo personaggio non l'ho mai né visto né incontra¬ to. L'idea del ballo mi piace: dovremo ricordarci di metterne uno anche noi, nel film, per rallegrarlo un po'. Allora si danzava quando le donne spannocchiavano e il miglio si raccoglieva in grandi bocce. Tre gli strumenti: il lirone, la chitarra e l'ocarina di Budrio. Anche in queste feste c'era chi cantava: "Chi non balla e rifiuta compagnia, sente spina d'amore e gelosia. Chi non balla e si trova tanto mesta, ha l'amante impegnato nell'orchestra". A volte ancoravano un pontone nel fiume, vicino alla riva: e lì ci andavano i più giovani per far rabbia agli anziani, che bisbigliavano: maschi provocati, femmine palpate. «Il ballo era l'unico divertimento di quella povera gente. Il ballo, e fare all'amore sugli argini, protetti dai pochi alberi verdi e dalla luna che veniva riflessa da Po». «Caro Bacchelli, ho visto una cosa molto struggente. Un funerale di barche sul fiume. Po ha di colpo assunto una sua religiosità. Tutte le donne in nero, con scialli e fazzolettoni; gli uomini, con dei feltri scuri. Quattro le barche, molto grandi, molto solenni. Dagli argini scendeva un canto triste: erano gli amici che onoravano una vecchia di fiume che, in vita, non aveva mai negato una fetta di polenta a chi la chiedeva. E' una scena che mi piacerebbe riproporre nel nostro Mulino». «Caro Bolchi, se sospetto che tu non abbia letto bene U libro, forse ho qualche ragione. Allora... Quando Orbino viene ucciso da Princivalle e buttato in Po, il fiume, si sa, dovrà restituirlo. Bisogna solo indovinare, o intuire, dove il cadavere sorgerà: se a monte o a valle. E passeranno tante ore. L'attesa, le preghiere da dire piano con il sospetto che le orazioni possano non piacere al morto. E, intanto, si spezza il pane, sinché uno grida: "Sorge, sorge, sorge!". Sorgeva l'ucciso e Berta, la sua donna, entra nel fiume per raccoglierlo, per abbracciarlo, per trascinarlo a riva. E, da qui, puoi inventarti un funerale tra Po e argini. Al posto del canto, le preghiere: e, magari, un altro momento del Requiem di Verdi». «Caro Bacchelli, il libro l'ho letto benissimo, non calunniarmi. Mi piaceva sentire il tuo parere. Sono arrivato alla fine dei sopralluoghi: domani rientro a Bologna in attesa di cominciare la lavorazione. «Ieri è successo un fatto curioso, divertente (era ora, no?). Ho sistemato in un motoscafo da fiume tre attori: Giulia La zzarmi, Ave Ninchi e Manlio Busoni, truccati e vestiti nei loro abiti ottocenteschi. Con loro c'era il mio assistente Salvatore Nocita e l'operatore. Volevo mettere da parte alcuni "fegatelli", come diciamo in gergo; frammenti di una gita sul Po che avrei montato a suo tempo, come raccordi. «Il motoscafo, che rimorchiava la barca, finì la benzina e, per via di correnti impreviste, naufragò sopra un isolotto. Noi ce ne dimenticammo e gli attori con Nocita rimasero ore ed ore in attesa di soccorsi che non venivano. Tanto che l'attore Busoni, verso sera, cominciò a sventolare il cilindro per attirare l'attenzione di qualche barca lontana, urlando, fiero del suo bel costume: "Siamo qui dal 1847 e nessuno ci aiuta. Vergogna!". «Anche buffo questo Po, non ti pare? Ciao». Sandro Bolchi Dal Monviso al Delta con Cesare Pavese e Luchino Visconti, dove nascono «Ossessione» e «Il Mulino del Po» pi . • . • 1 »• • tUTOYe, ÙOeSUl e MlSteVl LUngO gli argini^ J 1> * . /• «(JUanClO l CiCqiiCl TOMpe e Un COtaCllSm . » «, . .. • e rompe sempre dovemmo tei aspetti» Ime/ Riccardo Bacchelli: «La gente correva all'impazzata urlando: "L'acquai La vien, la vieni". Tremava il suolo sotto il cupo rombo del tuono e la pioggia inesorabile» Sandro Bolchi: «Ieri ho fotografato una ventina di donne in bicicletta lungo l'argine. Sembrava uscissero dal fiume, che è molle e vasto, da far paura» al Delta ha raccolto intorno a sé decine di opere: la sezione letteratura presenta romanzi, poesie e saggi di scrittori come Cesare Pavese, Attilio Bertolucci, Gianni Brera, Giorgio Bassani, Cesare Zavattini, Alberto Bevi¬ La sezione fotografica offre, tra gli altri, i migliori scatti da Gianni Berengo Gardin a Luigi Ghirri, quella artistica comprende oltre 200 opere: da Ligabue a Ghizzardi, da De Pisis a Chessa e Paulucci. [c. gra. ' 31>-

Luoghi citati: Bologna, Budrio, Ferrara, Mesola, Occhiobello